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Dispositivi medici. Rimondi (Assobiomedica): “Basta alla logica dei prezzi più bassi negli acquisti”


Valutare solo il prezzo più basso nell’acquisto ha portato nel 2013 a un calo della domanda (pubblica e privata) di circa il 4% e dell’11% negli ultimi quattro anni. Questo significa che il Ssn sta rinunciando alle nuove tecnologie a discapito dei servizi offerti. Così Rimondi, in occasione della presentazione del Rapporto 2014 su “Produzione, ricerca e innovazione nel settore dei dispositivi medici in Italia”. I DATI DELLA SPESA

28 OTT - In Italia nel settore dei dispostivi medici operano 3.025 imprese, il cui fatturato è pari a 6 milioni di euro. Il numero degli addetti, tutti ad alta specializzazione, è di 54.000. tra le imprese il 56% si occupa di distribuzione, il 40% di produzione e il 4% di servizi. Questi dati per dire che quando si parla di dispositivi medici non si può sempre e solo banalizzare facendo riferimento alla classica siringa.
 
Anche perché, come ha spiegato il Presidente di Assobiomedica, Stefano Rimondi: “In Italia il mercato delle siringhe vale appena lo 0,02% della spesa sanitaria, ma il loro prezzo sembra essere diventato la causa di tutti i mali della Sanità italiana”. Queste parole Raimondi le ha dette in occasione del convegno “Oltre la siringa. Dispositivi medici: solo costi o più salute?”, organizzato oggi a Roma dall’Associazione di Confindustria per presentare i dati del Rapporto 2014 su “Produzione, ricerca e innovazione nel settore dei dispositivi medici in Italia” curato dal Centro studi Assobiomedica.
 
C’è un perché nelle differenze di prezzo tra gli enti del Ssn e queste, ha aggiunto Rimondi: “riflettono diverse condizioni di fornitura: quantità e durata, servizi accessori e periodi di acquisto, consegne in emergenza e urgenza; sono tutti elementi che incidono sul prezzo unitario e che vanno tenuti in considerazione quando si vogliano fare dei confronti che siano appropriati. Ridurre gli investimenti in prodotti e apparecchiature mediche, quando la spesa in dispositivi medici rappresenta solo il 5,1% del Fondo sanitario nazionale, non significa tagliare gli sprechi, ma limitare ai cittadini l’accesso a cure innovative e rinunciare a un’eccellenza industriale, che potrebbe contribuire alla valorizzazione della Sanità del nostro Paese”.
 
“I nostri ospedali – ha continuato - si stanno impoverendo per i continui tagli e la conseguente riduzione della qualità dei servizi. Valutare solo il prezzo più basso nell’acquisto di dispositivi medici ha portato nel 2013 a un calo della domanda di circa il 4% sia dal pubblico (-3%) che dal privato (-5,8%) e del 11% negli ultimi quattro anni. Si tratta di un dato sconfortante che dimostra come il Servizio sanitario nazionale stia pian piano rinunciando a investire in moderne tecnologie, quando le imprese del settore sono fortemente orientate all’innovazione: 2 imprese su 3 risultano aver introdotto almeno un’innovazione nel 2010-2013. Ci auguriamo che la Legge di Stabilità non incida ulteriormente sui tagli ai servizi sanitari altrimenti si segnerebbe la fine della Sanità pubblica”.
 
Settore ad alta concentrazione territoriale
Dai dati del Rapporto 2014 su “Produzione, ricerca e innovazione nel settore”, curato dal Centro studi Assobiomedica, emerge che quello dei dispositivi medici è un tessuto produttivo che in Italia è caratterizzato da una forte specializzazione territoriale in sei regioni del centro-nord, cui è riconducibile l’88% del fatturato totale: Lombardia; Emilia-Romagna; Lazio; Veneto; Toscana; Piemonte. In particolare, il mercato locale in assoluto più rilevante risulta quello dell’infusione, trasfusione, drenaggio e dialisi nella provincia di Modena, che con il distretto di Mirandola rappresenta la realtà produttiva d’eccellenza del settore. Eccellenza dimostrata anche nella capacità di risollevarsi dopo il terremoto del 2012.
 
Forte riduzione della domanda interna
L’andamento del mercato interno ha subito una forte riduzione della domanda sia pubblica sia privata con una contrazione del 4% rispetto all’anno precedente e del 11% negli ultimi 4 anni.
Nel 2013 le esportazioni sono aumentate del 2,8% (5,9 miliardi) e le importazioni sono diminuite dell’1,9% (6,8 miliardi) con un saldo che seppur negativo (poco meno di 1 miliardo di euro) si avvicina al pareggio. Il calo della domanda interna porta con sé anche un calo dell’occupazione.
 
Settore ad alta innovazione
Due imprese su tre hanno introdotto almeno una innovazione nel 2010-2013. Una impresa su due ha depositato o acquisito brevetti nel 2010-2013. L’Italia è al 12° posti per domande di brevetto nel ranking internazionale del settore (70.000 domande di brevetto). Sono 255 le start-up del settore dei dispositivi medici e per il 27% si occupano di diagnostica in vitro, per il 21% di biomedicale strumentale; il 55% sono spin off universitari, ovvero frutto della ricerca pubblica.
 
Dunque se le aziende italiane del settore hanno la capacità di stare sul mercato mondiale soffrono però la caduta del mercato interno. In questo senso è da registrare un calo di investimenti in R&I: tra il 2010 e il 2013 si è passati da 764 a 670 milioni. Stessa situazione per gli investimenti in R&S: tra il 2010 e il 2013 si è passati da 598 a 443 milioni. Sono invece aumentati gli studi clinici che nello stesso periodo sono passati da 165 a 227.
Questa è dunque la foto del settore, ma come ha spiegato Rimondi “fare una foto serve a poco se non si vanno a cercare le cause delle criticità”. E le criticità per il presidente di Assobiomedica sono essenzialmente due: “l’incidenza del prezzo nel procurement, preponderante rispetto ai parametri qualitativi” e la “standardizzazione esasperata nelle procedure d’acquisto centralizzate”.
A questo punto che fare? Per Rimondi occorre “invertire il trend che penalizza un settore che ha tutte le potenzialità per contribuire in modo straordinario alla ripresa del Paese”. Perché l’Italia ha una “Riconosciuta eccellenza clinica, un’importante capacità di innovazione e distretti produttivi ad alta specializzazione”. Ma per “attrarre gli indispensabili investimentiè determinante un’oculata politica di settore, che mostri un Paese in grado di sviluppare innovazione e di recepirla nel proprio mercato”.
 
Condizioni per il rilancio
A questo punto è necessaria una riqualificazione del mercato interno che passa per due vie la prima riguarda le Procedure d’acquisto, ovvero “ristabilire equilibrio tra i parametri qualitativi e quelli economici, ed evitare standardizzazioni forzose che penalizzino le prestazioni cliniche e disincentivino ricerca e innovazione”. La seconda via è il reale incentivo alla ricerca. Dunque “Supporto a cluster e incubatori qualificati e specializzati, vantaggi fiscali e contributivi per impiego di ricercatori qualificati e collaborazioni tra industria, clinica e università, le nostre tre eccellenze”.
A monte di qualunque ipotesi di rilancio, ha concluso Rimondi “è indispensabile un cambio di mentalità e di atteggiamento verso il settore dei dispositivi medici in particolare, e verso la sanità in Italia in generale. La costante campagna sul Ssn come fonte di potenziale instabilità economica per il Paese è frutto di incapacità di analisi o, peggio, di colpevole volontà di generare disinformazione nell’opinione pubblica”.
 
Per Andrea Bairati, Direttore Innovazione ed Education di Confindustria “Non esiste nessuna struttura organizzata che compri i beni di cui ha bisogno secondo logiche univoche. Quindi è ovvio che noi dobbiamo arrivare ad un punto per cui la giusta efficienza organizzativa della centralizzazione d’acquisto mette in moto dei processi per cui se devo comprare traffico telefonico lo compro guardando al prezzo. Se devo comprare un’antenna la compro e la costruisco in base alla qualità. Questo non è difficile da fare ma ci vuole un’amministrazione che abbia in animo un elemento essenziale che è quello della qualificazione della domanda pubblica”.
 
“Il concetto chiave su cui ragionare è la sostenibilità – ha aggiunto– . Sostenibilità legata ad elementi quali una domanda che è tendenzialmente in evoluzione crescente per il fatto che i cittadini sono portati a consumare salute, al cambiamento del paradigma tecnologico in atto e al fatto che ci sono due componenti, la spesa pubblica e la spesa privata che vanno integrate per garantire la sostenibilità ad un sistema che è di grande qualità e valore”. 
 
“Se abbiamo in animo la sostenibilità del sistema – ha concluso Bairati – dobbiamo immaginare che le componenti di spesa pubblica, che non potranno aumentare, e quelle di spesa privata vengono messe a sistema per garantire che il tutto si regge ed evolve in senso positivo”.
 
Marcella Marletta, Direttore Generale Dispositivi Medici, Servizio Farmaceutico e Sicurezza delle Cure, riferendosi al “tormentone” siringa ha ribadito che “per i dispositivi medici c’è un osservatorio dei consumi e dei contratti, non solo dei prezzi”. In passato “incidendo sui tetti e sui tagli si è peggiorata la qualità e questo è andato a discapito dei cittadini”. La ministra Beatrice Lorenzin, ha “evitato tagli per un paio di manovre e questo è un grosso obiettivo. Ma si dovrà arrivare ad un grosso cambiamento di mentalità” per evitare – ha aggiunto Marletta – che la sanità in futuro venga nuovamente “trattata come un bancomat”.
 
La Marletta ha anche fatto riferimento alla vicenda dei peacemaker e al fatto che il ministero della Salute e l’Iss non avrebbero fatto controlli per dire che “non è vero. Su questi dispositivi non c’è nessun problema né di esiti mortali, né di eventi avversi”. Le segnalazioni dei pazienti allarmati continuano “ma devono stare tranquilli, se le autorità dovessero riscontrare anomalie saremmo noi i primi ad intervenire”.
 
E a proposito di segnalazioni dei pazienti allarmati “Al tribunale per i diritti del malato – ha riferito Tonino Aceti che è coordinatore del Tdm – arrivano continuamente segnalazioni. In particolare queste riguardano l’assistenza sui dispositivi, i tempi di attesa per la consegna ma anche la scarsa qualità”.
 
Aceti ha anche parlato del problema della centralizzazione degli acquisti di cui parla il Patto per la salute suggerendo, per evitare che la centralizzazione diventi standardizzazione, di fare sul “territorio una rilevazione del fabbisogno reale. L’Hta deve essere valutata per un buon rapporto costi-efficacia e per fare ciò è necessaria una regia nazionale. Occorre fare in modo che l’appropriatezza clinica sia preponderante rispetto a quella economica”. 

28 ottobre 2014
© Riproduzione riservata

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