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Coronavirus. Cgil, Cisl e Uil denunciano: “Dopo il S. Lucia, anche il Casilino e l’Israelitico chiedono la cassa integrazione”


“L’effetto domino che temevamo potesse avvenire nella sanità privata del Lazio si sta avverando”, affermano i sindacati che già nei giorni scorsi avevano sollevato il rischio che il caso della Fondazione S. Lucia potesse ripetersi. “Paradosso inaccettabile, la Regione paga e gli operatori sanitari vanno in cassa integrazione”. E il caso dell’Israelitico, “con due reparti Covid all’interno, è pura speculazione ai danni di lavoratori e contribuenti”. Sollecitato l’intervento della Regione.

17 APR - “L’Ospedale Israelitico ha avviato la cassa integrazione per 68 lavoratori di quello stesso personale sanitario a cui tutti stiamo chiedendo di tirarci fuori dall’emergenza. E intanto continua a riscuotere quasi per intero il budget regionale per le prestazioni in conto al Ssr. L’effetto domino che temevamo potesse avvenire nella sanità privata del Lazio si sta avverando. E’ l’imprenditoria dei senza vergogna, contagiata dal virus dell’ingordigia e dell’irriconoscenza”. Questa la denuncia di Giulia Musto, Tarek Kesh Kesh e Domenico Frezza di Fp Cgil Roma Lazio, Cisl Fp Lazio e Uil Fpl Roma e Lazio che chiede alla Regione Lazio, l’ente che finanzia la sanità privata accreditata, di bloccare i provvedimento di ricorso al Fis, il fondo di integrazione salariale che costituisce la cassa integrazione del settore, alla luce della richiesta della Fondazione S. Lucia e anche del Policlinico Casilino, secondo quanto denunciato dai sindacati.

“Con l’emergenza in pieno svolgimento e la collettività in ginocchio, mandare a casa il personale sanitario addetto ai servizi specialistici e ambulatoriali è un gesto inqualificabile. Un’operazione puramente speculativa ai danni di lavoratori e contribuenti, soprattutto se si pensa che l’Israelitico ha ben due reparti Covid all’interno, con carichi di lavoro inimmaginabili per infermieri, tecnici, oss e tutti profili della sanità. Ricollocare il personale addetto ai servizi ridotti o chiusi, anziché metterlo in Fis, sarebbe non solo possibile ma indispensabile per rafforzare le prestazioni di servizio pubblico e di contrasto alla pandemia. Tanto più che a lavorare nei reparti Covid sono stati chiamati i lavoratori esternalizzati e interinali”, affermano Giulia Musto, Tarek Kesh Kesh e Domenico Frezza.

Quanto alla situazione del Casili, Roberto Scali, Sergio Pero e Tommaso Guzzo, sanità privata Fp Cgil Roma Lazio, Cisl Fp Lazio e Uil Fpl Roma e Lazio spiegano che “nei servizi chiusi o sospesi, i cento dipendenti del Casilino interessati dal provvedimento che riduce il lavoro di 10.500 ore da qui a metà di giugno, in aggiunta ad un salario abbattuto del 20%, perderanno la maturazione delle ferie e l’erogazione degli assegni familiari, dopo essere stati costretti a consumare le ferie residue del 2019 e quelle maturate nei primi primi tre mesi del 2020. Non possiamo accettare un atto così ingrato e sprezzante della dignità dei lavoratori e dei bisogni di una comunità duramente colpita dalla pandemia”.
 
I sindacati tornano quindi a sollecitare l’intervento della Regione “o siamo pronti alla mobilitazione”.

17 aprile 2020
© Riproduzione riservata

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