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Dallo spazio la medicina di precisione contro l’invecchiamento


Studi sugli effetti nocivi della microgravità e delle radiazioni ionizzanti sugli astronauti aprono la strada a nuove strategie contro invecchiamento, malattie cardiovascolari e metaboliche. Allo studio anche nuovi strumenti per la medicina di precisione, dai gemelli digitali alla farmacogenomica: sviluppati per i viaggiatori dello spazio, aiuteranno anche la salute dei “terrestri”. Il tema al centro del convegno “Costruire una civiltà nello spazio”  organizzato da Fondazione Internazionale Menarini con NASA,  SOVARIS Aerospace e The Foundation for Gender-Specific Medicine

13 SET -

Vivere qualche mese nello spazio accelera l’invecchiamento e determina cambiamenti che di solito si verificano in 10-20 anni di vita sulla Terra, con effetti deleteri su occhi, cuore, DNA e metabolismo. Ma dai numerosi disturbi che colpiscono gli astronauti al ritorno dallo spazio, legati all’assenza di gravità e alla produzione di radicali liberi, possono arrivare indicazioni utili per prevenire e curare malattie dell’invecchiamento sulla Terra.

La buona notizia è che la medicina spaziale ci sta fornendo nuovi strumenti di precisione per contrastare questo fenomeno attraverso la personalizzazione di farmaci, attività fisica e dieta in base al profilo molecolare del singolo individuo. Sono inoltre allo studio anche programmi di intelligenza artificiale capaci di diagnosticare malattie prima ancora della comparsa dei sintomi, biopsie liquide che con un solo prelievo di sangue riconoscono le “spie” di diversi tipi di tumore, gemelli digitali con cui prevedere l’evoluzione delle malattie e nuovi sistemi di telemedicina per intervenire a distanza. Tutte innovazioni studiate per gli astronauti, ma che in un futuro non troppo lontano potranno aiutare anche noi “terrestri”.

A puntare i riflettori sulle nuove opportunità che arrivano “dallo spazio” i massimi esperti mondiali riuniti dal 13 al 15 settembre alla Fortezza da Basso di Firenze per il convegno “Costruire una civiltà nello spazio”, organizzato da Fondazione Internazionale Menarini con Nasa, Sovaris Aerospace e The Foundation for Gender-Specific Medicine.

L’evento vede medici, psicologi e biologi a confronto con astronauti, fra cui anche l’italiano Roberto Vittori, ingegneri, astronomi, storici, fisici ed esperti di etica, per discutere in modo multidisciplinare le principali sfide che ci attendono nella nuova era dell’esplorazione spaziale.

Ma quali sono gli scenari ai quali andiamo incontro? “Con crescente intensità e frequenza i nostri maggiori esperti avvertono che la continuità della nostra esistenza sulla Terra ha davanti a sé un futuro incerto – spiega Marianne Legato, presidente del convegno, professoressa emerita di Medicina Interna alla Columbia University, a capo della Foundation for Gender-Specific Medicine di New York – il cambiamento climatico, l’esaurimento di importanti materie prime sulla Terra, la collisione con altri corpi celesti come gli asteroidi, l’invasione di agenti infettivi per i quali non abbiamo difesa e, in ultima analisi, il collasso del Sole stesso, sono tutti scenari possibili che rendono imperativo esplorare mondi alternativi su cui sopravvivere e preparare l’umanità alla vita su altri corpi celesti”.

Prepararsi a questo cambiamento è quindi fondamentale dal punto di vista medico scientifico, etico e politico.

Le ricadute sulla salute. La medicina spaziale è uno dei temi centrali del convegno, perché la vita extraterrestre è come uno stress test che mette alla prova ogni singola cellula del nostro organismo.

“Chi viaggia nello spazio affronta due principali sfide: la microgravità, cioè campi gravitazionali di basso valore, e lo stress ossidativo, vale a dire un aumento dei radicali liberi a un livello tale da compromettere la capacità anti-ossidativa della cellula e provocare danni al DNA. In risposta a tutto ciò, la fisiologia umana cambia per adattarsi e il risultato è una forte accelerazione dell’invecchiamento anche di 10-20 anni”, afferma Michael A. Schmidt, Amministratore delegato e direttore scientifico di Sovaris Aerospace, compagnia specializzata nella medicina di precisione per i voli spaziali che ha collaborato con la NASA allo studio degli astronauti gemelli Scott e Mark Kelly.

Anni di ricerche sugli astronauti, prosegue Schmidt, hanno dimostrato che “lo stress ossidativo derivato, in particolare, dalle radiazioni ionizzanti, che penetrano in migliaia di cellule a dosi elevate altera la funzione dei mitocondri, unità di produzione di energia della cellula, e di conseguenza il metabolismo di carboidrati e lipidi. Inoltre, danneggiano il DNA, modificano l’espressione dei geni e alterano la lunghezza dei telomeri, i ‘cappucci’ che proteggono i cromosomi dalla degradazione e che influiscono sulla longevità. La microgravità elimina l’impatto del carico sulle ossa e sui muscoli e determina una perdita di massa ossea. Inoltre favorisce una ridistribuzione dei fluidi verso la parte superiore del corpo che aumenta il rischio di trombosi e problemi alla vista. Per compensare questi cambiamenti il cuore funziona diversamente e perde contrattilità, mentre il ventricolo sinistro tende a diventare più piccolo e le pareti delle arterie si irrigidiscono”.

Salute delle donne nello spazio più a rischio: una spinta alla medicina di genere. La medicina di genere ha dimostrato che esistono differenze importanti fra i sessi a tutti i livelli di funzione, persino gli stessi geni, in alcuni casi, sono espressi in modo diverso. Uomini e donne non reagiscono allo stesso modo anche nello spazio e le differenze stanno emergendo man mano che aumenta il numero delle donne astronauta in orbita. “Esistono già alcuni dati interessanti, sebbene riguardino campioni numericamente ridotti – sottolinea Marianne Legato – uno studio recente condotto su 5 uomini e 4 donne vissuti per 5-6 mesi sulla Stazione Spaziale Internazionale ha dimostrato che l’irrigidimento delle arterie carotidi aumenta in modo più marcato nelle donne. I livelli di renina e aldosterone, che regolano la pressione arteriosa, salgono di più nel sesso femminile”.

L’insulina invece aumenta in entrambi i sessi, ma i livelli di glucosio sono più alti negli uomini che nelle donne. Al ritorno sulla Terra, aggiunge Legato “nelle donne si osserva una maggiore suscettibilità all’ipotensione ortostatica e il volume plasmatico risulta ridotto più che negli uomini. Altri studi, infine, hanno evidenziato come i problemi agli occhi colpiscano soprattutto gli astronauti maschi”.

La medicina spaziale sta ancora muovendo i primi passi, “ma la buona notizia è che siamo anni luce più avanti rispetto alla medicina terrestre di precisione così come molti la conoscono” evidenzia Marianne Legato che aggiunge: “La nostra missione è portare alla nostra ‘famiglia terrestre’ i principi degli screening e degli interventi medici impiegati negli ultimi 65 anni per gli astronauti. Utilizzando le più recenti innovazioni saremo capaci di migliorare esponenzialmente la nostra salute, le nostre performance e la longevità”.

La ricerca spaziale sta infatti fornendo nuovi strumenti per realizzare interventi personalizzati in tema di alimentazione, attività fisica e farmaci in modo da prevenire le disabilità. Ma non solo, precisa Marianne Legato “l’analisi di campioni biologici su capelli, saliva, condensato del respiro, sangue ecc. ci sta aiutando anche a comprendere le basi molecolari della fisiologia umana. L’analisi della capacità degli esseri umani di adattarsi a situazioni estreme di stress, sta ampliando anche le nostre conoscenze sulla neuroplasticità e sui meccanismi che il sistema nervoso impiega per mantenere l’equilibrio di fronte alle sfide uniche dello spazio. Prevenire o attenuare tali cambiamenti sarà prezioso per aumentare la longevità e migliorare la qualità di vita anche sul nostro Pianeta”

Un aiuto contro l’invecchiamento. “Monitorare le conseguenze fisiche dell’esposizione degli astronauti all’ambiente ostile dello spazio è cruciale per la salute degli astronauti, ma consentirà anche di migliorare la nostra comprensione della fisiologia umana, grazie soprattutto alla medicina di precisione”, commenta Michael A. Schmidt.

In questa ottica, si sta già sperimentando l’utilizzo dei “gemelli digitali” degli astronauti, modelli virtuali che simulano la fisiologia dell’individuo e permettono di prevedere in tempo reale i cambiamenti dello stato di salute e delle performance fisiche durante le missioni, in modo da ottimizzare le contromisure ed elaborare strategie di intervento personalizzate.

Schmidt illustrerà anche le ultime scoperte fatte in collaborazione con la NASA nel Twin Study of One Year in Space condotto sugli astronauti Mark e Scott Kelly. Spiegherà poi il metodo messo a punto dalla sua compagnia per valutare le caratteristiche molecolari dei singoli individui e le nuove strategie di farmacogenomica applicate al volo umano nello spazio.



13 settembre 2023
© Riproduzione riservata

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