La pandemia di Covid ha dimostrato l'impatto globale delle minacce alla salute pubblica. “I Paesi potrebbero imparare molto da questa esperienza per essere meglio preparati in futuro”, ha sottolineato l’Ocse, evidenziando nel suo recente lavoro tre principali vulnerabilità che i sistemi sanitari hanno dovuto affrontare durante la pandemia: erano impreparati, avevano poco personale e soffrivano di investimenti insufficienti. Affrontare queste vulnerabilità sarà dunque fondamentale per rafforzare la resilienza dei sistemi sanitari alle crisi future.
Stando ai risultati raccolti dall'Ocse, l'Italia ne esce male per numero di decessi causati da questa pandemia. Ma le note dolenti non finisco qui. Un'ulteriore minaccia per la salute è infatti rappresentata dall'antibioticoresistenza, e anche qui le stime prospettano un risultato pessimo per l'Italia in termini di tasso di mortalità.
Ma procediamo con ordine. Nei Paesi Ocse, oltre 3,2 milioni di persone sarebbero morte a causa del Covid tra il 2020 e il 2022 - circa il 48% dei 6,7 milioni di decessi segnalati a livello mondiale. Tuttavia, questi dati sulla mortalità sono sottostimati a causa delle differenze di segnalazione tra i Paesi e, soprattutto, delle ampie differenze nelle capacità e nelle pratiche di analisi. In alcuni casi, inoltre, i Paesi hanno deciso di interrompere la regolare segnalazione dei decessi causati nel 2023, quando la pandemia ha iniziato ad affievolirsi. Di conseguenza, le cifre presentate coprono il triennio dal 2020 alla fine del 2022.
In media, nei Paesi Ocse sono stati segnalati 225 decessi ogni 100.000 abitanti nel periodo 2020-22. Norvegia, Nuova Zelanda, Giappone, Islanda, Corea e Australia hanno registrato i tassi più bassi, con meno di 70 decessi per Covid segnalati per 100.000 abitanti. Al contrario, Ungheria, Slovenia e Repubblica Ceca hanno registrato 400 o più decessi ogni 100.000 abitanti. L’Italia, con 325 decessi per Covid ogni 100.000, abitanti non ne esce bene superando di molto la media Ocse di 225 morti. Con ogni probabilità almeno una parte di questo risultato sarà dovuto al fatto che il nostro Paese è stato il primo in Europa ad essere investito prepotentemente dalla pandemia, quando non era ancora chiaro a nessuno come intervenire per provare a frenare il crescere dei contagi, oltre al dato anagrafico che ci vede tra i Paesi con il maggior numero di anziani al mondo.
In prospettiva, l’antibioticoresistenza (Amr) - la capacità dei microbi di resistere agli agenti antimicrobici - è una delle minacce più pressanti per la salute pubblica. "Ha il potenziale per provocare gravi danni alla salute e all'economia su scala globale", sottolinea l'Ocse. Le cause della resistenza antimicrobica sono complesse, anche se la forte dipendenza dagli antibiotici per la salute umana e animale rimane un fattore importante.
Le ultime stime Ocse indicano che ogni anno le infezioni antibioticoresistenti causano la morte di quasi 7.000 persone nei 29 Paesi Ocse e in 3 Paesi in via di adesione. Il tasso annuale di mortalità da resistenza antimicrobica è stimato in media a 7,1 decessi per 100.000 abitanti nei 29 Paesi Ocse analizzati. Il tasso medio annuo di mortalità da antibioticoresistenza previsto varia da 7,3 a 25,9 decessi per 100.000 abitanti, con Turchia e Italia che si stima abbiano i tassi di mortalità da Amr più elevati.
I risultati mostrano anche che il costo annuale di questo fenomeno, per i sistemi sanitari dei Paesi analizzati, dovrebbe essere in media di circa 28,9 miliardi di dollari a parità di potere d’acquisto fino al 2050, corrispondenti a quasi 26 dollari pro capite. Inoltre, la resistenza antimicrobica comporta perdite nella partecipazione al mercato del lavoro e nella produttività lavorativa, che dovrebbero ammontare a circa 36,9 miliardi di dollari.
Giovanni Rodriquez