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Fimmg: “Il problema della carenza dei medici di base sarà esplosivo tra il 2023 e il 2025, in Italia si aggira lo spettro della privatizzazione”


21 GIU -

“La nostra organizzazione denuncia da 20 anni che si sarebbe assistito ad un massiccio pensionamento dei nostri professionisti, con conseguenti gravi problemi per la salute pubblica. Eppure, i medici di medicina di base sono quel comparto sanitario per il quale risulta facilissimo prevedere le uscite per pensionamento: bastava analizzare i loro codici fiscali. Se, anche mettendo da parte le nostre denunce, qualcuno li avesse controllati, la crisi della “gobba pensionistica” sarebbe risultata con palmare evidenza. Per parte nostra abbiamo, anche nel recente passato, prodotto dei grafici dai quali risulta che nel biennio 2023-2025 il problema diventerà esplosivo”. Lo ha detto il segretario della Fimmg, Silvestro Scotti, nella conversazione contenuta nel “Termometro della Salute – Secondo Rapporto sul Sistema sanitario. Osservatorio Eurispes ed Enpam”, presentato oggi a Roma.

“Per “produrre” un medico di famiglia – ha ricordato Scotti - servono infatti almeno 10 anni. Non è una figura che si acquista, pagando pronta cassa, in un discount. Noi lo abbiamo detto per tempo, sperando che qualcuno ci ascoltasse e ne tenesse conto in una programmazione che, oltretutto, deve considerare le forti differenze regionali. Il Veneto, la Lombardia, il Piemonte, ad esempio, hanno già consumato completamente le graduatorie della medicina generale (che, appunto, sono regionali). Quello che si affaccia in molte aree del Paese è quindi lo spettro di una privatizzazione della sanità. Quanto poi al medico privato che sopperisce l’assenza di quello di medicina generale (che è pubblico) e “apparentemente” eroga una prestazione ad un costo basso, vanno segnalati almeno tre aspetti. Primo, il cittadino “paga” una prestazione - la visita - che il SSN dovrebbe assicurargli gratuitamente; secondo, per le eventuali prescrizioni di farmaci o di diagnostica il cittadino ancora una volta paga di tasca sua, perché certo non può immaginare o pretendere di farle ricettare dal medico di famiglia pubblico che non lo ha nemmeno visitato; terzo, con il medico “privato” si realizza un rapporto “spot” che per un verso non assicura la continuità dell’assistenza, per l’altro deresponsabilizza il professionista privato che, una volta uscito il paziente dal suo studio, non ha alcun obbligo nei suoi confronti”.

C’è poi il tema dei i 2.800 posti di formazione occupabili dal febbraio scorso e ad oggi non ancora messi al bando dalle diverse Regioni: “Tutti i giorni leggiamo di assessori e di sindaci che si lamentano per la carenza di medici di famiglia – ha aggiunto il segretario della Fimmg - mentre da febbraio potevano essere pubblicati bandi per 2.800 medici di famiglia – gli unici impostati negli ultimi due anni – e solo adesso auspicabilmente si avanzerà con quelli dell’anno scorso. Sembra quasi che il Covid, oltre agli effetti che drammaticamente conosciamo, sia un virus che è riuscito ad infettare solo i computer che contenevano i file per i bandi della medicina generale. Infatti, per altre aree della sanità pubblica le università hanno fatto regolarmente i bandi, portandoli poi avanti. Questa è una situazione totalmente inaccettabile. E dato che per lunghi mesi noi medici di famiglia siamo stati oggetto di attacchi e in molti ci hanno addirittura messo sotto accusa, c’è da chiedersi come mai il sistema della comunicazione, la politica e gli stessi cittadini non mettano sotto accusa chi non ha fatto e non sta facendo il proprio dovere, con il risultato che queste lacune hanno aggravato la già preesistente assenza di programmazione. Basti pensare che dall’aprile scorso, per una legge che noi abbiamo appoggiato, il giovane medico che entra in formazione sotto la guida di un tutor è da subito in grado di occuparsi di una quota di pazienti fino a 1.000; i 2.800 medici in formazione, dunque, già da mesi - comunque entro il prossimo dicembre - avrebbero potuto prendere in carico fino a 2,8 milioni di cittadini altrimenti destinati a rimanere senza medico di famiglia. Ora, come minimo, si deve attendere fino alla prossima primavera. Mi sembra che tutto ciò sarebbe meritevole quanto meno di una denuncia per omissione di atti di ufficio”.


Quindi, ha concluso Scotti, “se vogliamo veramente mantenere alto lo stellone della sanità pubblica, dobbiamo valorizzare tutti quegli elementi e quelle modalità operative che ne hanno rappresentato dei veri fiori all’occhiello. Tra questi, certamente c’è il ruolo dei medici di medicina generale che, pur in un rapporto da professionisti in convenzione, nella sostanza sono uno dei principali presìdi “pubblici” del nostro sistema sanitario, caricandosi di oneri e di impegni per assicurare, attraverso le convenzioni con le diverse Regioni, l’assistenza sanitaria di base a tutti i nostri cittadini. Un modello che va valorizzato, e non emarginato”.

 



21 giugno 2023
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