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Sopra i 65 anni quasi un italiano su due soffre di una malattia cronica grave. Ma manca quasi ovunque l’assistenza domiciliare. I dati Istat 


L'Istat nella rilevazione che ha presentato in occasione del rapporto sulle condizioni di salute e ricorso ai servizi sanitari in Italia e nell'Unione europea presenta un dato allarmante: è affetto da almeno una malattia cornica grave quasi il 45% degli over 65 e quasi il 18% della popolazione da 15 anni in su. Ma l’assistenza domiciliare crolla e in media nei 12 mesi precedenti la rilevazione solo il 3% di chi ha più di 15 anni  vi ha fatto ricorso e ancora solo il 2% per ragioni sanitarie, percentuali che salgono al 9,5% e al 6% solo per ragioni sanitarie negli over 65.

11 GEN - Nell’ultimo Annuario statistico 2017 l’Istat ci dice che di malattie croniche ne ha almeno una (grave o non grave che sia) in media il 39,1% degli italiani. Ma nella rilevazione che l’Istituto ha presentato a ottobre in occasione del rapporto sulle condizioni di salute e ricorso ai servizi sanitari in Italia e nell'Unione europea (dati 2015), attività che svolge in collaborazione con Eurostat, si scende in un maggior dettaglio di analisi ed emerge un dato forse ancor più allarmante: è affetto da almeno una malattia cronica grave quasi il 45% degli over 65 e quasi il 18% della popolazione da 15 anni in su.

Sono dati spesso più bassi del resto d’Europa, dove l’Italia è considerata uno dei paesi al vertice della classifica per qualità della salute, ma rappresentano un indicatore importante per organizzare servizi sanitari in grado di affrontare le nuove emergenze di salute legate anche se non soprattutto all’invecchiamento della popolazione e possono essere un utile riferimento per chi, col nuovo Governo e il nuovo Parlamento, avrà il compito di proseguire l’azione del Ssn perché gli italiani restino sul podio della classifica della salute.

Facendo un calcolo in base a quelle che sono giudicate malattie croniche “gravi” (diabete; infarto; angina pectoris; altre malattie del cuore; ictus; bronchite cronica, broncopneumopatia cronica ostruttiva; cirrosi epatica; tumore maligno; Alzheimer, demenze senili; parkinsonismo; insufficienza renale), infatti, ne ha almeno una di queste 17,6% delle persone da 15 anni in su e il 44,7% degli ultrasessantacinquenni.
 


Ovviamente la situazione peggiora con l’aumento dell’età. Infatti nelle fasce fino a 34 anni si resta su valori del 2,5-2,8%, ma già tra i 35 e i 44 anni quasi si raddoppia, passando al 4,6 per cento. Poi l’aumento diventa quasi esponenziale e passa  tra 45 e 54 anni al 10,2%, tra 55 e 64 anni al 20,5%, tra 65 e 74 anni al 34,8% e oltre i 75 anni al 54,3 per cento.

La situazione è peggiore al Sud (50,3%) e migliore al Nord Est (38,4%) e chi soffre di più di almeno una patologia cronica grave ha anche un basso livello di istruzione: 28,4% contro il 9,4% di chi ha un alto livello di istruzione.
 


Anche il reddito influisce, seppure con meno evidenza. Infatti nel primo quintile, quello più povero, c’è il 46,4%, stesso dato del terzo quintile, mentre va peggio nel secondo con il 50,1% e meglio nel quarto con il 42 per cento. Comunque chi soffre meno di patologie croniche gravi sono i più ricchi: al quinto quintile il dato è del 39 per cento.
 


Di malattie croniche meno gravi c'è un maggior numero di persone affette: con tre o più si dichiarano il 20,7% degli individui da 15 anni in su e il 49,6% degli ultrasessantacinquenni.  E comunque anche questi avrebbero diritto a un territorio efficiente per far fronte a loro bisogni di salute.
In assoluto, la patologia cronica più frequente tra 15 e 64 anni è quella ‘lombare o altre affezioni a carico della schiena’, rilevata per questa fascia di età nel 13,8% dei soggetti. Ma con l’età si cambia.
 


Così tra 65 e 74 anni al top passa l’ipertensione con il 45,7% dei casi, superata dopo i 75 dall’artrosi con il 57,5% dei casi. Ma l’ipertensione resta in generale, la patologia cronica mediamente più diffusa negli over 65  dove raggiunge il 50,2% delle persone.

Collegato alle malattie croniche però c’è un altro dato importante che l’Istat rileva nel rapporto di ottobre: l’assistenza domiciliare, che dovrebbe essere quella di elezione proprio, ad esempio, in caso di patologie croniche - e nel caso dei soggetti con meno disponibilità economiche - e, soprattutto, per quelle più gravi  di cui molte non dovrebbero, come indicazione di appropriatezza, essere ospedalizzate.

E invece la sua organizzazione mette in mostra nei dati una della maggiori lacune a livello di assistenza sul territorio.

In questo caso  i dati percentuali crollano e in media nei 12 mesi precedenti la rilevazione solo il 3% di chi ha più di 15 anni (in questo caso si intende assistenza domiciliare svolta sia da personale sanitario che non) vi ha fatto ricorso e ancora solo il 2% per ragioni sanitarie, percentuali che salgono al 9,5% e al 6% solo per ragioni sanitarie negli over 65.

A livello di singole Regioni la situazione è spesso allarmante: oltre i 15 anni sono senza dati (“dati non significativi” li definisce Istat) Valle d’Aosta, Bolzano, Trento e per l’assistenza domiciliare sanitaria la Basilicata. Per gli ultrasessantacinquenni a queste Regioni e per l’assistenza sanitaria si aggiungono Abruzzo e Molise.

La Regione che ha garantito maggiore assistenza domiciliare sanitaria alla fascia over 15 è il Molise con il 3,3% seguita da Piemonte, Umbria e Calabria con il 31, per cento. A chi ha oltre 65 anni invece ha dato più assistenza sanitaria domiciliare la Sardegna (10,1%) seguita dalla Calabria (9,8%).

In questo caso il basso livello di istruzione è un indice di maggiore accesso: il 3,7% ha usufruito di assistenza domiciliare sanitaria e il 5,9% in generale, contro l’1,2-1,3% dei livelli medio e alto.

La differenza per livelli di reddito è bassa: il primo quintile ha avuto il 7% di assistenza domiciliare sanitaria, il quinto il 6 per cento.
 


11 gennaio 2018
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