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Epatite C. Dall’Economist il piano d’azione per affrontare l’epidemia


Il celebre quotidiano londinese, con l’appoggio di Janssen, ha pubblicato un corposo Report sulla situazione della diffusione dell’infezione e sulle politiche usate dai governi per controllarla. E ha stilato una serie di consigli per le istituzioni: sorveglianza, informazione, prevenzione le parole d’ordine.

20 GEN - La reale portata dell’epidemia di epatite C nel mondo è ancora sconosciuta a causa della mancanza di dati e perché la malattia può a lungo rimanere silente. Tuttavia, l’Oms stima che nel mondo vi siano circa 150 milioni di persone che attualmente vivono con l’infezione, causata dal virus HCV che colpisce il fegato: di queste, più di due terzi sviluppano malattie epatiche croniche che, in un caso su 5, si trasformano in cirrosi. L’epatite C è anche la prima causa al mondo di trapianto di fegato e negli Stati Uniti la patologia determina ormai un numero maggiore di morti rispetto all’HIV. Questo il quadro che emerge dalla nuova analisi dell’Economist Intelligence Unit dell’Economist dal titolo “L’Epidemia Silenziosa: affrontare l'Epatite C con la politica dell'innovazione” (The Silent Pandemic: Tackling Hepatitis C with Policy Innovation) che sottolinea l’urgente bisogno nei Paesi di tutto il mondo di sviluppare strategie condivise per far fronte ad una crescente emergenza sociale ed economica rappresentata dalla patologia. la pubblicazione è stata realizzata con il grant educazionale di Janssen.
 
Oltre alle persone già infette, si stima che ogni anno vengano contagiati tra i tre e i quattro milioni di individui, e per questo la malattia un pesante fardello per chi ne è colpito e per la società nel suo complesso. Le stime indicano che l’epatite C sia stata in Europa, nel 2002, responsabile del decesso di più di 86.000 persone e di 1,2 milioni di anni di vita persi per disabilità (DALY). L’epatite C cronica può portare allo sviluppo di tumore epatico e altre malattie del fegato serie e fatali. Una malattia dal peso sociale ed economico enorme, dunque, ma la cui prevenzione e il cui trattamento spesso non sono affrontati nella maniera corretta già a livello istituzionale. “L’analisi evidenzia che a livello mondiale, nonostante il peso significativo dell’epatite C, i governi non sono riusciti a rallentare la diffusione e l’impatto della patologia” ha spiegato Charles Gore, Presidente della The World Hepatitis Alliance. “Sia nei Paesi avanzati che in quelli in via di sviluppo il reale costo dell’epatite C in termini di vite umane ed impatto economico continuerà a salire a meno che i politici si confrontino subito su questa emergenza di salute pubblica”.
Nonostante gli effetti devastanti dell’epatite C, però, nel documento si afferma che la patologia è ora considerata prevenibile e in gran parte curabile grazie ai recenti progressi nello sviluppo di nuove terapie. Il report rileva però che se una minima parte di pazienti (10%) è attualmente sottoposta a un trattamento, c’è una notevole disparità nell’accesso alle cure tra i vari paesi.
 
Di conseguenza, l’analisi invita i Paesi ad adottare un “approccio globale” che tenga conto delle esigenze locali e delle risorse disponibili. Tale approccio include:
Sorveglianza effettiva della patologia per creare un quadro preciso del problema e assicurare lo sviluppo di politiche efficaci. Il rapporto afferma che troppi pochi Paesi – avanzati e non – hanno condotto di recente studi epidemiologici necessari alla realizzazione di politiche efficaci a livello nazionale, oltre che a livello locale. In 16 Paesi della sola Unione Europea, i dati epidemiologici a disposizione sono scarsi o inesistenti. 
Una migliore consapevolezza del pubblico, necessaria ad aiutare a rimuovere lo stigma associato a questa patologia e a creare un maggiore conoscenza del virus HCV. Un’indagine condotta dalla European Liver Patients Association ha verificato che il 20% dei pazienti affetti aveva sentito parlare di epatite B o C prima di ricevere la diagnosi. 
Misure per la prevenzione dei comportamenti a rischio e per l’educazione, di coloro che sono già infetti, alla scelta di stili di vita salutari. La relazione sollecita, inoltre, misure per la prevenzione della trasmissione del virus all’interno delle strutture dei sistemi sanitari, che rappresentano la principale via di trasmissione dell’HCV nei paesi in via di sviluppo.
Metodi innovativi per comunicare con i pazienti così da garantire a coloro che sono in terapia di ottenerla prima che raggiungano lo stadio terminale della patologia.
 
“La relazione sottolinea che ogni Paese presenta bisogni e risorse differenti; raccomandiamo quindi alla sanità pubblica e a tutti i soggetti coinvolti nella gestione dell’epatite C di contribuire ad aumentare la consapevolezza della malattia e di cercare i mezzi utili a fornire un trattamento efficace ai pazienti più bisognosi”, ha concluso Gaston Picchio, Hepatitis Disease Area Leader di Janssen.

20 gennaio 2013
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