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Libertà o morte! Contro la scienza del sistema, meglio riflettere

di Palma Sgreccia

14 DIC - Gentile Direttore,
la pandemia sta provocando cambiamenti repentini nel nostro modo di relazionarci e pone quesiti e dilemmi etici. Oltre al tema spinoso dell’utilizzo o meno di criteri extra clinici nell’allocazione delle risorse sanitarie scarse, un'altra questione divisiva è quella del rapporto tra libertà e salute.
 
Contro le misure coercitive, come la quarantena, il lockdown e il tracciamento dei contagi, si sono alzate voci provenienti da orientamenti teorico-politici molto diversi, ma accomunati dalla protesta contro la tirannia sanitaria. Si ritiene illegittimo togliere ai cittadini i diritti di movimento, lavoro, istruzione, si denuncia il rischio di perdere la propria privacy e, in sintesi, il potere sul proprio corpo.
 
Queste critiche di taglio libertario mettono in secondo piano il fatto che il virus usa il nostro corpo come vettore patogeno, diffusivo e potenzialmente mortale. Pur riconoscendo la sovranità sul proprio corpo, nel caso di una epidemia dobbiamo tener conto che le conseguenze della libertà ricadono non solo sull’individuo, ma sulla comunità. Banalmente si può ricordare che siamo liberi di ubriacarci a casa nostra, ma non siamo liberi di guidare ubriachi su strada.
 
Sebbene i diritti di libertà siano importanti, in generale si ritiene che si possano giustificare forme di coercizione  per tutelare la salute pubblica. L’accettabilità etica della coercizione dipende dalle prove relative all’efficacia delle misure restrittive, quindi servono solide basi di conoscenza per giustificare queste politiche e serve che questo sapere sia condiviso in modo che si generi un clima di fiducia.
 
La conoscenza trasparente è la prima base della fiducia, l’altra è la tutela dei soggetti vulnerabili, come avviene quando si fa la sperimentazione dei farmaci. Correlato di questo è che coloro che sono “costretti” dovrebbero ricevere un risarcimento finanziario per la perdita dei salari. Il primo elemento di successo dei programmi di sanità pubblica non è la paura, ma la fiducia e il risarcimento dei disagi ha notevoli benefici.
 
Si guarda con diffidenza allo “stato terapeutico” per due ragioni, distinte ma connesse: promuove la salute basata sulle conoscenze scientifiche, ma ha in sé il rischio di azzerare l’autonomia dei cittadini; rimarca la distanza tra le élite colte e illuministe (smart people) e il popolo diffidente verso la cultura e la conoscenza, retaggio di quei pochi che si possono permettere uno sguardo turistico sul mondo. Ci si ribella contro le misure coercitive dello stato terapeutico, sia appellandosi alla difesa dei moderni diritti di libertà, sia contro la modernità stessa, con il suo appello alla ragione e alla conoscenza, ma che ha finito per dimenticare un suo cardine, il principio di uguaglianza. Libertà o morte! Contro la scienza del sistema! sono gli slogan che possono riassumere le varie forme estreme di protesta.
 
Un interprete di questa opposizione alle misure di contenimento del virus corona è stato Dario Musso che, ai primi di maggio ha subito un TSO che desta amarezza e preoccupazione per le modalità (si vedano i filmati: https://www.youtube.com/watch?v=uo68t3IfDd0 - https://www.youtube.com/watch?v=V4l5uen1Hm4) in cui è avvenuto.
 
Durante il lockdown il giovane ragusano ha attraversato le strade del paese con la sua auto da cui, con un megafono, invitava la popolazione ad uscire. Come si può verificare dai vari video amatoriali pubblicati, il giovane esprimeva le sue opinabili opinioni sulla pandemia in modo pacifico e quando è stato fermato dai Carabinieri non ha opposto resistenza, ma nonostante questo è stato buttato a terra e lì sedato, poi è stato portato al reparto psichiatrico dove gli hanno legato mani e piedi e inserito il catetere urinario, visto che non poteva muoversi, e quando è uscito dopo 7 giorni – su intervento del fratello avvocato – era ancora in stato confusionale a causa dei farmaci.
 
Istigando alla violazione delle norme, Dario Musso meritava di essere fermato, forse multato o arrestato, ma il TSO con la connessa contenzione chimica e fisica appare ingiusto e offre il fianco a chi vede nella limitazione delle libertà individuali sempre e comunque una forma di tirannia. Il TSO non ha una funzione punitiva, si può giustificare solo, come extrema ratio, per la tutela della salute individuale e pubblica.
 
Palma Sgreccia
Docente di Filosofia morale e Bioetica
Master in “Bioetica, Pluralismo e Consulenza etica” dell’Università di Torino

14 dicembre 2020
© Riproduzione riservata

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