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Applicando la Bolkestein non servirebbe mantenere in vita l’accreditamento istituzionale per gli erogatori privati. L’interessante sentenza del Tar Campania

di Ettore Jorio

Basterebbe a quel punto rendere partecipi nelle procedure agonistiche i soggetti autorizzati con valutazioni crescenti relativamente al possesso dei requisiti ulteriori e ai servizi connessi offerti. LA SENTENZA

15 GIU -

Dal TAR della Campania - per tradizione molto attento nella redazione delle sue pronunce afferenti alle problematiche della salute - una interessante sentenza, la n. 2806 dell’8 maggio scorso (est. De Falco).

In essa è stata rappresentata una corretta scansione schematizzata della disciplina attualizzata dell’accreditamento istituzionale e del contratto con gli erogatori privati messi anche in relazione con la direttiva Bolkestein. Non solo. E’ stata offerta un’interpretazione dello strumento introduttivo della concorrenza amministrata che è equivalsa ad una autentica lezione di “politica sanitaria”. Meglio, sull’uso ideale del sistema cosiddetto delle 3A per assicurare complessivamente prestazioni sociosanitarie di alto valore tecnico ed elevati trattamenti diagnostici, curativi e riabilitativi.

Interessante la griglia normativa di riferimento del procedimento amministrativo che, piuttosto che essere scomposto secondo la solita sequela di procedure diverse e distinte, viene suddiviso in quattro sub-procedimenti: l’autorizzazione condizionata alla verifica del fabbisogno epidemiologico (art. 8 ter d.lgs. 502/92; l’accreditamento subordinato anch’esso al fabbisogno medesimo (art. 8 quater d.lgs. 502/92; la determinazione del budget, corrispondente alla fissazione del limite delle prestazioni acquisibili, attraverso l’accreditato/contrattualizzato, dal Servizio sanitario regionale (art. 32, comma 8, legge 449/97); stipulazione del contratto annuale di fornitura delle prestazioni dell’erogatore privato (art. 8 quinques d.lgs. 502/92).

Fin qui le regole, sulla base delle quali i magistrati napoletani ha correttamente dedotto che: a) «senza accreditamento non ricorrono i presupposti necessari per poter contrarre con l’Amministrazione sanitaria»; b) «senza verifica positiva del fabbisogno non è possibile ottenere l’accreditamento», tanto da costituire una rilevazione ineludibile e decisiva, senza la quale nulla è possibile in tema di riconoscimento di nuovi accreditati.

Il tutto con la conseguenza di attribuire all’accreditamento istituzionale un importante pregio economico, dal momento che conferisce al suo titolare - ancorché senza assumere ex se alcuna prerogativa economica che impegni il bilancio delle aziende sanitarie se non seguito dal perfezionamento del relativo accordo contrattuale - «una posizione concorrenziale di plusvalore rispetto agli altri operatori privati, definita dall'art. 8 quater D. Lgs. n. 502/1992 come “qualità di soggetto accreditato”. Un ruolo privilegiato a tal punto da fare assumere all’impresa destinataria/beneficiaria del provvedimento concessorio un valore economico-patrimoniale comunque negoziabile, in una e indissolubilmente dal complesso aziendale cui afferisce, attraverso una cessione perfezionata a qualunque titolo, sia oneroso che gratuito.

Proprio per questo, il Giudice amministrativo campano ha preso atto delle modifiche legislative intervenute sul tema a cura della “Legge annuale per il mercato e la concorrenza 2021” e, seppure non incidenti al fine del suo decidere, ne ha fornito una sua interpretazione dalla quale i decisori pubblici farebbero bene a non allontanarsi.

Relativamente alla fattispecie sottoposta al suo esame, maturata ante legge concorrenza 2021, ha marcato i limiti impeditivi del rilascio dell’accreditamento istituzionale, di cui all’art. 8 quater del d.lgs. 502/1992, nel senso però di non ritenere affatto sufficiente per un suo diniego la mera saturazione del fabbisogno epidemiologico da apprezzarsi all’epoca della richiesta. Ciò in quanto l’evento non può «escludere che immediatamente dopo la reiezione dell’istanza si possa creare una carenza di offerta e che questa sia rilevata dall’Amministrazione che conceda quindi l’accreditamento ad un’altra struttura». In tal senso, il fabbisogno soddisfatto non può costituire, quindi, un rigido limite ostativo, peraltro di tipo quantitativo e di contingentamento. Tutt’al più può configurarsi «soprattutto un parametro qualitativo e funzionale per l'accertamento delle qualità dell'offerta assistenziale dei newcomers». Conseguentemente, il mercato deve essere sempre esposto all’esercizio selettivo periodico dei migliori e alla verifica dei soggetti già accreditati e, dunque, al fine di usufruire di un sistema erogativo sempre aperto ad esprimere una offerta sociosanitaria di qualità progressivamente superiore.

Una diversa concezione, questa, che porterebbe a considerare l’offerta goduta dalla collettività come satisfattiva della domanda epidemiologica, connessa al relativo fabbisogno rilevato, non affatto corrispondente al perseguimento dell’interesse pubblico di beneficiare della migliore efficienza erogativa e della più alta qualità di prestazioni sociosanitarie. Un obiettivo da conseguire attraverso una «offerta sanitaria (che) sia costantemente verificata, aggiornata e rinnovata», in linea con la evoluzione delle nuove tecnologie che assicurano al sistema della salute una evoluzione organizzativa e strutturale realizzata in tempi brevi.

Del resto, la nuova disciplina resa dall’anzidetto legislatore dell’agosto 2022 è maturata in tal senso, ovverosia di garantire una maggiore qualità delle prestazioni essenziali specialistiche erogate all’utenza, riconosciute come tali attraverso procedure comparative e agonistiche.

Dal che:

l’accreditamento deve essere concesso in relazione alla qualità e ai volumi da erogarsi per il soddisfacimento del fabbisogno e, quanto al rinnovo e alla sua estensione, sulla base dei risultati dell’attività svolta, da doversi quindi misurare annualmente anche in termini di qualità;

i contratti saranno stipulati con le aziende sulla base della programmazione sanitaria regionale, che quindi andrà fatta bene, che determinerà il ricorso alla erogazione privata per tipologia di prestazione. Un valore non facile da ottenersi se non sulla base di attente verifiche periodiche e minuziosi monitoraggi dell’accaduto assistenziale. Dunque, viene insediata una procedura agonistica per selezionare il soggetto da contrattualizzare.

Il tutto inteso a razionalizzare l’offerta salutare e renderla più competitiva nella sua composizione complessiva, distinta tra quella erogata dal pubblico e quella assicurata dal privato accreditato/contrattualizzato.

Conclusione, se sì alla Bolkestein nella sua interezza, una domanda: ma a cosa serve mantenere in vita l’accreditamento istituzionale? Basterebbe rendere partecipi nelle procedure agonistiche i soggetti autorizzati con valutazioni crescenti relativamente al possesso dei requisiti ulteriori e ai servizi connessi offerti.

Ettore Jorio



15 giugno 2023
© Riproduzione riservata

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