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Covid-19 e celiachia, nessun rischio in più per chi segue la dieta e non è immunodepresso


Lo segnala il nuovo Rapporto dell'Iss contenente le indicazioni per una corretta gestione delle eprsone affette da celiachia nel corso dell'attuale epidemia. La situazione è però differente per i pazienti affetti da cekiachia "complicata", per questi devono essere applicate con rigore le misure di prevenzione dell’infezione da SARS-CoV-2, quali il distanziamento sociale e l’uso dei DPI e l’inclusione in eventuali programmi di diagnosi precoce.

06 GIU - I celiaci non sembrano presentare un maggior rischio, rispetto alla popolazione generale, di contrarre l’infezione da SARS-CoV-2 o di un avere un decorso più sfavorevole. Perlomeno le persone con celiachia non complicata (da altre patologie), che seguono rigorosamente una dieta priva di glutine, che sono in buono stato di nutrizione e che non mostrano segni clinici e sierologici di attività di malattia in corso.
 
Questo si legge nel Rapporto dell'Iss (il n. 38) “Indicazioni ad interim per un'adeguata gestione delle persone affette da celiachia nell'attuale scenario emergenziale SARS-Cov-2”, con la premessa che, comunque, non vi sono attualmente in letteratura studi che indagano direttamente il rischio di Covid-19 nei celiaci.
 
Per i pazienti affetti, invece, da celiachia complicata la situazione è un po' differente. La più frequente complicazione della celiachia, causa di immunodepressione, è l’iposplenismo, che si sviluppa solo nel celiaco adulto esposto al glutine per molti anni, e che, causando una ridotta funzionalità della milza, determina una suscettibilità ad alcune infezioni batteriche (Pneumococcus, Haemophilus Influenzae, Meningococcus). Un’altra condizione associata alla celiachia che comporta immunodepressione è il deficit di IgA (che compare nel 2% dei casi di celiachia). Infine, i pazienti celiaci affetti da complicanze neoplastiche, da celiachia refrattaria e da malattie autoimmuni vanno considerati a più alto rischio infettivo, sia per la patologia che hanno sviluppato che per l’eventuale terapia immunosoppressiva che possono stare seguendo.
 
Per questi individui, devono essere applicati con rigore le misure di prevenzione dell’infezione da SARS-CoV-2, quali il distanziamento sociale e l’uso dei DPI e l’inclusione in eventuali programmi di diagnosi precoce, promosse a livello territoriale. Inoltre, questi pazienti vanno sottoposti a profilassi vaccinale e antibiotica contro le infezioni. In particolare, la polmonite da Pneumococco è stata riportata come una frequente coinfezione del SARS-CoV-2. Uno studio pubblicato nel 2016 su Alimentary Pharmacology & Therapeutics, riporta che il rischio di contrarre polmonite da pneumococco per i soggetti celiaci è sovrapponibile a quello della popolazione generale, purché i celiaci siano a dieta senza glutine e abbiano ricevuto la vaccinazione anti-pneumococcica.
 
È inoltre dimostrato che il rischio di polmonite batterica è maggiore per i celiaci, rispetto ai soggetti sani, prima della diagnosi di celiachia, quindi nel periodo in cui erano esposti al glutine con la dieta e al conseguente danno. 
 
Vai allo speciale con tutti i Rapport Covid dell'Iss

06 giugno 2020
© Riproduzione riservata

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