Per contenere la spesa basta cacciare il Dg?
di Tiziana Frittelli
La regione Puglia ha recentemente approvato una norma che prevede la possibilità di "licenziare" i direttori generali delle aziende sanitarie qualora non siano superati gli obiettvi assegnati per il contenimento della spesa farmaceutica, con specifico riferimento a quella "diretta". Questa opzione risolutiva ex lege appare sovradimensionata, e, per certi aspetti, meramente penalizzante e distorsiva, rispetto ai complessivi assetti di sistema e al variegato ed articolato quadro delle responsabilità che presidiano i vari livelli di tale sistema
21 MAR - La Regione Puglia, con legge rubricata “
Misure di contenimento della spesa farmaceutica”, ha recentemente approvato una serie di disposizioni normative - volte al raggiungimento di una maggiore responsabilizzazione delle Aziende Sanitarie regionali con riguardo alla riduzione della spesa farmaceutica, con specifico riferimento alla spesa farmaceutica diretta - tra le quali, in particolare, quella che prevede, per i Direttori generali aziendali, la decadenza dall’incarico, per dettato di legge, in caso di non conformità agli obiettivi assegnati in tale settore.
Tale legge, di soli tre articoli - pur prefigurando e regolando, in termini strutturali e funzionali, uno specifico “
servizio di monitoraggio” intraziendale volto a contrastare eventuali sforamenti dei tetti di spesa con cadenza temporale bimestrale, con particolare riferimento alle eventuali criticità in fase di attività prescrittiva (articoli 1 e 2) - prevede, infatti, conclusivamente, “
la decadenza per dettato di legge del Direttore generale”, genericamente e apoditticamente correlata, più in generale, alla “
inadempienza dell'Azienda sanitaria e ospedaliera al mantenimento dei tetti annuali della spesa farmaceutica e dei gas medicali” (comma 4, articolo 3)
Questa opzione risolutiva
ex lege appare sovradimensionata, e, per certi aspetti, meramente penalizzante e distorsiva, rispetto ai complessivi assetti di
sistema e al variegato ed articolato quadro delle responsabilità che presidiano i vari livelli di tale sistema.
Tale asimmetria - tra la portata ed efficacia di detta misura decadenziale e la reale e diversificata articolazione delle criticità (e delle responsabilità) di sistema nel campo della spesa farmaceutica - appare evidente già in base a quanto riportato nella stessa relazione di accompagnamento alla proposta di legge regionale, che, infatti, traccia, con evidenza, rispetto al fenomeno del disallineamento tra spesa programmata e quella reale, una serie di fattori, di non poco momento, definiti come “
esogeni”, comunque indipendenti, cioè, dalla diretta responsabilità ascrivibile alla figura del direttore generale di Azienda sanitaria: “
l’emergenza Covid”; “
la modifica delle norme statali sul complesso meccanismo del PayBack farmaceutico”; “la continua immissione in commercio da parte di Aifa di numerosi nuovi farmaci ad alto costo con inevitabile aumento dei costi medi di trattamento”.
Ma anche con riguardo agli stessi c.d. fattori “
endogeni”, la relazione richiama alcuni pregiudiziali fattori la cui “giurisdizione” appare difficilmente riferibile alla diretta responsabilità e al controllo della figura del Direttore generale di Azienda, quali, ad esempio, le attuali criticità afferenti l’organizzazione funzionale del “
soggetto aggregatore” regionale sovra-aziendale - strumento principale “
per consentire un controllo e una riduzione sui prezzi dei farmaci” – che, come riportato nella relazione, “
non è ancora strutturato con specifiche competenze interne per le gare sui farmaci”.
E sempre tra i fattori disfunzionali c.d. “
endogeni”, tracciati con la massima evidenza nella relazione, è richiamata la “
resistenza da parte dei medici specialisti nella scelta delle terapie con maggior rapporto di costo-efficacia, e dunque verso la scelta di farmaci generici o biosimilari”: la “
eliminazione” di questa “resistenza” sembra assumere determinante rilievo nel disegnare l’assetto delle responsabilità degli stessi Direttori e, correlatamente, della loro decadenza per legge a fronte dell’insufficiente presidio di tale fattore.
È questo il punto più discutibile o, meglio, a parere di Federsanità, inaccettabile. Pur, ovviamente, riconoscendo e concordando in ordine alla circostanza che, nel monitoraggio del consumo dei medicinali non si può certamente prescindere dall’analisi dei profili di appropriatezza d’uso, individuando indicatori idonei a rappresentare le scelte prescrittive del medico e le modalità d’uso del farmaco da parte del paziente, non sembra assolutamente congruo ascrivere alla conclusiva responsabilità del Direttore generale il “
superamento” della resistenza da parte dei medici specialisti nella scelta delle terapie con maggior rapporto di costo-efficacia.
I Direttori Generali, al fine di “concorrere” al raggiungimento dell’obiettivo della riduzione della spesa farmaceutica, hanno sicuramente il potere di individuare e adottare misure per il rispetto di tali tetti di spesa, di potenziare le attività di controllo finalizzate alla verifica e alla valutazione periodica dell’appropriatezza delle prescrizioni farmaceutiche a maggior costo ma certamente non possono intervenire in via diretta sull’appropriatezza prescrittiva. Tale competenza è affidata in modo esclusivo allo specialista e ciò rende incongrue le previsioni regionali in commento, che, invece, ripongono conclusivamentein capo ai Direttori Generali tale specifica funzione e responsabilità.
Viene, poi, da chiedersi, al riguardo, con quale serenità i direttori generali pugliesi si preoccuperanno dell’aderenza terapeutica, anche a fronte, come noto, delle pervasive istanze, sostenute dalle associazioni dei pazienti, comunque volte allo sviluppo della innovatività farmacologica indipendentemente da considerazioni concernenti il distinto profilo della “sostenibilità”, profilo che afferisce al diverso e superiore livello della valutazione e decisione politica.
Così come prospettata, la norma di legge regionale sembra spinta esclusivamente dalla necessità di trovare un “
capro espiatorio” nell’ambito di un ben più complesso “
sistema”, che, ad oggi, a vari livelli, richiede l’esperimento di più strutturali interventi.
La stessa configurazione dei rapporti convenzionali con la medicina di base e quella specialistica - nel cui ambito si “forma” la domanda prescrizionale dei farmaci - non favorisce, allo stato attuale, il controllo e la piena responsabilizzazione dei professionisti in assenza di uno strutturato sistema di budget premiale/sanzionatorio correlato al contenimento della spesa indotta dalle loro attività prescrittive.
Più in generale - a proposito di criticità diffuse e sistemiche solo in parte “aggredibili” da misure e linee guida riconducibili alle esclusive competenze e responsabilità del singolo Direttore generale aziendale - la stessa relazione alla legge regionale in commento, dà conto, tra l’altro, dell’ “
elevato fenomeno induttivo di spesa per acquisto diretto di farmaci generato dalla prescrizione dei medici specialistici operanti presso le Aziende Ospedaliero-Universitarie e gli Irccs nei confronti delle Asl” nonché della esigenza della “
rimozione di tutte le situazioni di conflitto di interesse, anche potenziale, che possano influenzare il comportamento prescrittivo dei medici specialisti”.
E sempre in questa prospettiva generale - volta a tenere in adeguata considerazione le criticità generali di sistema, non certamente risolvibili con la semplicistica rimozione del Direttore generale aziendale - è
notizia di questi giorni che la spesa farmaceutica per acquisti diretti (spesa ospedaliera) nel 2021 oltrepasserà nuovamente il tetto programmato per legge, nonostante i decreti del 2020 e del 2021, che, per affrontare la pandemia da Covid-19, hanno già aumentato il finanziamento complessivo della sanità e cambiato l’attribuzione delle percentuali di finanziamento dedicate agli acquisti diretti (che sono passate dal 6,89% al 7,85%, incluso lo 0,2% dedicato ai gas medicinali).
Secondo i recenti calcoli di IQVIA, il disavanzo della spesa per acquisti diretti per farmaci sarà compreso tra i 2 e i 2,1 miliardi di euro e di questi la metà, cioè 1 - 1,05 miliardi, dovrà essere ripianata dalle aziende farmaceutiche mentre la restante parte sarà pagata dalle singole Regioni in base al loro superamento del budget assegnato, con esclusione da questo computo dei farmaci innovativi e innovativi oncologici appostati su altri fondi (dal 2022 su un fondo unificato)
A tale riguardo, è opportuno richiamare le recenti dichiarazioni di
Sergio Liberatore, amministratore delegato di IQVIA Italia: “
Nonostante l’aumento nel 2021 del tetto della spesa per acquisti diretti e l’unificazione dei due fondi per i farmaci innovativi in un unico fondo da un miliardo a partire dal 1° gennaio 2022, la spesa farmaceutica rimane sotto-finanziata. E’ improprio fissare un tetto di spesa farmaceutica così basso quando si sa che verrà sfondato per oltre due miliardi di euro ed è pertanto importante che questo tema torni a essere una priorità della politica”.
“Il progredire della scienza ha permesso di avere a disposizione farmaci innovativi più efficaci che permettono di curare patologie complesse e di prolungare la vita dei pazienti. Attualmente c’è una ricca pipeline di prodotti innovativi per patologie per cui non ci sono terapie attualmente (dall’oncologia all’Alzheimer, dalla distrofia muscolare alla broncopneumopatia cronica). Sarebbe importante allungare la durata del periodo di innovatività - che attualmente è fissata in tre anni - per i farmaci per i quali non siano disponibili alternative terapeutiche al momento della perdita dello status di innovatività. Purtroppo, appena questi prodotti perdono lo status di innovatività, incidono pesantemente sulla spesa corrente”.
Francamente, di fronte a queste complessive considerazioni, sembra alquanto riduttivo - e, allo stesso tempo, distorsivo - ricorrere, da parte del legislatore a semplificazioni normative come quella in commento, piuttosto che affrontare nodi istituzionali e politici di più impegnativo momento.
Tiziana Frittelli
Presidente di Federsanità
21 marzo 2022
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