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Glifosato: proibirlo o no? L’Europa, assalita dalle lobby, non si è ancora pronunciata

di Maria Rita Montebelli

E’ una decisione difficile da prendere ma non si può continuare a rimandare. Il glifosato, l'erbicida più venduto al mondo, deve continuare a entrare nella dieta di milioni di europei, come residuo dei pesticidi spruzzati con generosità sui raccolti, o no? Il glifosfato è nocivo o no per l’uomo? E se si, a quali livelli? Domande ancora in attesa di risposte conclusive, ma i sospetti che questo erbicida, dalla presenza pervasiva negli Usa come in Europa, non sia proprio un alleato della salute ci sono e qualcuno comincia a parlare di cancerogenicità. Se a questo si aggiunge che l’esposizione è in crescita continua (fino a + 500% dagli anni ’90), non si può non cedere alla preoccupazione

27 OTT - E’ saltato il tanto atteso voto sul rinnovo della licenza d’impiego del glifosato come erbicida, previsto ieri al Parlamento europeo. La Commissione Europea fa sapere in una nota che la data della prossima votazione sarà comunicata a breve. La licenza attuale è in scadenza per la fine di quest’anno e probabilmente – scrive la Reuters – non si voterà per prorogarne l’impiego per altri 10 anni, ma forse per un massimo di 5-7 anni, nell’ottica di arrivare ad una progressiva dismissione del diserbante al centro di tante polemiche.
 
L’Europa continua dunque a mostrarsi abbastanza tentennante sulle decisioni da prendere in merito all’impiego di questa sostanza, finita sul banco degli imputati delle sostanze cancerogene, da quando un rapporto del 2015 dell’agenzia sul cancro dell’Organizzazione Mondiale della Sanità ha avanzato questo sospetto (il glifosato è incluso nel gruppo 2A, tra i 'probabili cancerogeni').
 
Nel giugno del 2016, in attesa di evidenze scientifiche conclusive, l’Unione Europea aveva intanto protratto di 18 mesi la licenza di impiego del glifosato in Europa, viste anche le rassicurazioni arrivate da un rapporto della European Chemical Agency che aveva concluso per l’assenza di un legame tra esposizione all’erbicida e aumentato rischio di cancro.
 
Conclusione non avallata dall’EFSA (European Food Safety Agency). Ma intanto 7 nazioni europee, tra le quali l’Italia, stanno pensando di limitarne o bandirne  l’impiego.
 
Sul piede di guerra Greenpeace, che ha tra l’altro di recente offerto un simbolico ‘aperitivo al glifosato’ al Ministro Lorenzin, ricevendo in cambio rassicurazioni in merito al fatto che l’Italia si sarebbe pronunciata contro l’impiego di questo erbicida al parlamento europeo (ma la votazione, come visto, è saltata).
 
Il glifosato, un erbicida derivato dall’aminoacido glicina, è stato introdotto in agricoltura nel 1970; il prodotto agisce bloccando un pathway vegetale specifico, detto ‘shikimate’, non presente negli animali, che consente la sintesi di aminoacidi aromatici.
Dopo 40 anni di utilizzo e centinaia di pubblicazioni scientifiche, secondo gli autori di uno studio pubblicato nel 2015 su Critical Review in Toxicology, l’unica conclusione possibile è che il glifosato abbia un profilo di bassa tossicità e che non esistono prove che aumenti il rischio di cancro nell’uomo.
 
Ma intanto in letteratura scientifica si continuano a moltiplicare le pubblicazioni sul glifosato di parere opposto. A preoccupare è anche l’aumento di esposizione a questo erbicida, dovuto ad un uso sempre più pervasivo e massivo, vista l’emergenza di specie vegetali infestanti resistenti. L’ultimo articolo della serie, pubblicato ieri su JAMA, segnala che, a partire dal 1993, l’esposizione a questo erbicida della Monsanto è aumentata del 500% dall’introduzione delle coltivazioni OGM, secondo quanto riportato da ricercatori della University of California San Diego.
 
“Lo studio – commenta Paul J. Mills, professore di Medicina di Famiglia e Salute Pubblica e direttore del Center of Excellence for Research and Training in Integrative Health della San Diego School of Medicine – ha confrontato i livelli di escrezione del glifosato e del suo metabolita,  l’acido aminometil-fosfonico (AMPA), nell’uomo, nell’arco degli ultimi 23 anni, a partire dal 1993, subito prima dell’arrivo delle colture OGM di soia e mais (ma viene utilizzato anche sui campi di grano e di avena) negli USA.  L’impiego di questi erbicidi è andato aumentando moltissimo nel corso degli anni ma molta gente non si rende conto di ingerire glifosfato con la dieta.
 
Lo studio condotto dai ricercatori americani ha confrontato il livello di glifosato e di AMPA nei campioni di urine di 100 residenti in una comunità della California del Sud negli anni 1993-1996, confrontandoli con campioni di urine raccolti nel 2014-2016 (tutti i campioni venivano dalla biobanca del Rancho Bernardo Study on Healthy Aging).
 
“Da questa analisi – prosegue Mills – ci siamo resi conto che prima dell’introduzione delle colture OGM pochissime persone mostravano tracce di glifosato nelle urine; nel 2016 invece, l’erbicida risultava presente nel 70% dei campioni analizzati”.
L’impiego degli erbicidi a base di glifosato (come il Roundup) è aumentato di 15 volte dal 1994 negli USA e lo scorso luglio la California ha inserito il glifosato nell’elenco dei cancerogeni.
 
Ad oggi tuttavia sono pochi gli studi sull’effetto del glifosato sull’uomo, anche se gli studi animali dimostrano che l’esposizione cronica agli erbicidi a base di glifosfato possono avere effetti indesiderati, determinando ad esempio forme di epatopatia cronica simili alla steatosi non alcolica nell’uomo.
 
E’ necessario dunque, secondo gli autori dello studio pubblicato su JAMA condurre al più presto studi sugli effetti del glifosato sull’uomo. “Il pubblico deve essere informato meglio sui potenziali rischi dei numerosi erbicidi spruzzati sul nostro cibo – concludono gli autori – per poter prendere decisioni informate sulla necessità di ridurre o eliminare l’esposizione a composti potenzialmente nocivi”.
 
Ma la questione naturalmente è molto più complessa di questo e, posto che la sicurezza viene prima di tutto, c’è chi attira l’attenzione anche su considerazioni economiche e sullo scenario che si verrebbe a creare nel caso di una messa al bando degli erbicidi a base di glifosato. Uno studio pubblicato qualche giorno fa su GM Crops Food, fa una simulazione di cosa succederebbe in un mondo senza glifosato e senza OGM ‘tolleranti’ a questo erbicida (i cosiddetti raccolti GM HT). Si produrrebbe una perdita annuale di produzione agricola pari a 6,76 miliardi di dollari e la produzione globale di soia, mais e canola si ridurrebbe rispettivamente  di 18,6 milioni, 3,1 milioni e 1,44 milioni di tonnellate. Ad aumentare sarebbero invece le emissioni di carbonio (per un ridotto sequestro da parte del suolo) in misura che pari a quelle che verrebbero provocate dall’immissione di 11,77 milioni di nuovi veicoli sulle strade. A livello mondiale inoltre si assisterebbe ad un aumento dei prezzi di tutte le granaglie, oli di semi e zucchero. E l’articolo prosegue snocciolando altre cifre da scenari apocalittici, derivanti da un’eventuale messa al bando del glifosato. Facile comprendere come, industrie produttrici a parte (il glifosato rappresenta per la Monsanto un business da 4-5 miliardi di euro l'anno), un’opposizione feroce ad un eventuale bando potrebbe venire proprio dall’industria agricola e dai piccoli agricoltori.
 
Non è facile naturalmente orientarsi, soprattutto non avendo dati certi delle conseguenze dell’esposizione agli erbicidi nell’uomo, ma, considerazioni economiche a parte, quando si tratta d sicurezza e di salute, il principio di precauzione (salvo prova contraria) dovrebbe sempre avere il sopravvento. E che la situazione sia già sfuggita di mano, lo dimostrano i risultati di uno studio resi noti lo scorso anno, secondo cui nelle urine di tre tedeschi su quattro sarebbero presenti livelli di glifosato 5 volte superiori quelli ammessi nell’acqua potabile e in un terzo della popolazione studiata questi livelli oscillavano da 10 a 42 volte quelli permessi. Una riflessione seria a questa punto è d’obbligo.
 
Maria Rita Montebelli

27 ottobre 2017
© Riproduzione riservata

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