Sclerosi Multipla. Alterata espressione dei geni coinvolti nella risposta antivirale e controllati dall’interferone
Lo studio dei ricercatori dell’Irccs Ospedale San Raffaele e dell'Istituto superiore di sanità è stato pubblicato su Scientific Reports. In presenza della Sclerosi multipla numerosi geni regolati dagli interferoni prodotti normalmente dall’organismo (endogeni) risultano espressi in modo anomalo nelle cellule dei pazienti, ovvero sono sovraprodotti o sottoprodotti.
14 SET - In uno studio pubblicato lo scorso 21 agosto su
Scientific Reports, i ricercatori dell’Irccs Ospedale San Raffaele - una delle 18 strutture d’eccellenza del Gruppo ospedaliero San Donato - e dell’Istituto Superiore di Sanità hanno scoperto che in presenza della Sclerosi multipla numerosi geni regolati dagli interferoni prodotti normalmente dall’organismo (endogeni) risultano espressi in modo anomalo nelle cellule dei pazienti, ovvero sono sovraprodotti o sottoprodotti. La scoperta, possibile grazie al sostegno della Fondazione Italiana Sclerosi Multipla, getta nuova luce sui meccanismi alla base della malattia, spiega l’efficacia della terapia con interferone beta ricombinante e apre la strada allo sviluppo di nuovi approcci terapeutici.
Negli ultimi vent’anni, infatti, l’uso dell’interferone beta ricombinante nel trattamento della sclerosi multipla (SM) ha cambiato la qualità di vita di chi soffre di questa malattia. Il meccanismo d’azione della citochina - solitamente prodotta dal nostro organismo per organizzare la risposta immunitaria contro le infezioni virali - nel trattamento della SM è però poco chiaro, così come rimane poco chiaro il meccanismo alla base della malattia. Non solo, ma alcune anomalie riscontrate sono specifiche delle diverse fasi di malattia e vengono in parte corrette grazie alla somministrazione dell’interferone beta ricombinante. La ricerca che fa parte di un progetto multicentrico che coinvolge i gruppi coordinati da
Cinthia Farina presso l’Irccs Ospedale San Raffaele e da
Eliana Marina Coccia presso l’Istituto Superiore di Sanità, oltre a descrivere un nuovo meccanismo alla base della malattia e a spiegare il funzionamento di uno dei farmaci di prima linea usati nella SM, getta le basi per lo sviluppo di nuovi approcci terapeutici e di nuovi marcatori predittivi della sua progressione.
L’ipotesi dietro il lavoro è nata da una scoperta pubblicata di recente sempre dal gruppo di Cinthia Farina, capo unità di Immunobiologia delle Malattie Neurologiche, secondo cui singoli geni di suscettibilità alla SM coinvolti nella risposta agli interferoni, sono alterati nel sangue periferico dei pazienti, suggerendo la presenza, nella SM, di un’anomala risposta del sistema immunitario agli interferoni prodotti dall’organismo, e quindi un’anomala reazione antivirale. In effetti, la risposta ai virus risulta alterata in alcune popolazioni cellulari del sangue periferico dei pazienti con SM, come dimostrato dagli studi del gruppo di Eliana Coccia, da diversi anni focalizzati a definire perché una citochina, quale l’interferone beta, prodotta ed usata dal nostro organismo per combattere i virus possa risultare anche utile nella terapia di una malattia autoimmune quale la SM.
14 settembre 2017
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