Quotidiano on line
di informazione sanitaria
19 MAGGIO 2024
Studi e Analisi
segui quotidianosanita.it

Case della Salute e Case della Comunità. Uguali o diverse?

di Bruno Agnetti

Purtroppo occorre constatare che, al momento,  le comunità sono smarrite, frantumate, frullate dalla globalizzazione e dai recenti avvenimenti sanitari ed economici. In questo senso il termine “Casa della Comunità” appare quindi ancor  più fuori contesto, instabile e senza reali punti o radici  di riferimento

10 APR -

Il termine “Casa della Salute” (CdS) contiene la specificazione di una funzione o di una attività che, si intuisce, possa essere svolta in quella struttura. Quando invece si parla di “Casa della Comunità” (CdC) il contenuto comunicativo supera l’indicazione logistica e tende a dare come acquisita la presenza di una maggiore complessità.

Bauman ci ricorda come il desiderio di comunità sia molto forte ma richieda una carica generativa naturale e “tacita” proprio per una sua intima problematicità relazionale. Di contro le “comunità” che devono farsi sentire o valere o fanno sfoggio delle loro iniziative si autoeliminano come “comunità” in quanto contraddittorie. Possono essere imprese, gruppi di studio, progetti di scopo, portatori di interessi ma non comunità.

Il DM 77 (2022 e GU n.144) definisce la CdC come struttura socio-sanitaria che entrerà a far parte del SSN: per il momento, quindi, è ancora tutto da vedere...

Il Dgr n.291 del 2010 (78 pagine) della Regione Emilia-Romagna (documento antesignano sulle Case della Salute) definisce la CdS come punto di riferimento certo per i cittadini al quale ci si può rivolgere per trovare una risposta ai propri problemi di salute. E’ un presidio distrettuale a complessità diversificata (CdS piccola-media-grande) e ogni quartiere o territorio avrebbe dovuto avere la propria CdS anche se la vera innovazione era costituita “solo dalla CdS grande.

SCHEDA RIASSUNTIVA DEI SERVIZI E DELLE FUNZIONI DI UNA CASA DELLA SALUTE GRANDE

Nel 2013 la delibera Regionale della Regione E-R n.117 completava il pregresso DGR n.291/2010 (Modello organizzativo territoriale regionale fondato sulla CdS) prevedendo, almeno nelle CdS “Grandi”, strumentazioni specialistiche e diagnostiche complesse ma anche la presenza di strutture intermedie e di letti osservazionali (termine più corretto del più “discorsivo” ed ambiguo Ospedale di Comunità o OSCO).

Nel 2015 infine le linee di indirizzo regionali sancivano la partecipazione delle comunità e delle associazioni di cittadini che venivano definite “indispensabili” per il funzionamento delle Case della Salute.

Si completava così un percorso culturale teorico ed innovativo per riordinare l’assistenza di base territoriale.

Ciò nonostante si iniziavano a percepire da subito alcuni movimenti contro-riformisti al fine di recuperare un controllo burocratico-prescrittivo forse sfuggito inavvertitamente con i documenti emanati dal 2010 al 2015. Ad esempio tra il 2013 al 2015 compaiono le prime bozze finalizzate alla “prefabbricazione” dall’alto di associazioni di volontariato ingegnerizzate a tavolino mettendo così a rischio idee e intuizioni innovative caratteristiche di un volontariato libero ed autonomo e alla fine hanno consegnato alla mano paternalistica e rassicurante del potere amministrativo “controllante” almeno la parte sovra-ordinata del così detto terzo settore.

Nel 2016 con la delibera n. 388 del 2016 viene poi, improvvisamente, (a conferma delle avvisaglie percepite nel periodo 2013-2015), varata la contro-riforma di tutta la pregressa sistematizzazione innovativa sulle CdS. Il revisionismo burocratico riprende il sopravvento ed inserisce, nei documenti relativi alle CdS, normative rigide e protocolli “a silos” difficilmente conciliabili con la cultura dell’integrazione o della co-produzione multiprofessionale, multidisciplinare e multisettoriale sviluppatasi intorno al fervore creatosi con la delibera del 2010 sulle CdS.

Nel 2021 viene approvato il piano detto PNRR per rilanciare l’economia italiana dopo la pandemia. Al nostro paese vengono assegnati 191,5 miliardi: il 36,5% a fondo perduto e il 63,5% (121 miliardi) in prestito. Con la così detta Missione 6 del PNRR vengono elencati gli obiettivi di tipo sanitario relativi al piano e al finanziamento specifico.

Il DM 77 ( decreto 23 maggio 2022 del Ministero della salute) è il documento che contiene il regolamento attuativo per lo sviluppo nazionale della stessa Missione 6.

Tra le numerose indicazioni alcune disposizioni meritano forse qualche argomentazione.

L’assistenza domiciliare dovrà raggiungere percentuali richieste dalle nuove normative ma questo richiederà il superamento di qualche contraddizione operativa in quanto pare che i Distretti (benedetti come “perni” del riordino delle cure primarie dal DM77) possano paradossalmente essere la causa principale della riduzione del numero delle Assistenze Domiciliari.

Gli Infermieri di comunità in molte realtà sono una attività preziosa e perfettamente operativa da anni (NCP Nuclei di Cure Primarie infermieristiche di quartiere).

Le USCA (Unità Speciali di Continuità Assistenziali) utilissimi sostegni per la medicina di base, soprattutto nelle pandemie, inserite nei territori nel periodo covid per DPCM, sono state poi abolite, successivamente riattivate, ri-annullate di nuovo, infine, come si dice quando si vogliono tagliare i servizi, razionalizzate…

Le Cure Palliative si trascinano da anni snervanti incoerenze. Pur essendo un tipo di assistenza fondamentale e “ontologica” per la medicina generale da qualche parte si asseconda l’insano dubbio che il mmg possa “non” rappresentare il primo palliativista di riferimento per il paziente che ha esercitato la scelta fiduciaria per quello specifico medico (forse pensando proprio ad una eventuale propria terminalità). Se invece la “palliazione” deve essere istituzionalizzata come attività specialistica a se stante, con strutture riservate, con direttori, responsabili e coordinatori… bisognerebbe almeno immediatamente, seduta stante, abolire le vergognose (forse eccessivamente confidenziali) liste d’attesa (sic!).

SCHEDA RIASSUNTIVA DELLE CARATTERISTICHE DISTINTIVE TRA CdS e CdC

SINTESI DELLE CARATTERISTICHE DELLA CASA DELLA SALUTE

(delibera regionale 228/2010)

A seguito di un Intervento del Ministro della Salute Livia Turco sul tema delle Case della Salute del 22 marzo 2007, la regione Emilia Romagna pubblica una Delibera Regionale Emilia- Romagna DGR 228/2010, GPG/2010/ 228 inerente le Case della Salute che subirà poi successive modifiche fino al 2015-2016. Una delibera regionale è un atto ufficiale espresso dalla Giunta e dalla Assemblea Regionale con la quale vengono assunte decisioni con valore legislativo. La delibera regionale dell’E-R sulle CdS farà da modello normativo per tutte le altre regioni italiane.

SINTESI DELLE CARATTERISTICHE DELLA CASA DELLA COMUNITA’

(DM 77/2022)

Un decreto ministeriale (DM) è un atto amministrativo emanato da un ministro nell'esercizio della sua funzione e nell'ambito delle materie di competenza del suo dicastero. Attraverso la forma del Decreto Ministeriale possono essere poste norme generali e astratte ( “cornice normativa”) ma anche disposizioni particolari. Nel primo caso il decreto riveste la natura di un regolamento come fonte autonoma e autorevole; nel secondo caso sarebbe un mero atto amministrativo.

In ogni caso un DM raggiunge il vertice della scala gerarchica delle documentazioni relative alla così detta RIFORMA dell’ASSISTENZA TERRITORIALE.

Il DM 77 è quindi una legge di riforma che è sovraordinata agli ACN, agli Accordi Regionali e Agli Accordi Locali. Il DM 77 è una emanazione delle condizioni riformatrici poste in agenda da PNRR (Missione 6).

· E’ un presidio del Distretto

· E’ un “luogo” connotato da un “logo” (visibilità e riconoscibilità, accoglienza, segnaletica, spazi, servizi, percorsi di cura integrati…)

· Garantisce la continuità dell’assistenza, la prossimità delle cure, la facilità di presa in carico, l’integrazione multiprofessionale e multidisciplinare

· Dimensioni: piccola, media e grande. E’ la sede di accesso ed erogazione dei servizi socio sanitari e socio assistenziali:

· Assistenza primaria è inserita ( non obbligatoriamente) nella CdS come Medicina di Gruppo per i mmg, e sono previsti anche i PLS, gli infermieri, gli specialisti, le ostetriche, gli assistenti sociali …

· Rimangono gli studi medici (singoli o di proprietà) e le aggregazioni territoriali dei mmg in strutture che non siano CdS che garantiscono aperture adeguate all’interno dello sviluppo organizzativo dei NCP

· Sevizi consultoriali, CSM, Igiene Pubblica

· Centri diurni riabilitativi, assistenziali, residenziali e strutture intermedie ( es.: Ospedali di Comunità e Hospice)

· Prevede la partecipazione della comunità e delle associazioni di cittadini come elemento fondamentale per il funzionamento della CdS

· Il perno del disegno di riordino del DM 77 è il Distretto

· La Casa della Comunità è una componente del distretto (fondamentale) dove i cittadini potranno trovare assistenza H24 ogni giorno della settimana

· E’ un luogo fisico di prossimità sede privilegiata per la progettazioe e l’erogazione di interventi sanitari e di integrazione sociale.

· La Casa della Comunità hub ha caratteristiche standard valide per l’intero SSN

· Rimangono gli studi medici ( singoli o di proprietà) dei mmg che vengono definiti spoke delle Case della Comunità che garantiranno con una organizzazione in rete l’apertura h12 sei giorni su sette

· L’Ospedale di Comunità è all’interno del distretto e avrà funzioni rivolte al post ricovero e, in caso di necessità anche a situazioni domiciliari particolarmente complesse

Nel 2021 e 2022 sono nate moltissime associazioni, organizzazioni, gruppi di studio, formazioni che si sono dedicate alla elaborazione documentale del PNRR sanitario territoriale ed in particolare delle CdC proprio per tentare di commentare, modificare, interpretare, integrare la definizione delle CdC contenuta nei documenti ufficiali (es.: DM 77 difficilmente comprensibili o attuabili ) tanto che è possibile leggere numerose definizioni interpretative delle CdC. che tuttavia restano dichiarazioni di intenti non ufficiali anche se culturalmente interessanti.

Il confronto “a colonne” tra le caratteristiche delle CdS con quelle delle CdC non danno l’impressione di palesare “differenze epocali” e pare che il culmine del divario stia solo nelle denominazioni (da CdS a CdC) e di conseguenza nella cartellonistica. Se poi si desidera soppesare il valore relativo all’efficacia, all’efficienza, all’organizzazione, al gradimento dei cittadini verso i servizi offerti, alla comprensione della struttura da parte della popolazione l’ago della bilancia potrebbe pendere pesantemente a favore della “Casa della Salute Grande” quando questa può beneficiare di una completa autonomia (abolizione delle aziende sanitarie e delle mega aziende e ripristino dei consorzi territoriali) nel processo decisionale e nel governo clinico.

SCHEDA RIASSUNTIVA DEL PROCESSO DECISIONALE NELL’AMBITO DELLE CURE PRIMARIE (es.: EDIFICAZIONE O RISTRUTTURAZIONE DI UNA CASA DELLA COMUNITA’ E DEL SISTEMA ASSISTENZIALE TERRITORIALE)

PROCESSO DECISIONALE (CLINICO, ORGANIZZATIVO, ASSISTENZIALE) AUTONOMO NELLE CURE PRIMARIE

DECISORE

Comunita’ delle cure primarie rappresentata dal collegio delle cure primarie

VALUTAZIONE

Analisi dei bisogni espressi e non espressi da parte della comunita’ degli assistiti e dei professionisti

INDIVIDUAZIONE

Informative disponibili e degli obiettivi da raggiungere

CONSIDERARE

Soluzioni percorribili o alternative

SCELTA

Della soluzione più adeguata

IDEAZIONE

Ipotizzare il disegno progettuale

PROGETTAZIONE

Passare dal disegno progettuale al progetto vero e proprio

SPERIMENTAZIONE

Attuare il progetto a livello sperimentare

MONITORAGGIO

Registrare alcune variabili significative

RENDICONTAZIONE

Informare colleghi, collegio, comunita’, istituzioni sugli esiti ottenuti

CONSOLIDAMENTO

Stabilizzare l’intero progetto

TRASMISSIBIITA’

Ad altre realta’ o a nuove generazioni

CIRCOLARITA’

Valutazioni di bisogni e di nuovi progetti/obiettivi

(Welfare di Comunità, QdS, 7 maggio 2021)

SCHEDA RIASSUNTIVA DELLE CARATTERISTICHE DISTINTIVE DEL GOVERNO CLINICO ( GC) GC AUTONOMO DELLE CURE PRIMARIE VS GC AZIENDALE ISTITUZIONALE

GOVERNO CLINICO AUTONOMO IN CAPO ALLE CURE PRIMARIE TERRITORIALI VS GOVERNO CLINICO AZIENDALE

GOVERNO CLINICO

AUTONOMO TERRITORIALE DELLE CURE PRIMARIE

GOVERNO CLINICO

SECONDO LA GOVERNANCE AZIENDALE

AUTONOMIA

Il governo clinico (GC) liberamente tradotto da Clinical Governance, è una “strategia mediante la quale le Aziende Sanitarie si occupano di migliorare continuamente della qualità dei servizi secondo la cultura interna alle aziende stesse ( GIMBE 2009).

Il centro della programmazione è la gestione dei servizi sanitari e della responsabilità dei sanitari. Vengono a tal fine utilizzate: Linee Guida, Percorsi PDTA, Integrazione multidisciplinare, valutazioni della performance… (Ministero della Santà 2022). Verosimilmente l’interpretazione più adeguata di Clinical Governance nel nostro paese sarebbe quella del “Governo amministrativo aziendale sulla clinica”.

TRASPARENZA

RESPONSABILITA’

RELAZIONI E COLLEGANZA

ETICA E VALORE DEL LAVORO

FORMAZIONE E AUTOFORMAZIONE

COINVOLGIMENTO E PARTECIPAZIONE

CRITERI DISTINTIVI DELLA MG E DELLE CURE PRIMARIE SECONDO WONCA

PRESA IN CARICO

SORVEGLIANZA, CONTROLLO E RENDICONTAZIONE

Come già menzionato una “comunità” si considera tale quando è composta da un gruppo di individui che vivono in un territorio limitato con caratteri comuni e reciproca dipendenza (appartenenza, solidarietà, legami sociali paritari non rigidamente gerarchizzati, senso di libertà con potestà di partecipazione alla vita collettiva). La comunità non è sovrapponibile ad una popolazione o ad una società perché in questi casi le relazioni sono più complesse, le dimensioni più vaste, meno controllabili e quindi restano più sconosciute.

Il termine “comunità” associato a gruppi, associazioni, portatori di interessi è esploso dopo la pubblicazione del PNRR. E’ diventata una parola molto diffusa, inflazionata, utopistica. Infatti la contemporaneità è caratterizzata da un individualismo economicistico e da relazioni “contrattuali” che non lasciano tanto spazio alle “comunità” tradizionali, contenute nelle loro dimensioni e accumunate da saperi, tradizioni e scale valoriali consolidate nel tempo.

Purtroppo occorre constatare che, al momento, le comunità sono smarrite, frantumate, frullate dalla globalizzazione e dai recenti avvenimenti sanitari ed economici. In questo senso il termine “Casa della Comunità” appare quindi ancor più fuori contesto, instabile e senza reali punti o radici di riferimento.

Il tema delle cure palliative, già ricordato, evidenzia l’importanza che può avere un punto di riferimento (non per forza tecnologicamente avanzato) alla fine di una esistenza umana di un assistito che sceglie fiduciariamente un dato mmg proprio per esigenze o bisogni molto riservati. La struttura sociale e le istituzioni (che dovrebbero essere modelli guida) non sono più in grado di conservare le loro funzioni tradizionali perché si sciolgono prima ancora di avere stabilizzato qualche cosa ( es.: la decennale questione delle liste d’attesa, il fallimento del progetto sulle Case della Salute, la mancanza di autocritica e di un radicale cambiamento delle élite Dirigenziali perpetue, l’impossibilità di addivenire ad una riforma radicale del SSN, l’abolizione delle Aziende, Distretti e Assessorati, l’assenza della politica e la vistosa preponderanza della finanza…).

Il risultato è la paralisi di ogni possibile azione collettiva e l’esclusione degli individui, che credono di appartenere ad una comunità, dalla partecipazione attiva alla stessa vita comunitaria.

Chi ha scritto il DM77? Perché è stato redatto in modo che potesse dare la sensazione di essere stato confezionato in favore di piccoli gruppi di élite staminali (totipotenti e onnipresenti)?

Lo sfrenato individualismo elitario è riuscito a danneggiare anche il senso stesso del bene comune.

Le comunità, quelle tradizionali a cui spesso si fa riferimento nella narrazione quotidiana, non ci sono più ed è venuta meno la loro funzione di “organo di mediazione”.

La realtà appare più popolata da gruppi individualistici ed elitari e le inevitabili eccezioni non sono in grado di cambiare la situazione attuale.

Il termine “comunità” ha perso il suo senso anche perché le istituzioni stesse testimoniano un valore unico, quello della “competizione” che diventa poi modello di conflittualità tra individui e istituzioni.

Le divergenze portano, a loro volta, alla difesa dell’interesse egoistico, all’incertezza, all’ansia, al senso di fallimento.

Emblematico da questo punto di vista è la corsa agitata per accaparrarsi un posto sul carro del “progetto Case della Comunita’” dove i gruppi di lavoro o organizzazioni sgomitano per restare a bordo subito pronti però a scendere non appena si comprenderà che non vi saranno vantaggi in solido.

La comunità non è più una finalità filogenetica ma un “mezzo” per raggiungere un fine più prosaico e per questo obiettivo non si esita a rinunciare all’originalità innovativa, spesso non allineata alle disposizioni ufficiali, per adattarsi remissivamente al mito burocratico (es.: DM 77), anche se incomprensibile, perché alla fine resta la via più facile che comunque non riuscirà mai ad attenuare contraddizioni, disuguaglianze e discriminazioni.

Le comunità potranno essere ricomposte?

In parte, se saremo in grado di essere saggi. Se saremo prudenti e in grado di generare idee innovative valide.

Per trovare delle soluzioni occorre ricominciare radicalmente da capo (riforma) con leader territoriali credibili e accreditati dal consenso (libera scelta). Nel film “Invictus” il Presidente Mandela, leader emblematico, si trova, suo malgrado, a riprendere i suoi sostenitori più faziosi dicendo “Voi mi avete scelto ed ora lasciativi guidare da me”.

I servizi (che potrebbero essere anche sovrapponibili ai diritti) vanno riportati nei quartieri e nei territori, le risorse devono ritornare paritarie, occorre restituire il maltolto, abbandonare la logica dell’economicismo statistico/numerico, quindi abolire la strutturazione attuale, i relativi documenti normativi e gli oracoli del pensiero unico. E’ determinante, promuovere la salute che può concretamente diventare ricchezza per una comunità e dare vita ad ulteriori sperimentazioni valorizzanti e a convinti stili di vita provvidenziali perché effettivamente preventivi.

IPOTESI DI SOLUZIONI (RIVISITATE DA NdR) PER LE CURE PRIMARIE E RIPORTATE PIU’ VOLTE NEGLI ARTICOLI APPARSI SU QdS A CONFERMA DEL FATTO CHE LE IDEE DI RIFORMA SIANO NUMEROSE E VALIDE

ARGOMENTAZIONI RICONDUCIBILI AD INTERVENTI DEL PROF. IVAN CAVICCHI (TERZA VIA)

ARGOMENTAZIONI RICONDUCIBILI AD INTERVENTI DEL PROF. STEFANO ZAMAGNI (WELFARE di COMUNITA’)

· Iniziative organizzative coerenti con valori di riferimento ( ndr non maleficità, beneficienza, giustizia, autonomia, equità, trasparenza, sostenibilità, trasmissibilità, complessità, co-operazione, co-responsabilizzazione…)

· Completa autonomia sull’intero processo decisionale a livello territoriale (ndr in una riforma che abolisca le Aziende Sanitarie, i Distretti e gli Assessorati affidando loro un ruolo di Autority sui principali valori del SSN di universalità, equità, solidarietà)

· Abolizione delle Aziende Sanitarie riattivando i consorzi territoriali con gli obiettivi di affrontare in modo più efficace la complessità delle singole persone, migliorare tutti i servizi e spendere meno (ndr estensibile agli assessorati e ai distretti riservando alle istituzioni regionali e aziendali il ruolo di Autority per i valori di universalità, equità, solidarietà)

· Completa autonomia sulla gestione del Governo Clinico a livello territoriale all’interno di un sistema integrato attento ai bisogni dell’assistito (ndr in una riforma che abolisca le Aziende Sanitarie, i Distretti e gli Assessorati affidando loro un ruolo di Autority sui principali valori del SSN di universalità, equità, solidarietà)

· Modificazione del sistema retributivo degli operatori puntando sugli esisti (ndr l’intero sistema decisionale e il sistema del governo clinico sono affidati all’autonomia di tutti i professionisti delle Cure Primarie territoriali; gli esiti vanno valutati su temi assistenziali, terapeutici, organizzativi, relazionali, co-operative …)

· Mmg come prodotto innovativo di rottura ( sistema leonardesco) fa ripartire un ciclo virtuoso partendo da una situazione attuale stagnante

· Trasformare il SSN ( ndr soprattutto a livello locale , di quartiere o di territorio) in ente/istituzione in grado di produrre salute ( ndr in quanto può creare quella ricchezza che potrebbe bilanciare e risanare i costi di una sanità più efficace ed efficiente ma meno costosa)

· Sistema del massimo ribasso (dei costi) e massimo rialzo (della qualità e trasparenza)

· Trasformare il medico in professionista “autore” ed in grado di attuare una nuova prassi/”opera” (ndr con particolare attenzione alla medicina generale territoriale)

· Leadership territoriale come prodotto innovativo di rottura ( sistema Leonardesco)

· Trasformare il medico (ndr ed in particolare il mmg) in azionista della sanità pubblica ( ndr affidandogli piena responsabilità e piene autonomia sull’intero processo decisionale e sulla gestione del Governo Clinico a livello territoriale)

· Il Welfare di Comunità è realizzabile solo se i progetti che si richiamano al concetto di “comunità” considerano la completa abolizione del sistema sanitario monocratico regionale, aziendale e distrettuale attualmente vigente e riproposto da DM 77. Se una “organizzazione di comunità” non comprende la completa autonomia nel processo decisionale e nel Governo Clinico non può essere definito Welfare di Comunità. Il Welfare di Comunità non ha nulla a che vedere con il Welfare Aziendale degenerazione utilitaristica e discriminante dell’ideazione originale di Welfare di Comunità (NdR)

Bruno Agnetti
CSPS (Centro Studi Programmazione Sanitaria)



10 aprile 2023
© Riproduzione riservata


Altri articoli in Studi e Analisi

ISCRIVITI ALLA NOSTRA NEWS LETTER
Ogni giorno sulla tua mail tutte le notizie di Quotidiano Sanità.

gli speciali
Quotidianosanità.it
Quotidiano online
d'informazione sanitaria.
QS Edizioni srl
P.I. 12298601001

Sede legale:
Via Giacomo Peroni, 400
00131 - Roma

Sede operativa:
Via della Stelletta, 23
00186 - Roma
Direttore responsabile
Luciano Fassari

Direttore editoriale
Francesco Maria Avitto

Tel. (+39) 06.89.27.28.41

info@qsedizioni.it

redazione@qsedizioni.it

Coordinamento Pubblicità
commerciale@qsedizioni.it
    Joint Venture
  • SICS srl
  • Edizioni
    Health Communication
    srl
Copyright 2013 © QS Edizioni srl. Tutti i diritti sono riservati
- P.I. 12298601001
- iscrizione al ROC n. 23387
- iscrizione Tribunale di Roma n. 115/3013 del 22/05/2013

Riproduzione riservata.
Policy privacy