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Caso Avastin-Lucentis. Per Cochrane i due farmaci hanno effetti collaterali simili


E' quanto afferma una revisione di nove studi sul tema, di cui tre ancora non pubblicati, dell'organismo indipendente Cochrane Collaboration, pubblicati sulla rivista dell'associazione. Soddisfazione dall'Emilia Romagna, per l'assessore Lusenti si tratta di "un parere scientificamente autorevole a supporto delle decisioni prese".

15 SET - Avastin e Lucentis hanno effetti collaterali simili, un elemento di cui, "le politiche sanitarie che favoriscono l'uso del ranibizumab" perché dotato di un'indicazione specifica, "per il trattamento di malattie degli occhi nelle persone anziane, dovrebbero tenere conto". E' quanto afferma una revisione di nove studi sul tema, di cui tre ancora non pubblicati, dell'organismo indipendente Cochrane Collaboration, pubblicati sulla rivista dell'associazione.
Gli autori della Revisione hanno considerato i risultati di studi randomizzati controllati che confrontavano la sicurezza di due farmaci utilizzati per il trattamento della degenerazione maculare legata all’età: il ranibizumab e il bevacizumab. Contrariamente a quanto argomentato in precedenza da alcuni esperti di questa patologia, la revisione sistematica ha evidenziato che il farmaco più economico, il bevacizumab (Avastin), non sembra infatti aumentare il numero di decessi o avere effetti collaterali più gravi rispetto al ranibizumab (Lucentis). 

La degenerazione maculare è una patologia oculare cronica e progressiva ed è tra le principali cause di cecità negli anziani. Infatti, in un caso su dieci, tale forma degenerativa conduce alla cecità. Il bevacizumab (Avastin) è un farmaco utilizzato in oncologia, mentre il ranibizumab (Lucentis) è venduto come farmaco specifico per la degenerazione maculare legata all’età.

La revisione ha incluso nove studi randomizzati controllati, di cui nessuno sponsorizzato dai produttori dei due farmaci. Gli studi hanno coinvolto complessivamente 3665 partecipanti e hanno confrontato direttamente il bevacizumab con il ranibizumab. I farmaci sono stati somministrati per un tempo massimo di due anni. La revisione mostra che in caso di degenerazione maculare, la sicurezza sistemica dei due prodotti appare simile, eccezion fatta per i disturbi gastrointestinali. Sebbene non siano state rilevate differenze statisticamente significative tra i due farmaci gli autori non escludono che successivi studi possano evidenziare che uno dei due trattamenti sia più nocivo dell’altro.
 
I ricercatori hanno stimato che cosa succederebbe a un gruppo di 1000 pazienti se fosse loro somministrato il ranibizumab per uno o due anni. Nei 1000 pazienti trattati con ranibizumab si osserverebbero 34 decessi; nei 1000 trattati con bevacizumab, si osserverebbero tra i 27 e 53 decessi. Se in 1000 assumessero ranibizumab, 222 presenterebbero uno o più effetti collaterali sistemici gravi. Se in 1000 fossero invece trattati con bevacizumab, i pazienti con eventi avversi oscillerebbero tra 200 e 291. I casi di morte non sembrano legati alla somministrazione dei due farmaci in quanto risultano in linea con i livelli di decesso propri dell’età dei pazienti coinvolti e osservati nella maggior parte dei paesi occidentali. Anche per gli effetti collaterali sistemici, i ricercatori fanno riferimento a un ampio spettro di eventi che può essere causato o meno dal farmaco.

Lorenzo Moja, ricercatore dell’Università degli Studi di Milano, ha affermato: “Questa revisione rappresenta un importante passo avanti per quanto riguarda la conoscenza delle differenze tra bevacizumab e ranibizumab in fatto di eventi avversi sistemici. I risultati possono aiutare a ridurre le controversie avute nel passato sulle evidenze disponibili relative ai due farmaci”. “Questo risultato - ha proseguito Moja - è stato possibile grazie all’importante collaborazione di un gruppo di ricercatori di diversi paesi (Francia, Germania, Italia, Regno Unito e Stati Uniti), molti dei quali coinvolti nei trial esaminati, che si sono lodevolmente impegnati, con il supporto dei sistemi sanitari nazionali, per dare risposta a questo importante quesito clinico. E’ raro poter far affidamento su ben 9 studi randomizzati controllati, non sponsorizzati, che hanno confrontato direttamente i due interventi, permettendo di diminuire l’incertezza”.

La reazione dell'Emilia Romagna. La regione Emilia Romagna che ha dato battaglia in tribunale ai due colossi del farmaco ha espresso soddisfazione tramite l'assessore Carlo Lusenti alla notizia dei dati dello studio Cochrane: "I risultati, pubblicati da cochrane, fanno parte di una revisione sistematica della letteratura scientifica sugli effetti collaterali dei due farmaci che la regione Emilia Romagna ha commissionato a questo organismo non-profit indipendente per avere un parere scientificamente autorevole a supporto delle proprie decisioni. La cui correttezza è stata confermata ulteriormente proprio dai risultati dello studio". 

15 settembre 2014
© Riproduzione riservata

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