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Mastrobuono (Tor Vergata): “Servono precisi e immediati interventi normativi”


06 GIU - L’intervento di Isabella Mastrobuono, direttore sanitario aziendale Fondazione Policlinico Tor Vergata, al Welfare Day svolto ieri a Roma e dedicato ai fondi di assistenza sanitaria integrativa (scarica le slide dell'intervento).

"La recente Legge costituzionale del 20 aprile 2012, n.1 (G.U. n.95 del 23 aprile 2012) ha introdotto l’obbligo del pareggio di bilancio nella Costituzione che interesserà tutti i settori della spesa pubblica e quindi anche sanità e sociale.

In Italia, le prestazioni di protezione sociale ammontano a 412.255 milioni di euro, in aumento del 2,5% rispetto al 2009, di cui il 25,6%, e cioè 105.537 da ascrivere alla sanità (7,1% del Pil, tra i più bassi d’Europa), 32.980, pari all’8%, all’assistenza, e 273.768, pari al 66,4%, alla previdenza. La spesa sanitaria è stata pari a 113.457 milioni di euro nel 2010 (7,3% del PIL) cresciuta di oltre 11 miliardi di euro dal 2007, mentre il finanziamento tende proporzionalmente a diminuire, attestandosi per il 2010 a 106 miliardi di euro. Il recente DPEF (anno 2012) prende atto della riduzione della spesa nell’anno 2011 ma stabilisce anche che essa è comunque destinata a crescere, a partire dal 2013, del 2,4%.

Sul finanziamento pubblico, graveranno le scelte governative più recenti (legge 11 del 15 luglio 2011), e cioè l’introduzione del tetto nazionale per i dispositivi medici, la riduzione della tetto della farmaceutica territoriale al 12,5%, e, a partire dal 2014, l’introduzione di ulteriori tickets per un valore di 2 miliardi di euro e per i quali è stata avanzata l’ipotesi di una franchigia in relazione al reddito lordo entro la quale il cittadino deve pagare tutte le prestazioni di cui usufruisce, e al di sopra della quale tutto è gratuito: scomparirebbero così le attuali soglie di reddito. Sul finanziamento pubblico pende anche l’applicazione, prevista entro il 2013,  dei costi e fabbisogni standard del D.Lgs n.68 del 6 maggio 2011 in applicazione della legge 42 del 5 maggio 2009 sul federalismo fiscale,sulla base del quale sono state avanzate proiezioni che vedono il finanziamento in diminuzione sulla base del benchmark con le regioni più virtuose (104 miliardi di euro secondo Pamolli, 2011).

Uno scenario complesso che potrebbe favorire la sanità low-cost (non necessariamente low-quality), la cui crescita annua è calcolata intorno al 20-30% con un mercato del valore di 10 miliardi di euro.

Parallelamente alla spesa pubblica è presente in Italia una spesa privata (pari a oltre 30 miliardi di euro) che si caratterizza per essere più alta rispetto a tutti i Paesi dell’area Euro sostenuta per la maggior parte di tasca propria dai cittadini (82%), mentre il 13,9% è veicolato dai fondi integrativi sanitari (settore in forte crescita) e solo il 3,7% dalle Assicurazioni.
Globalmente, la spesa sanitaria pubblica e privata ammonta a 144 miliardi di euro, pari al 9,5% del PIL (in linea con i Paesi dell’area Euro e appena inferiore al 9,6% dell’area OECD).

La spesa per l’assistenza, invece, comprende una serie di voci eterogenee ed i finanziamenti derivano da più istituzioni: lo Stato, le Regioni, i Comuni (per circa 6 miliardi nel 2008), l’Europa attraverso fondi dedicati, le Fondazioni attraverso le donazioni: un sistema complesso di rivoli finanziari con le più diversificate forme di accesso da parte dei cittadini. Sono comprese in questo settore, che vale circa 30-32-miliardi di euro, prestazioni economiche erogate a cittadini in possesso di determinati requisiti di legge (reddituali, età, sanitari,) indipendentemente dal fatto che gli aventi diritto abbiano versato contributi previdenziali e assistenziali:assegni sociali, assegni di invalidità, pensioni di inabilità, indennità di frequenza, pensioni per ciechi totali e parziali, pensione per sordi, indennità di comunicazione, assegni per nuclei familiari disagiati.

Su questa spesa si abbatteranno i provvedimenti recenti di stabilizzazione finanziaria (legge 148 del 14 settembre 2011) che riduce di 6,5 miliardi nel 2012 il finanziamento agli enti locali, fino agli 11,4 miliardi del 2014, mentre dalla riforma dell’assistenza (assegni di invalidità, pensioni di reversibilità) dovranno ottenersi, entro il 2014, risparmi per 20 miliardi di euro, pena il taglio di tutte le agevolazioni fiscali vigenti. A tale proposito, il Governo è stato delegato ad emanare una riforma fiscale e assistenziale che integri ed armonizzi le risorse destinate al sociosanitario e promuova la “welfare society” e le realtà del terzo settore.

Il Governo Monti ha emanato la normativa fiscale e all’articolo 5 della legge “Salva Italia” n. 214 del 27 dicembre 2011 ha previsto, entro maggio 2012, un decreto del presidente del Consiglio dei ministri per stabilire le modalità di determinazione dell’ISEE per la concessione di agevolazioni fiscali e benefici assistenziali: i risparmi sono riassegnati al fondo per le politiche sociali per interventi in favore delle famiglie numerose, delle donne e dei giovani.

In questo scenario sono a rischio soprattutto le prestazioni sociosanitarie, i servizi per eccellenza destinati ai soggetti non autosufficienti, soprattutto anziani, e cioè l’assistenza domiciliare e la residenzialità.

Allo stato attuale in Italia sono presenti 242.028 posti letto residenziali e semiresidenziali (Anaste 2011) a fronte di un fabbisogno (su valori internazionali) di 496.198 (dati Commissione nazionale per la definizione e l’aggiornamento dei LEA- 2007), e l’ADI viene erogata a 526.568 anziani  (22 ore di assistenza su base annua-dati Ministero della salute 2009 confermati dalla Ricerca Agenas del 28 marzo 2012) a fronte di un fabbisogno almeno pari al 6%, e cioè 870.000 assistiti (per almeno 8 ore a settimana, come da valori internazionali) con la necessità di almeno 400.000 figure professionali aggiuntive.

Il tema è di strategica importanza in un Paese, l’Italia, dove nel 2011, la popolazione di soggetti di età eguale o superiore a 65 anni è di 12.301.537 persone, pari al 20.3% del totale della popolazione di 61.016.804 abitanti ed i trend demografici evidenziano per il prossimo futuro un aumento della popolazione anziana fino ad oltre il 30% della popolazione totale con un incremento di quella ultrasettantacinquenne (+25%, pari a più di 1.400.000 persone soprattutto donne nei prossimi 10 anni).

I soggetti anziani non autosufficienti gravi nel Nostro paese sono oltre 1 milione, al quale aggiungere almeno 400.000  soggetti più giovani, al di sotto comunque del 65esimo anno di età, ed il loro numero è destinato ad aumentare nei prossimi anni, anche prevedendo il più “roseo” degli scenari.

In questo contesto, nel nostro Paese, si inseriscono i fondi sanitari e sociosanitari integrativi (casse, fondi di categoria e società di mutuo soccorso) definiti quali “Organizzazioni prevalentemente private, variamente nominate, che raccolgono, su base volontaria, risparmio dei singoli cittadini o di gruppi di cittadini o risparmio di tipo contrattuale, al fine di fornire prestazioni che integrano quelle assicurate dal Servizio sanitario nazionale, secondo modalità non orientate al profitto”.

Il mondo dei fondi integrativi è cresciuto nel tempo, dagli iniziali 1.500.000 circa del 1998 (Mastrobuono, 1998) agli attuali 6.300.000 (Labate, 2008).

In tutti i contratti di lavoro, dai trasporti al bancario, dal commercio al turismo, dall’edilizia alle grandi catene alberghiere, sino al mondo delle professioni (avvocati, medici, commercialisti, etc) sono previste forme integrative di assistenza  per gli iscritti ed eventualmente i loro familiari, in alcuni casi anche per i lavoratori pensionati con contributi ad esclusivo loro carico. All’anagrafe dei fondi istituita presso il Ministero della salute nel 2010 ai sensi dei decreti ministeriali scaturiti dai lavori della Commissione sopra citata, nel 2011 si sono iscritti 293 fondi, di cui 254 con attestato per accedere alle agevolazioni fiscali previste dalla normativa. L’83% dei 293 fondi iscritti ha esclusivo fine assistenziale, il 17% è costituito da fondi DOC. L’11% è costituito da fondi aperti, l’89% da fondi chiusi categoriali. Il numero degli iscritti è stato dichiarato solo dal 69% dei fondi (201 in tutto) per un totale di 3.367.000 persone su un totale stimato di 5 milioni di aderenti.  

In quasi tutti i casi le prestazioni erogate dai fondi sono le stesse del Servizio sanitario nazionale, si tratta cioè di fondi sostitutivi che in percentuali diverse erogano prestazioni non comprese nei livelli essenziali di assistenza. E’ difficile stabilire a quanto ammonti il portafoglio dei fondi integrativi oggi, ma da stime condotte a cura di numerose organizzazioni (ANIA), esso dovrebbe essere pari al 14% circa del totale della spesa sanitaria privata degli italiani , e cioè 4.5 miliardi di euro su un totale di 30 miliardi circa.

La disciplina dei fondi integrativi è costellata da numerosi provvedimenti legislativi, spesso tra loro contraddittori ma è con la legge n 244 del 2007 ( finanziaria per il 2008 art.1, comma 197), ed il successivo decreto del 31 marzo 2008, frutto del lavoro della Commissione nominata allora dal ministro Turco, che si gettano le basi concrete per lo sviluppo dei fondi attraverso tre azioni fondamentali: l’estensione degli ambiti di intervento dei fondi alle prestazioni sociosanitarie, maggiormente gravate oggi dai tagli alla spesa soprattutto sociale, l’armonizzazione fiscale con la deduzione fino a 3615,20 euro, la costituzione dell’anagrafe dei fondi presso il Ministero della salute. Particolare rilievo, nell’ambito di intervento dei fondi, quello di garantire nella misura non inferiore al 20 per cento dell’ammontare complessivo delle risorse destinate alla copertura di tutte le prestazioni garantite ai propri assistiti, alle prestazioni sociosanitarie e di assistenza odontoiatrica.

Il successivo decreto ministeriale del 27 ottobre 2009 del Ministro Sacconi, oltre ad istituire l’Anagrafe presso il Ministero della salute, ha meglio definito l’ambito delle prestazioni vincolate:

    Prestazioni sociali a rilevanza sanitaria da garantire alle persone non autosufficienti al fine di favorire l’autonomia e la permanenza a domicilio;

    Prestazioni sanitarie a rilevanza sociale da garantire alle persone non autosufficienti in ambito domiciliare, semiresidenziale e residenziale;

    Prestazioni finalizzate al recupero della salute dei soggetti temporaneamente inabilitati da malattia o infortunio;


    Assistenza odontoiatrica compresa fornitura di protesi dentarie.

Se il valore del portafoglio dei fondi è davvero pari a circa il 14% del totale della spesa sanitaria privata sostenuta dai cittadini italiani, e cioè 4,5 miliardi di euro, il 20% si esplicita in circa 900 milioni di euro da destinare a queste prestazioni.

Il coinvolgimento dei fondi si può riassumere nelle seguenti iniziative, che richiedono però precisi ed immediati interventi sul versante normativo con la emanazione dei decreti ancora mancanti per il loro migliore funzionamento.

A)     Garantire, attraverso i fondi, il collegamento dei settori sanitario e sociale/sociosanitario ad integrazione dei servizi pubblici. A tale scopo è possibile individuare specifici pacchetti di prestazioni finanziati su base collettiva/aziendale con copertura garantita tanto ai sottoscrittori, per servizi, prestazioni e attività incluse o escluse dai LEA o erogati con limitazioni, quanto ai loro familiari (non solo anziani), per la tutela contro il rischio di non autosufficienza. Potrebbero, in questo modo, essere creati dei pacchetti prestazionali per nucleo familiare esteso (che includa anche il familiare più anziano), garantendo ai sottoscrittori le prestazioni sanitarie (per esempio le prestazioni specialistiche ambulatoriali)più richieste e per i loro familiari con problemi di non autosufficienza alcune prestazioni sociali e sociosanitarie (vedi assistenza domiciliare e residenziale). Si tratterebbe di un esempio pragmatico di solidarietà generazionale e di responsabilizzazione della collettività. Vi sono già oggi fondi integrativi orientati a tale scopo, che hanno tra gli iscritti soggetti anziani con problemi di non autosufficienza. Il problema è come orientare quel 20% delle risorse verso le prestazioni sociali che nel caso di iscritti molto giovani sono di difficile erogazione per gli stessi ma lo potrebbero essere per i loro cari.  

B)     Sempre in tale ottica ed in coerenza con tali principi, il campo di applicazione dei fondi potrebbe essere esteso a quelle prestazioni che, anche se ad oggi garantite dal SSN, in futuro potrebbero essere escluse dai LEA, attraverso l’introduzione di criteri selettivi. Potrebbe, infatti, essere particolarmente vantaggioso costituire un “paniere dinamico” delle prestazioni, attività e servizi erogabili con i fondi, che sia in grado di raccogliere quelle stesse prestazioni che in base ai vari indicatori/parametri definiti dal legislatore dovessero risultare escluse dal SSN o erogate con forti limitazioni. Ci si riferisce al settore delle prestazioni gravate da inappropriatezza (soprattutto prestazioni ambulatoriali chirurgiche e mediche) che oggi i fondi integrativi erogano ai propri iscritti e che con l’introduzione di ulteriori tickets, potrebbero essere più vantaggiosamente essere ottenute nel privato (vedi la sanità low cost). Ecco perché si ritiene che aumenti incondizionati dei tickets siano dannosi e che i fondi potrebbero, anziché rimborsarli, orientare le risorse verso l’erogazione di servizi e pacchetti di prestazioni.  

Per questo appare importante:

C) Sviluppare un nuovo concetto di accreditamento, intendendo con esso l’insieme dei requisiti di qualità necessari affinché sia data garanzia ai cittadini dei più elevati livelli qualitativi delle prestazioni da parte degli erogatori in grado di attrarre sia le risorse provenienti dal SSN sia quelle dei fondi/mutue/assicurazioni.

D) Inserire i fondi nelle politiche di contrattazione sindacale, nazionale, a livello di comparto, e a livello di contrattazione integrativa/aziendale. E’un tema di grande interesse per categorie di lavoratori sempre più estese, rappresentando un'esigenza di sicurezza particolarmente sentita dagli stessi. Al tempo stesso, appare tendenzialmente favorevole a quest’ipotesi anche l’atteggiamento dei datori di lavoro, oltreché per gli indubbi vantaggi fiscali e contributivi, anche per i positivi riflessi che ne possono derivare in ambito di relazioni sindacali e di miglioramento della qualità dell’ambiente lavorativo, in una logica di cooperazione e solidarietà.

E) Sviluppare la connessione e l’integrazione dei fondi con le realtà istituzionali del territorio (Regioni, Comuni, ASL ed altri enti territoriali ed i soggetti che operano nel mondo del no profit), passando anche attraverso la costituzione di Osservatori Regionali per sperimentare modelli di sviluppo dei fondi/mutue/assicurazioni, anche differenziati per regione o macro aree geografiche (Nord, Centro, Sud), che tengano conto della specificità delle singole realtà.

F) Istituire un Tavolo congiunto tra istituzioni afferenti al settore sanitario e tutte le realtà che operano nel sociale al fine di individuare soluzioni comuni ed affrontare in modo uniforme e coordinato le problematiche relative ai disagi sociali, alla povertà ed alle condizioni di accesso ai sistemi di protezione sociale. Si ricorda che anche il tema della povertà è affrontato come connotazione non solo economica, ma strettamente connessa con i bisogni di salute e di assistenza sanitaria, sociosanitaria e sociale. Ed un moderno sistema di welfare deve avere come obiettivi prioritari l’adozione di misure atte a fronteggiare condizioni di povertà e di bisogno e lo sviluppo di modelli assistenziali più equi e solidali, anche attraverso la promozione di fondi integrativi su base regionale o comunale.

La crisi economica può essere un’occasione per costruire una moderna riforma dello stato sociale capace di rispondere all’evoluzione della domanda di servizi, con un impegno condiviso tra istituzioni, mercato sociale, terzo settore, privato profit e non profit, associazioni dei cittadini, potenziando nuove modalità di collaborazione tra pubblico e privato, nel rispetto dei principi di equità e solidarietà generazionale, ma anche secondo logiche di efficiente gestione delle risorse e dei finanziamenti, guardando alla spesa privata come ad una risorsa capace di salvaguardare i cittadini e di garantire loro da una parte la responsabilità diretta di scelta delle prestazioni e, dall’altra, la trasparenza nell’utilizzo delle loro risorse per un pieno accesso ed uso del diritto alla salute garantito dalla Costituzione".
 

06 giugno 2012
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