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Serve una joint-venture tra tutti gli enti e organismi non profit fare cambiare il rapporto e il senso di marcia al Ssn

di Ettore Jorio

Ben vengano gli stupendi lavori della Gimbe, capolavori ricognitivi-statistici, e che si possa realizzare nel Paese una sorta di joint-venture ideale tra tutti gli enti e organismi non profit che possano contribuire a fare cambiare il rapporto e il senso di marcia al SSN, altrimenti destinato a sbattere.

16 OTT -

Così come ho fatto per ogni lavoro della Fondazione Gimbe, capitanata da Nino Cartabellotta, ho apprezzato il suo sesto rapporto sul Servizio sanitario nazionale. Un documento ricognitivo di grandissima portata e soprattutto di precisione temporale, oltre che di esposizione degli eventi e dei cambiamenti ben scanditi sul piano contenutistico e quindi sulle naturali ricadute sul sistema. Sia dirette che indirette. Scansioni esposte con precisione cronometrica e opportunamente glossate. La “Fondazione Gimbe” rappresenta un insieme di capitale umano difficile da mettere insieme per porlo a presidio guardiano dell’andamento della tutela della salute. Più che altrove di quella parte che appartiene a quel segmento (ben oltre 20 milioni) della Nazione delle regioni del sud ove l’assistenza alla persona è in uno stato di precarietà assoluta sul piano dell’esigibilità.

Ho letto e riletto le 161 pagine, che mi hanno arricchito, arrampicandomi sui suoi numerosissimi variopinti grafici, di una chiarezza e utilità come pochi. Ne ho rilevato una mappa dell’esistente verosimile, di ieri e di oggi. Ottime le sollecitazioni per implementare l’esistente e apprezzabile quanto supposto per realizzare ciò che ancora non c’è.

Nino Cartabellotta ha assunto oramai un ruolo importante, quello che si è meritato con il suo indefesso impegno. L’apprezzamento sui suoi lavori è tale che la “Fondazione TrasPArenza”, della quale mi onoro fare parte, si era proposta di contattarlo al fine di mettere insieme le reciproche competenze ed expertise, ricognitive e statistiche, le loro, e più giuridicamente propositive, le nostre. Non siamo riusciti a sentirci. Ma, sono certo, lo faremo, supponendo di avere a cuore una assistenza sociosanitaria che si elevi, prioritariamente in quel Sud che appartiene ad entrambi.

In una tale ottica prospettica, ho analizzato l’anzidetto Report 2023.

Indubbia, l’ottima retrospettiva sul finanziamento pubblico, dettagliata in ogni suo punto storico. Nonostante non approfondita sul suo strumento fondamentale, quello che è sulla carta, e quindi in vigenza costituzionale, da oltre 22 anni. Ma rimasto lì come se fosse un cimelio di guerra.

Il riferimento è al federalismo fiscale, insediato nell’ordinamento dal novellato art. 119 della Costituzione, attuato dalla legge delega 42/2009 e dai conseguenti decreti delegati, il d.lgs. 68/2011 in primis. Strano non averlo rintracciato nell’accorta ricostruzione che fanno Cartabellotta e i suoi magnifici tre (Marco Mosti, Elena Cottafava, Roberto Luceri). Meglio, lo hanno citato solo tre volte, di cui uno in nota, e un'altra volta come federalismo generico. Stessa cosa è successa, relativamente agli strumenti utili a sostituire la spesa storica, con i costi e i fabbisogni standard. Quest’ultimo termine, usato al singolare, come sinonimo di Fondo sanitario nazionale, che tale non è.

Dei costi standard, il nulla, avendo attribuito al termine costo, così come un atto ricognitivo pretende, 33 volte il riferimento a quelli sostenuti (energetici soprattutto).

Eppure, la Fondazione GIMBE lo sa meglio di chiunque altro: dalla nuova metodologia di finanziamento dipenderanno i quattrini necessari ai fabbisogni epidemiologici che saranno rilevati dalle Regioni e finanziati con i costi e fabbisogni standard assistiti dalla perequazione. Un argomento anche quest’ultimo poco approfondito nell’autorevole Report - che è ovviamente il prodotto dell’organismo leader della ricognizione - tanto da essere citata una sola volta, riportato pedissequamente dal programma del centrodestra vincente nel settembre 2022.

La ricostruzione storica sul regionalismo differenziato - anche qui chiamata impropriamente autonomia differenziata, così come ha ricordato anche il prof. Cassese nel corso della sua audizione alla Commissione Affari costituzionali al senato lo scorso 27 settembre sul bilancio intermedio del lavoro fatto dal CLEP – non è risultata affatto convincente.

Anche qui come altrove ripetutamente, si arguisce – atteso che c’è poco da riconoscere in termini storici - una sorta di confusione tra la definizione dei Lep, il federalismo fiscale e l’autonomia legislativa differenziata. Un fraintendimento del quale si aveva invero timore che avvenisse, sin dai tempi dei Master in diritto sanitario tenuti per diversi anni alla Spisa di Bologna, allorquando se ne dibatteva con il compianto Luciano Vandelli, tanto da elaborarci, nel 2008, un testo anche online per le allora “Officine Giuridiche” sul tema del “Welfare assistenziale”. Una analisi alla DDL Prodi del governo Prodi, poi sfociata nel Ddl Calderoli (Berlusconi IV) che divenne la legge delega 42/2009.

Ben vengano gli stupendi lavori della Gimbe, capolavori ricognitivi-statistici, e che si possa realizzare nel Paese una sorta di joint-venture ideale tra tutti gli enti e organismi non profit che possano contribuire a fare cambiare il rapporto e il senso di marcia al SSN, altrimenti destinato a sbattere.

Ettore Jorio

‘Fondazione TrasParenza’ Cosenza



16 ottobre 2023
© Riproduzione riservata


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