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Emofilia. FedEmo lancia allarme su accesso ai farmaci


La federazione dei pazienti emofiliaci critica la decisione del Veneto di assimilare in un’unica classe di farmaci i diversi Fattori VIII della coagulazione da ingegneria genetica (ricombinanti). “Una scelta di prezzo” che “potrebbe danneggiare i pazienti”.

19 OTT - L’emofilia è una malattia rara caratterizzata dalla carenza parziale o totale nel sangue di una proteina (nell’emofilia A si tratta del Fattore VIII e nell’emofilia B del Fattore IX) necessaria per la normale coagulazione. Fino ad oggi le Regioni hanno sempre messo in atto procedure d’appalto volte a garantire la fornitura di tutti i prodotti sulla base di questi principi. Ma “la decisione della Regione Veneto di assimilare in un’unica classe di farmaci i diversi Fattori VIII della coagulazione da ingegneria genetica (ricombinanti), non tenendo conto delle differenze tra i farmaci stessi, è per noi fonte di grande preoccupazione”. A lanciare l’allarme è Gabriele Calizzani, Presidente FedEmo (Federazione delle Associazioni Emofilici), in occasione di una tavola rotonda dal titolo “Emofilia: risparmio e innovazione un connubio possibile”, organizzata nell’ambito del Congresso della Sifo, a cui hanno della commissione Igiene e Sanità del Senato; Walter Ricciardi, direttore dell’Istituto d’Igiene Università Cattolica di Roma; Ezio Zanon, responsabile del Centro Emofilia di Padova.

Secondo FedEmo, in pratica, mettere in gara, all’interno di uno stesso lotto di prodotti, farmaci biologici aventi il medesimo principio attivo ma un differente metodo produttivo, significa eludere la tutela brevettuale e mettere a repentaglio l’esistenza dei farmaci stessi ancora coperti da brevetto e frutto di ingenti investimenti per la ricerca.
“Abbiamo voluto fortemente questo incontro – ha affermato Calizzani - perché non vorremmo che fattori esterni, di natura non medica, possano condizionare le scelte terapeutiche con conseguente danno per i pazienti. Il criterio di aggiudicazione della gara, scelto dal Veneto, si è basato solo sul prezzo più basso, escludendo di fatto i farmaci più innovativi per la cura dei pazienti e quindi annullando i principi sopra indicati. Inoltre siamo fortemente preoccupati perché l’introduzione del solo criterio economico potrebbe costituire un grave precedente: ciascun paziente non potrebbe più giovarsi del trattamento a lui più indicato, con potenziali conseguenze in termini di efficacia e sicurezza, e verrebbero svalorizzate le competenze e il contributo dei diversi attori (medici dei Centri Emofilia, farmacisti ospedalieri, pazienti, etc), nell’alleanza terapeutica. Siamo consapevoli – ha osservato il presidente della FedEmo– che il contenimento dei costi rappresenti oggi una realtà con cui tutti gli attori della Sanità Pubblica debbano interfacciarsi a patto però che il risparmio non sia indiscriminato e operato sulla ‘pelle’ dei pazienti”.
Il problema sollevato da FedEmo “è di particolare delicatezza e, come conferma il dibattito sviluppatosi anche in sede parlamentare sulla tematica dei farmaci biosimilari, incide in modo significativo sul governo della spesa con rilevanti implicazioni sulla erogazione dell’assistenza”, ha spiegato il senatore Luigi D’Ambrosio Lettieri, che ha aggiunto: “Per quanto attiene poi il caso del Fattore VIII ricombinante va ricordato che esso rappresenta un caso a parte non esistendo al momento alcun prodotto biosimilare per il trattamento dell’emofilia. La delicatezza e la complessità del tema che deve coniugare la garanzia di terapie moderne ed efficaci e la sostenibilità della spesa impone una soluzione in sede legislativa che eviti di produrre incertezze in un settore che ha necessità di regole chiare e precise che devono essere chiarite con specifiche norme e non con sentenze di Tribunale”.
Oltre che sui pazienti, la decisione della Regione Veneto farà sentire i suoi effetti anche sull’attività dei medici e sul loro ruolo di prescrittori, come ha osservato Ezio Zanon, responsabile del Centro Emofilia di Padova: “Il principio della continuità terapeutica si fonda su una profonda base scientifica perché rappresenta l’unico modo di garantire una corretta farmacovigilanza. È importante sottolineare – spiega ancora Zanon - che i concentrati di Fattore VIII ricombinante per la terapia antiemofilica non sono tutti uguali. Un recente studio ha infatti dimostrato che il Fattore VIII cosidetto ‘a molecola integra’ è meno immunogenico di quello ‘senza dominio B’ e abbassa di 11 volte il rischio di sviluppo degli inibitori nel paziente emofilico”.
Un più basso livello di immunogenicità significa dunque ridurre il rischio di sviluppo degli inibitori. La somministrazione del Fattore VIII ricombinante meno immunogenico ha quindi un doppio vantaggio: la maggiore sicurezza della terapia ed un minore costo per la Sanità Pubblica. “Il trattamento del paziente emofilico richiede un approccio multidisciplinare che tenga conto non solo della sicurezza, efficacia e tollerabilità dei farmaci ma anche dei servizi di assistenza, elemento chiave per una corretta profilassi e un’efficace pianificazione e programmazione sanitaria”, ha spiegato Walter Ricciardi, Direttore dell’Istituto d’Igiene Università Cattolica del Sacro Cuore di Roma e autore del primo report al mondo di Health Technology Assessment sull’emofilia e sull’uso del Fattore VIII ricombinante di terza generazione.
 

19 ottobre 2011
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