Come ha fatto notare nel suo bell’intervento Andrea Quartini, il punto interrogativo ci salverà. Ci salverà?! Ci potrebbe salvare. La situazione è davvero all’allarme rosso. C’è pochissimo tempo. Non c’è una forza organizzata all’altezza dello sforzo necessario e il quadro politico va in direzione contraria. Perciò la valanga sembra inarrestabile.
Il libro di Ivan Cavicchi ha un valore aggiunto, oltre a quello di analisi e documentazione. Va visto come una chiamata all’azione. La domanda che ci rivolge è “come possiamo evitare di arrivare al punto di non ritorno? E’una domanda cogente.
Considerazioni generali
Sul che fare, penso intanto che la salvezza della Sanità Pubblica ci deve coinvolgere tutti (noi medici) e nello stesso tempo ci deve travalicare. Ha la dimensione di una partita di civiltà, della perdita o del guadagno del collante fondamentale di una società moderna e, nel nostro Paese, della difesa di ciò che resta della Costituzione Repubblicana e della possibilità di salvaguardarne, per il futuro, le caratteristiche di progressività di sviluppo democratico.
Proprio la Sanità Pubblica è carne viva di principi che possono sembrare solo teorici. E’ attraverso la Sanità Pubblica e Universalistica che si invera lo Stato sociale previsto dalla nostra Costituzione. L’Universalismo previsto dalla legge di istituzione del Servizio Sanitario Nazionale, legge 833, non era spiegabile con un buonismo scialacquone che dà le stesse cose a tutti, ricchi e poveri. Si fonda sul principio che un diritto universale, come la salute, si garantisce col rispetto della proporzionalità del contributo dei singoli alla società. Chi ha di più dà di più chi ha meno dà di meno, chi non ha nulla non dà nulla (cit,).
Invece, in realtà le tasse le pagano i soliti; i ricchi, non solo evadono ma possono beneficiare dei servizi pagati con le tasse degli altri. Allora, rinunciamo al principio dell’universalità o lottiamo per un fisco giusto?!? Se non si passa da qui, la Sanità Pubblica non si può salvare.
Ci deve coinvolgere e travalicare: per salvare la Sanità Pubblica dobbiamo agire fuori dalle mura della cittadella Sanità. Dobbiamo alzare il limite dell’orizzonte. Oggi dobbiamo. E’ necessario.
Salvare la Sanità Pubblica vuol dire salvare lo Stato Giusto, e adoprarsi costantemente per una democrazia avanzata. Di più, mai prima d’ora lo stato della Sanità Pubblica è misura della difesa del pianeta, ovvero dell’umanità-giacché il pianeta può fare a meno degli umani. Non si può più prescindere dalla stretta relazione fra l’equilibrio dell’ecosistema e la salute e viceversa. Dunque, salvare la Sanità Pubblica e salvare l’Umanità nello stesso tempo. Quindi, L’Umanità-senza guerra. La guerra provoca morte, malattie e distruzione dell’ecosistema; la guerra rompe il patto di umanità, la sanità pubblica lo salda.
Alcune proposte
Per ogni forza politica per ogni atto politico, legislativo e amministrativo. Che sia una misura intransigente, senza sconti e senza ambiguità. (Per le cose importanti, vale l’esortazione” il tuo parlare sia si, si, no, no”. Al disastro attuale siamo arrivati grazie a scelte scellerate, del “ma anche” “Più mercato meno Stato” mentre, travestiti da moderni e da sinistrale forze politiche avvicendatesi al governo nazionale e regionale, compivano atti di neoliberismo feroce.
Ivan Cavicchi grazie ad analisi puntuale e disamina di documenti, indica le precise responsabilità delle forze che si sono adoprate in questi decenni ad indebolire fortemente la Sanità Pubblica disegnata dalla 833, sebbene, talora, ceda ad una sorta di eccesso di ottimismo della volontà laddove distribuisce “la colpa” ad un generico “abbiamo sbagliato” o a “errori”. Il libro documenta che erano scelte precise e consapevoli, non errori di una fantomatica “sinistra” che non c’era, o era il lupo travestito da nonna.
Quando la diga tracima la colpa è di chi ha prodotto la falla, anche se piccola. L’aziendalizzazione, il privilegio concesso al privato, la sussunzione della matrice americana con il DRG e il sistema “a prestazione” erano le falle più efficaci introdotte contro il SSN disegnato dalla 833.
L’esempio dell’intramoenia
Con ragione ha dedicato uno specifico capitolo all’intramoenia. La manomissione più subdola che ha minato il patto etico-deontologico tra medico e paziente entro il SSN. Chi e quando ha introdotto la libera professione? Perché, in cambio di cosa, e con quale “visione” strategica?
La libera professione fu istituita con la legge Bindi nel ‘99. ALPI Attività Libero Professionali Intramurarie (o intramoenia), “l'attività che la dirigenza medica e non medica, individualmente o in équipe, esercita fuori dell'orario di lavoro, nelle strutture dell'Azienda (o in studi … o ….in convenzione), in favore dell'assistito (pagante in proprio) ad integrazione e supporto dell’attività istituzionalmente dovuta” (definizione AGENAS. AGENAS quanto ci costi?!)
Non volendo adeguare il contratto dei medici (stipendio lordo italiano 70.000, quello tedesco circa 140.000) e le risorse per il personale, si offrì ai medici la possibilità di fare più soldi esercitando attività privata nella stessa struttura pubblica per i “paganti in proprio”. Chi ha soldi paga, chi non ce li ha si arrangia. Con ciò stesso si abolì il carattere universalistico del nostro Sistema Sanitario. La libera professione intramoenia è, di fatto, il più pericoloso dei tanti cavalli di Troia introdotti nella cittadella Sanità Pubblica. Per distruggerla.
Introdusse il pericoloso concetto per cui puoi lavorare per lo Stato e in concorrenza con esso (possiamo immaginare il segretario comunale che può esercitare attività privata in concorrenza con il proprio Comune?)
Quella legge ha stravolto e snaturato lo statuto epistemico-deontologico del medico. Ne ha cambiato i connotati come una mutazione epigenetica irreversibile, imposto un comportamento schizoide: medico e mercante. Con una casacca agisce per il “pubblico” e con altra casacca agisce per sé.
Di più, ha introdotto una molteplicità di divisioni nella categoria: tra chi può arricchirsi e chi no. Un medico che lavora al Pronto Soccorso può fare libera professione? Un rianimatore, un igienista, un epidemiologo, un infettivologo? Ha introdotto un ricatto ulteriore entro l’organizzazione gerarchica: l’assistente avrà la stessa libertà del suo primario?
Quanti sono i medici che esercitano la libera professione? Come sono distribuiti i guadagni? Ha lo stesso valore il medico che aggiunge mille euro di libera professione ai 3500 euro di stipendio, del medico che guadagna un milione con l’intramoenia, e per il quale lo stipendio rappresenta gli spiccioli? Le direzioni aziendali hanno corteggiato questi medici, galline dalle uova d’oro, per gli spiccioli che portavano all’Azienda, grazie alla percentuale aziendale prevista dalla legge.
I guadagni, misura di competenza e potenza, dentro la struttura che, per propria mission, deve garantire a tutti lo stesso servizio di salute. In barba al principio di non contraddizione. Bisogna denunciare l’ipocrisia dello stipendio indicato al lordo: 70.000 euro può sembrare una cifra congrua mentre in realtà nasconde un misero 3500 euro lorde per un mese intero di lavoro incluse guardie, festivi, super lavoro, ferie non pagate cumulo di ore e di giorni “regalati” al sistema.
I medici furono buttati nell’agone senza regole. Una legge oscena che aizza, divide, spariglia, scompiglia, sregola e destruttura.
Il privato dentro la Sanità Pubblica è come il cannibale nella stanza della vittima.
Così, traditi da “un Pubblico” sempre più inesistente ci rassegniamo “al privato” o alla “miseria pubblica”. E hanno fatto il capolavoro. I pazienti contro i medici e medici contro medici. Divide et impera
E’ faciloneria addossare al “privato”, superficialmente evocato come nemico, la responsabilità del crollo della Sanità Pubblica.
L’industria della salute ha le stesse libertà di impresa, garantita dalla Costituzione, di qualsiasi altra industria. Non di questa, ma dello Stato è la prerogativa, e la responsabilità, di gestire il diritto alla salute- secondo giustizia senza dominio, come sancito dalla nostra costituzione all’art. 32.
Dunque per contrastare le lunghe liste di attesa, basterà abolire la libera professione? Troppo semplicistico, senza distinguere tra chi butta il boccone avvelenato e chi, quel boccone afferra. Otterrebbe, oggi, l’effetto di accelerare il processo di dismissione della Sanità Pubblica; I medici stanno scappando, scapperebbero in massa, più velocemente e definitivamente.
Bisogna avviare un processo di ridefinizione dei ruoli, dello Stato e del Privato, nella chiarezza. Lo Stato, ora, si riappropri delle sue prerogative, dismetta una connivenza innaturale.
Non servirà parlare male dei medici attaccati alla libera professione buttando a mare il bambino con l’acqua sporca. Il bambino prezioso alla salvezza della Sanità Pubblica sono quelle migliaia di medici che hanno finora garantito il servizio di salute nonostante tutto. Quei medici possono essere fulcro di aggregazione di tutte le altre forze interessate a salvare la Sanità Pubblica, misura di civiltà e di tenuta democratica. Siamo ancora in tempo.
In sintesi:
La difesa della Sanità Pubblica è la frontiera più avanzata per una nuova civiltà per un uovo umanesimo in un nuovo ecosistema.
Dott.ssa Tiziana Sampietro
Fondazione Toscana Gabriele Monasterio
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