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La grande crisi della farmaceutica. Ormai è "recessione". Tutta la filiera in allarme


Alla variazione negativa dei fatturati (-0,83%) e alla leggera frenata dell’export si è accompagnata l’ennesima performance negativa per il canale farmacia con un - 5,3% nel 2012. I numeri, i pronostici e le ricette al centro dell’incontro ‘Innovare per Crescere’ organizzato a Tirrenia (Pisa) da Asis.

23 MAR - Per il settore farmaceutico è drammaticamente urgente individuare  le strategie per affrontare la stasi del settore e ricominciare a crescere in un panorama mondiale destinato a registrare comunque un rallentamento nei prossimi quattro anni se non addirittura una flessione nei mercati europei.
 
Pronostici e ricette per affrontare la crisi sono al centro dell’incontro organizzato a Tirrenia (Pisa) da Asis (Associazione studi sull’industria della salute) dal 21 al 23 marzo, col patrocinio della Provincia, del Comune e dell’Università di Pisa, del distretto toscano delle Scienze della Vita e delle principali associazioni di settore: Farmindustria, Assobiotec, Assogenerici,  Aschimfarma, Federfarma, Federsalus e Pharmintech.
 
“La crisi sembra aver preso il sopravvento, ma tutti gli interlocutori che hanno accettato di partecipare a queste giornate di studio sono invece convinti che il Sistema Italia, e con esso il settore farmaceutico possono ripartire”, spiega Marco Macchia, presidente Asis e presidente del corso di Laurea in Chimica e Tecnologie Farmaceutiche all’Università di Pisa. “Il problema è riuscire a interpretare senza pregiudizi le sollecitazioni e il bisogno di cambiamento in un settore quale quello della Salute, che sta già subendo drastiche trasformazioni e che costringerà tutti i protagonisti ad adeguarsi”.
 
Crisi che ha pesanti conseguenze sulle imprese del farmaco. “Possiamo ripartire  – precisa Massimo Scaccabarozzi, presidente Farmindustria (VEDI ANCHE DIAPOSITIVE DI APPROFONDIMENTO)– puntando sull’innovazione. Qualità propria del settore farmaceutico che ha 6 mila addetti in Ricerca, 1,2 miliardi di investimenti in R&S ogni anno e l’81% delle imprese con attività innovative. L’industria farmaceutica è una punta di eccellenza del manifatturiero italiano e può contare su un export del 65% . Ed è  seconda, in termini di produzione, solo alla Germania. Una realtà molto importante anche per Pisa: è infatti tra i primi 5 settori industriali e l’export farmaceutico rappresenta il 40% del totale hi tech. Senza dimenticare la presenza produttiva e di Ricerca che la pone tra le prime 10 province per numero di addetti.
Per crescere l’economia in Italia deve aumentare innovazione, investimenti, export, competitività, qualità delle Risorse Umane. Sarebbe davvero incredibile lasciarsi sfuggire un settore che queste caratteristiche già le ha ed è fortemente presente in Italia. Eppure il contesto nel quale operano le imprese mostra che i rischi sono concreti e richiedono politiche urgenti per rendere più attrattivo il Sistema Paese.”
 
A riassumere lo scenario della sfida che le farmaceutiche si troveranno ad affrontare è Sergio Liberatore, A.D. di ImsHealth: “Il mercato mondiale mantiene tassi di crescita interessanti e nel 2016 dovrebbe toccare il valore di 1.200 miliardi di dollari – spiega – ma a sostenere la crescita saranno principalmente i mercati emergenti, la farmaceutica specialistica e il segmento dei generici. Le Big Pharma dovranno continuare ad adeguarsi in un ecosistema sempre più complesso” . Qualche esempio è già sotto i nostri occhi, aggiunge Liberatore: “La classifica delle prime 10 aziende sul mercato è rimasta sostanzialmente stabile, ma la ricerca dell’equilibrio per le top ten è sempre più complessa: nel 2004 assorbivano il 51% del mercato, nel 2012 sono scese al 47%”.
 
“Fare tesoro delle discontinuità” è la ricetta suggerita da Renato Ridella, della A.T.Kearney, che individua nell’evoluzione quattro elementi cardine – sistema sanitario, copertura, paziente e canale distributivo – come possibili fonti delle implicazioni più dirompenti. Tra le “provocazioni” lanciate  da Ridella, due quelle che fanno più discutere. La prima riguarda il possibile “carve out del cronico”, cioè un assetto in cui il paziente sia preso in carico nella sua patologia da un provider privato. “L’azienda farmaceutica potrebbe giocare un ruolo nuovo in questo scenario”, spiega. “Offerte “capitared” (pay –per-patient anziché pay-per-pill) sono già emerse come nuovi modelli di cooperazione nei Paesi emergenti. Ed è interessante osservare che l’evoluzione dei sistemi sanitari potrebbe rivelarsi “bidirezionale”, con quelli evoluti/occidentali che riprodurranno in futuro alcune condizioni oggi proprie dei Paesi emergenti”.
 
Tra i fattori da tenere sott’occhio figura, secondo Ridella, anche la crescente proattività del paziente che potrebbe, a stretto giro, indurre anche pesanti evoluzioni dello scenario distributivo e significativi cambiamenti nelle relazioni tra farmacisti e aziende farmaceutiche. “Nell’attuale panorama di stagnazione – afferma Ridella – si stima che tra qualche anno circa 2mila farmacie potrebbero rischiare la chiusura. Per scongiurare tale eventualità potrebbero cadere tabù come l’apertura del canale a società di capitali, nella convinzione che solo player “industriali” possano salvare i piccoli a rischio di chiusura  grazie a economie di scala e di scopo”.
 
Di cambio di relazioni e nuovi partenariati parla anche Giuseppe Recchia (direttore medico di GlaxoSmithKline) che nella sua relazione al convegno affronta un tema oggi cruciale per l’industria: “Lo sviluppo della ricerca farmaceutica dipende primariamente dalla capacità di innovare la terapia ad un costo proporzionato al valore aggiunto, contribuendo alla sostenibilità sia della propria ricerca che dei sistemi sanitari utenti dei prodotti di tale ricerca”, spiega. “Partecipare alle future attività di ricerca e sviluppo dei nuovi farmaci ed intercettare gli investimenti economici associati  è una sfida obbligata per l’Italia e la crisi potrebbe rappresentare un catalizzatore per promuovere ed in parte obbligare attori diversi, spesso con interessi di difficile conciliazione fino a pochi anni fa, a collaborare a tutti i diversi livelli della filiera della conoscenza ed in ogni fase dello sviluppo del farmaco”. La soluzione? “Lo sviluppo di un mercato della conoscenza tra imprese, università, enti regolatori, Fondazioni e Charities italiani –conclude Recchia – per condividere ed utilizzare la conoscenza prodotta dal sistema Italia e agevolarne il trasferimento verso il farmaco, collaborando con la rete ed il patrimonio globale di competenza ed esperienza dell’impresa farmaceutica internazionale”.
 
Sulla stessa lunghezza d’onda la mission di Asis che punta a  riunire il mondo del lavoro e le istituzioni quali l’università, all’interno di modelli che possano favorire le giuste sinergie per la ricerca, lo sviluppo e la formazione nelle scienze della vita: “Proprio per questo – conclude Macchia – il 15 marzo in collaborazione con la Fondazione Carlo Erba abbiamo bandito due premi per giovani dottori di ricerca che durante il loro recente periodo di dottorato abbiano svolto ricerche particolarmente innovative, che possano costituire base di programmi futuri nel campo delle malattie oncologiche e delle malattie neurodegenerative (www.asis2013.it)”.

23 marzo 2013
© Riproduzione riservata

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