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La catena distributiva dei  farmaci. L'anomalia italiana: abbiamo più grossisti di tutta Europa

di Mauro Quattrone

La nostra rete distributiva dei farmaci  possiede ben 193 grossisti di prodotti farmaceutici, la Spagna 99, mentre la Germania solo 16 e il Regno Unito meno di 9. Un dato sempre ignorato nel dibattito presente e passato sulla filiera e che oggi torna d’attualità con il fenomeno della carenza di alcuni prodotti

17 FEB - In queste ultime settimane è stata molto dibattuta dai media, la questione relativa alla scarsa reperibilità di alcuni farmaci e/o alla loro totale assenza  dalla rete distributiva nazionale o regionale.
Alcune rappresentanze dei consumatori (QS  21 Gennaio 2014) hanno denunciato questi episodi sia alle autorità di controllo, sia all’opinione pubblica evidenziando il grande stato di disagio patito dai consumatori sanitari per la ricerca, continua e vana, di farmaci presso la rete distributiva cittadina.
 
Sullo stesso argomento si basava la denuncia di Francesco Schito (QS 07 Febbraio 2014) che aveva cercato di individuare le cause di  siffatta situazione sia nel legittimo mercato parallelo dei farmaci in Europa (attrazione in paesi con prezzi più alti) sia  per la scarsa profittabilità dei grossisti farmaceutici dovuta  al margine minimo di guadagno garantito dallo Stato e  alla pratica del rifornimento quotidiano  “just in time” organizzato con le farmacie (onerosi immobilizzi finanziari dovuti alle eccessive  scorte di magazzino).
 
Ora sulle cause della  rarefazione farmaci dal mercato distributivo sarebbe opportuno un approfondimento che riguarda la storicità della  struttura organizzativa italiana della Supply Chain, sia la normativa europea su questo argomento e le relative raccomandazione che ci hanno interessato.
La  Commissione europea  per l'ambiente, la sanità pubblica e la sicurezza alimentare aveva già individuato nel 2011 che nei paesi europei con scarsa popolazione e quelli con prezzi dei farmaci più bassi  potevano manifestarsi, in modo intermittente, pratiche di un "commercio parallelo" sviluppato per trarre vantaggio dalle differenze di prezzo tra i vari Stati membri.  È evidente che una grande percentuale delle eccedenze generate dal commercio parallelo viene acquisita dagli intermediari e non viene destinata ai pazienti o ai sistemi sanitari. Non sembra che il commercio parallelo stia riducendo in maniera significativa i prezzi dei prodotti farmaceutici negli Stati membri in cui i prezzi sono alti.
 
L’Italia è il paese europeo che nell’ambito degli undici paesi maggiormente industrializzati ha i prezzi dei farmaci più bassi. L’indice è di 75 se comparato a 100 Regno Unito e i 130 della Germania e i 90 della Francia.
Nell’ambito europeo la differenza dei prezzi dei farmaci brevettati può variare da 4:1, mentre per i farmaci generici la differenza può salire da 16:1.
Pertanto, è naturale che nel contesto europeo caratterizzato da libera circolazione dei beni e delle merci, i flussi in entrata ed uscita sono contraddistinti da convenienze economiche.
 
Dobbiamo inoltre ricordare che l’Italia è entrata, con molto ritardo, nel mercato dei farmaci equivalenti (2008) rispetto ad altri paesi europei e non, alcuni governi hanno cercato, con maggiore o minore vigore,  di dare un impulso all’opera di liberalizzazione e di riorganizzazione  della  catena logistica del farmaco (governo Prodi, governo Monti).
Gli stockholders interlocutori del governo sono stati il “front-line di questa catena logistica”: i medici di base ed i farmacisti, lasciando al di fuori della discussione la categoria maggiormente interessata alla domanda , i consumatori sanitari.
 
Nessuno soggetto istituzionale o politico,  interessato alla discussione generale della riforma, cercò minimamente di individuare le problematiche relative al “back office” della catena distributiva cioè produttori/distributori, grossisti, anche se dall’Europa erano giunti messaggi di allerta.
La mancanza e il non  coinvolgimento di questi attori principali, nel contesto della riforma, si manifesta oggi con l’attuale  fenomeno della rarefazione dei farmaci dal mercato interno.
 
L’anomalia italiana nella rete distributiva dei farmaci  è che il nostro paese possiede ben 193 grossisti di prodotti farmaceutici, la Spagna 99, mentre la Germania solo 16 e il Regno Unito meno di 9. Inoltre, i primi tre grossisti nel Regno Unito controllano l'85% del mercato. Finlandia e Svezia possiedono ognuna solo due grossisti.
L’Italia è il paese al mondo con numero più alto di distributori farmaceutici, il che fa sorgere un quesito, perché la politica di  allora  ignorò completamente questo dato, parlando e dibattendo e legiferando  esclusivamente sulla filiera distributiva al dettaglio?
Questi problemi non dibattuti allora vengono riproposti oggi, quando si parla di poca profittabilità per i grossisti, parcellizzazione del mercato  ed utilizzo preferenziale del mercato parallelo Europeo  rispetto a quello nazionale.
 
Perché nessuno propose allora di consorziare i grossisti,  in sede regionale, in base a parametri di riferimento  riguardanti  la popolazione residente, la rete distributiva al dettaglio, l’indice di anzianità della popolazione residente in modo da  ridurre drasticamente gli onerosi costi di immobilizzo finanziario e gestione che gravano su  questi imprenditori?
O perché non si adottarono o si sperimentarono  tecniche innovative per gli approvvigionamento già testate in Europa quali il sistema Direct-to-Pharmacy – DTP o il Reduced Wholesaler Agreements – RWA?
 
Nel primo caso i produttori vendono direttamente ai loro clienti con grossisti esclusivi o limitati unicamente in qualità di distributori o prestatori di servizi logistici (per cui vengono remunerati). I grossisti non sono mai proprietari delle scorte e pertanto non sono in grado di applicarvi alcuno sconto. Gli accordi DTP vengono siglati da aziende farmaceutiche  di dimensioni più grandi. Nel Regno Unito, c'è stata una notevole diffusione di accordi DTP negli ultimi 5 anni
Con il Reduced Wholesaler Agreements – RWA le case farmaceutiche ricorrono a un numero molto limitato di grossisti (1-3) per la distribuzione tradizionale di prodotti. In questo caso, i grossisti acquistano le scorte e possono pertanto applicare uno sconto. Nel Regno Unito, numerose società adottano questo sistema, ossia Sanofi Aventis, Novartis, Janssen-Cilag, Roche, Novo Nordisk e Bayer Schering, se considerate insieme, rappresentano circa il 20% del mercato.
 
Bisogna inoltre ricordare che la normativa europea non preclude  la vendita diretta alle farmacie , per cui alcuni produttori optano per questo sistema di filiera corta  come avviene in Bulgaria o nella repubblica Ceca
 
Mauro  Quattrone
Consulente direzionale forecasts & planning management
 
 
 

17 febbraio 2014
© Riproduzione riservata

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