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Se i capelli sono “impettinabili”. La colpa è di tre geni deputati alla formazione dei capelli

di Maria Rita Montebelli

I tedeschi la chiamano la sindrome di Pierino Porcospino, dal nome del personaggio omonimo famoso per la sua folta chioma aggrovigliata. La scoperta della causa genetica di questa rara malattia è stata fatta da un gruppo di ricercatori dell’Università di Bonn. Chi ne è affetto, soprattutto nell’infanzia presenta capelli chiari, sottili, crespi e perennemente annodati. La scoperta rappresenta un passo avanti anche nella comprensione di come si formano i capelli sani

18 NOV - Per alcuni genitori, pettinare i propri figli può rappresentare un vero e proprio incubo. Non è un’esagerazione da desperate housewife e neppure un ‘vezzo’ tricologico, ma una patologia in piena regola: la cosiddetta sindrome da ‘capelli impettinabili’, che i tedeschi chiamano sindrome di Struwwelpeter (dal nome del personaggio, tradotto in italiano come ‘Pierino Porcospino’) e i dermatologi ‘pili trianguli et canaliculi’.
 
Chi ne è affatto è condannato per tutta la vita a litigare con pettini e spazzole, che poco possono fare contro quella selva di capelli secchi e crespi che sembrano vivere di vita propria, annodandosi all’inverosimile. Le persone colpite hanno in genere capelli biondo chiaro, con una particolare luminosità argentea e soprattutto con la caratteristica dell’indomabilità. Nei più piccoli possono diventare un incubo, poi crescendo le cose vanno un po’ migliorando.
 
Si tratta di una rara displasia del fusto pilifero, descritta per la prima volta in letteratura scientifica nel 1973; da allora a livello mondiale ne sono stati documentati un centinaio di casi, anche se gli esperti sono certi che gli individui colpiti da questa sindrome siano molto più numerosi. Chi ne è affetto infatti difficilmente si reca dal medico o in ospedale per chiedere aiuto e dunque la sottodiagnosi di questa condizione impera.
 
La notizia, pubblicata su The American Journal of Human Genetics, è che da oggi la sindrome di ‘Pierino Porcospino’ ha anche una sua spiegazione genetica, rintracciata da un gruppo di ricercatori dell’Università di Bonn in alcune mutazioni a carico di tre distinti geni, coinvolti nella formazione dei capelli. Gli esperti  avevano notato da tempo che questa condizione ricorre frequentemente all’interno di alcune famiglie. Da qui è nata l’idea che potesse avere un fondamento genetico.
 
I geni coinvolti nella sindrome sono PADI3, TGM3 e TCHH. I primi due codificano per degli enzimi, l’ultimo una proteina importante per il fusto del capello. Nei capelli sani le proteine TCHH sono unite l’un l’altra da sottili filamenti di cheratina che danno forma e struttura al capello. “L’enzima prodotto dal gene PADI3 – spiega la professoressa Regina Betz, Istituto di Genetica Umana, Università di Bonn, esperta di malattie rare e capo del team che ha fatto questa scoperta –  modifica la proteina del fusto del capello (TCHH) in  maniera tale da consentire ai filamenti di cheratina di aderirvi; quindi, l’enzima TGM3, confeziona il legame definitivo”.
 
Questo in condizioni di normalità. Ma basta che uno dei componenti di questa ‘triade’ del capello sano non funzioni a dovere, per produrre delle importanti alterazioni nella struttura dei capelli. I topi con geni PADI3 e TGM3 difettosi sviluppano alterazioni del pelo che ricordano molto da vicino quelle delle persone con la sindrome dei ‘capelli impettinabili’.
 
“La scoperta di queste mutazioni – afferma la scienziata tedesca – ci ha permesso di imparare molte cose sui meccanismi sottesi alla formazione dei capelli sani e di comprendere perché a volte compaiano dei disturbi. Allo stesso tempo siamo adesso in grado di diagnosticare con certezza la sindrome da ‘capelli impettinabili’, attraverso metodiche genetiche”.
 
E non è solo un dettaglio da poco, ma una conquista importante. Alcune alterazioni dei capelli sono infatti associate ad altre patologie, che a volte emergono solo molto più avanti nel corso della vita. Non è tuttavia il caso della sindrome di Struwwelpeter, che si manifesta in maniera isolata. E che da oggi è possibile diagnosticare con certezza.
 
Maria Rita Montebelli

18 novembre 2016
© Riproduzione riservata

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