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Io, medico internista, positivo al Covid ricoverato nel mio reparto. Ecco la mia storia

di Antonino Mazzone

05 NOV - Gentile direttore,
mi ero appena alzato dal letto con la finestra che faceva intravvedere il PS, la coda delle ambulanze e tante persone malate sicuramente più di me. Ospedale di Legnano, per la legge del contrappasso ero ricoverato nel reparto che dirigevo, ormai, reparto covid, come tutto il periodo di emergenza marzo maggio 2020. Ero sfebbrato stavo meglio.
 
E cosi mi ero salvato dalla prima ondata, ne avevo curato e gestiti 1.281, pensavo di essere immune ed eccomi qua.
 
La febbre la tosse, i continui tamponi per il rischio sanitario, l’avevo fatto 4 giorni prima era negativo.
 
Lo facevo sempre, per non trasmetterlo alle persone più care, quando dopo la notte con la febbre ti svegli e fai colazione e lo yogurt ti sembra calce, capisci ci siamo.
 
Chiamo il mio amico Paolo, infettivologo, ore 7,30 lui arriva a lavoro molto prima, con cui condividiamo questa grande tragedia, dico stavolta ci siamo, mi dice su l’hai fatto quattro giorni fa, gli rispondo noi clinici di vecchio stampo pensiamo che i sintomi siano più importanti della tecnologia, lui sorride, faccio il tampone ed eccomi qui, ricoverato a fare il paziente ed a gestire nello stesso tempo qualcosa per gli altri.
 
Mi viene in mente il mio amico Roberto Stella, grande medico ed amico, Presidente Ordine dei Medici di Varese e della Società Scientifica Snamid, si era ammalato venerdì dei primi di marzo e martedì non c’era più, il primo medico vittima, era stato un grande sostenitore nella mia elezione alla vicepresidenza FISM, conto i giorni, per sapere se peggioro o no.
 
Quando si passa dall’altra parte, si capisce molto di più di questa professione, essere responsabile della salute della persona, vuol dire accontentare e guidare i suoi desideri le sue speranze, anche quando la prognosi non è favorevole.
 
Questa pandemia ha fatto evidenziare in maniera straordinaria, quanto ancora sia importante il rapporto medico paziente, nei veri rapporti umani, nella sofferenza, molti dei nostri concittadini non ci sono più e gli atti di calore umano non li hanno potuti avere dai propri congiunti, ma da infermieri e medici che stanno dando tutto.
 
I miei medici vengono a cercarmi per consolarmi ed essere consolati. Sono davvero orgoglioso, sia dei medici che del personale infermieristico, nonostante  gli sforzi ed i turni massacranti dicono sempre che stanno bene che c’è la faremo sorridono, anche se non si può vedere sotto la vestizione, da sempre ricordo tutti i nomi delle persone che lavorano con me, adesso sono tutti bardati devo chiedere chi sei, una fatica enorme vestirsi e rivestirsi, ma gli occhi parlano, sono tutti bellissimi con gli sguardi ti trasmettono gioia.
Sono qui nella mia stanza di ricovero, giustamente non si può uscire, ricevo tante telefonate e whatsApp, cerco di tranquillizzare che sto bene effettivamente sto meglio.
 
Accendo la TV è inguardabile, ognuno dice quello che vuole ci sono i negazionisti, ma chi sono, vedo gente che dice che non è vero, che non esiste nessuna epidemia, mi giro con lo sguardo dalla finestra e vedo le ambulanze che continuano a portare ammalati.
 
L’altra sera ho ammirato l’intensivista di Rivoli, che offriva tour gratuiti dentro il reparto ai negazionisti per far vedere la sofferenza. Ho apprezzato molto il direttore della stampa Massimo Giannini che è riuscito a raccontare la sua esperienza la pronazione e la sofferenza. Forse bisogna dire delle cose forti, per risvegliare la coscienza civile di tutti maggioranza ed opposizione.
Penso che esistono i negazionisti i no vax, etc probabilmente la nostra scuola non è stata cosi efficace ad insegnare ad ognuno di noi, che nell’interpretazione dei fatti ci vuole un ragionamento e fiducia in chi ha qualità, etica e competenza.
 
Già, è un paese dove ci sono ancora i guaritori. Mi viene in mente forse 10 anni fa, una sera dalla Gruber a otto e mezzo, in un dibattito surreale tra sciamani ed omeopati, a difendere la medicina è una sola, avevo dovuto sottolineare che li l’unico medico ero io, e quando Lei mi chiese se gli otto milioni di Italiani che prendono farmaci omeopatici sbagliano, pronunciai un orgoglioso si.
Il giorno dopo l’amministratore delegato della multinazionale francese, produttrice di farmaci omeopatici chiedeva appuntamento. Credo che in tutto quello che si è visto in questa pandemia, la sua trasmissione è stata la più equilibrata.
 
Siamo un grande paese diamo il meglio nell’emergenza, abbiamo difficoltà a gestire la routine. Siamo arrivati preparati, ma il numero oggi era imprevedibile si fa qualche fatica, la tristezza e vedere un giornalismo che non è stato capace di fare una analisi serena di quello che si sta facendo e cosa succede nei grandi Ospedali. Non si riflette sui fatti, si parla per partito preso, non va bene, bisogna tornare al ragionamento di Galileo, competenze, osservazione, sperimentazione, validazione e replicabilità, il resto conta poco.
 
Quanti giornalisti si sono chiesti, dove sono ricoverati i pazienti?
Nessuno, senti tutte le reti i telegiornali, e si parla di Terapie Intensive, giusto, ma è meno del 10%, non si è capito che bisogna intervenire prima, cosi ne arrivano di meno in rianimazione.
Dove sono i malati?
 
Nei reparti, purtroppo ne la Pneumologia e le Malattie Infettive, sono in grado di ricoverare al massimo il 10% dei malati, qualcuno si è chiesto dove sono ricoverati il restante l’80% dei pazienti?
Nessuno né i dati della Protezione civile, ne’ Istituto Superiore di Sanità, né assessori o Ministri hanno citato anche per una forma di riconoscimento e ringraziamento a chi gestisce l’80% dei pazienti, la Medicina Interna.
 
Oggi nel Dipartimento di Area Medica che dirigo, ci sono oltre 300 ricoverati covid, uno sono io, per fare un esempio comprensibile, i pazienti sono di più, che in tutto il prestigioso Spallanzani di Roma, immaginate le diverse risorse disponibili.
 
Sono qui da malato di covid, a cercare di contribuire a migliorare l’accoglienza per tutti. Nessuno ne parla di come questi reparti si sono reinventati, gli altri hanno continuato a fare il loro lavoro, medici ed infermieri della medicina interna, si sono messi a disposizione, d’altronde hanno sempre curato le polmoniti, e hanno sempre messo i caschi CPAP, in quanto nella normalità, se giammai ci torneremo, CPAP è la terapia dell’insufficienza cardiaca, che è la prima patologia di ricovero della Medicina Interna secondo i dati del Ministero della salute.
 
Oggi i caschi che tra i miei ricoverati sono 67, vuol dire che sono dei letti semi-intensivi veri, che meritano riconoscimento in termini di risorse umane ed economiche. Questo è il lavoro oggi, che si può organizzare, senza aprire letti in un setting assistenziale inesistente, vuol dire che se riusciamo a migliorare e gestire, non abbiamo bisogno di mandarli in rianimazione e risparmiamo i posti di terapia intensiva utilissimi. Mentre cerco di riflettere su questi pensieri, sento bussare alla porta, aprono bardati sono Lorenza grande internista ed Arianna coordinatore infermieristico. Mi dicono prof il paziente D.A. con il casco sta male ha fatto la TAC oltre alla polmonite ha la paralisi delle corde vocali, dobbiamo fare la tracheostomia d’urgenza, che ci consiglia per età e comorbidità. Non ha importanza se è consapevole procedete, e stata fatta respira bene con il casco guarirà. Ha 82 anni curare tutti sempre.
 
Da paziente sento la necessità di sottolineare un aspetto che in questi mesi è stato scotomizzato,
riconoscere ai medici internisti ed infermieri, sono quelli che hanno appena bussato, che in assoluto silenzio, avevo pubblicato sul vostro giornale il 30 marzo sulla maggioranza silenziosa, hanno contribuito al benessere dei pazienti covid ed all’efficienza del nostro sistema sanitario.
Tale efficienza del nostro SSN è nel cuore del Presidente della Repubblica, che ho avuto il piacere di conoscere in udienza al Quirinale, insieme alla delegazione FADOI per discutere di SSN e di omogeneità Regionale nel curare allo stesso modo ed al meglio tutti gli Italiani, era il 2016. E’ l’unico che ci richiama tutti al buon senso in un momento difficile.
 
Per tornare al mio titolo un ultimo desiderio chiedo a tutti Istituzioni Nazionali e Regionali, quando comunicate dite la verità:
- ad esempio oggi sono ricoverati 10.000 pazienti
- 8.000 in medicina interna
- 1.000 in malattie infettive
- 1.000 in terapia intensiva
 
La cura in Medicina Interna è fondamentale per non fare peggiorare i pazienti e ricoverarli in terapia intensiva. Le competenze e la visione olistica nella gestione del paziente complesso e polipatologico ed in polifarmacoterapia ne fanno il pilastro del Servizio Sanitario Nazionale, e contribuiscono a fare qualche vittima in meno.
 
In fondo, come metafora calcistica abbiamo bisogno i centravanti e chi fa gol (Intensivisti), abbiamo bisogno i portieri che parano anche i rigori (infettivologi e pneumologi), ma per vincere ci vuole il gioco di squadra. Nel prossimo numero dell’Italian Journal of Medicine sarà pubblicata una mia lettera che sostiene per continuare la metafora calcistica, che l’internista in questa fase epidemica, è come “una vita da mediano” di Ligabue “ ..a cercar palloni per far funzionare i polmoni…., nelle squadre di calcio i mediani non compaiono ma fanno vincere i campionati mondiali.
 
Spero di guarire presto ed aiutare gli altri fin che posso.
 
Antonino Mazzone
Direttore Dipartimento Area Medica ASST OVEST MILANESE
Vice Presidente FISM (Federazione Italiana Società Medico Scientifiche)
Past Presidente FADOI
 

05 novembre 2020
© Riproduzione riservata

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