Quella guerra infinita (e senza senso) tra le professioni sanitarie
di Luciano Fassari
Le professioni sanitarie sembravano aver capito che la strada da intraprendere fosse quella del confronto per costruire un nuovo equilibrio con posizioni chiare da sottoporre al legislatore. Ma sembra che la breve stagione di dialogo sia già finita e neanche la lezione del Covid, che per essere affrontato efficacemente ha bisogno che tutti lavorino nella stessa direzione, è servita a dare una visione comune. E così siamo tornati ad un tutti contro tutti che non porta a nulla
18 SET - Sembra passato un secolo da quel febbraio del 2019 dove tutte le professioni sanitarie si riunirono per la prima volta in un’assemblea comune a Roma. Un evento quasi ‘epocale’ viste le continue bagarre sulle competenze degli ultimi anni. In quella giornata si respirava un’aria di collaborazione con l’obiettivo dichiarato di fare fronte comune per il bene del Ssn. Dopo anni, non senza mal di pancia, sembrava d’intravedere una fioca luce di pace.
E quel percorso unitario, sempre difficile, è proseguito anche nel gennaio 2020 e portò addirittura all’istituzione da parte del Ministro della Salute
Roberto Speranza della Consulta delle professioni, un’agorà del confronto su basi paritarie con l'ambizione di trarre ricchezza e stimoli dalle diversità. Poche settimane dopo arrivava il Covid e la lotta contro il virus diventava il simbolo di quella ritrovata e insperata unità di intenti delle professioni sanitarie in nome della difesa della salute e della vita.
Ma passato il picco dell’emergenza sono riemerse, se possibile con ancora più vigore, le diffidenze tra le professioni dove i confini degli ‘orticelli’ sono in realtà divenute una sottospecie di trincee delle competenze e dei ruoli.
Gli esempi di questi ultimi mesi sono ovunque. Basti per esempio pensare all’introduzione dell’infermiere di famiglia o di comunità che ha scatenato la dura reazione dei medici di famiglia riattizzando quel livore mai sopito frutto delle controversie durissime sul famigerato comma 566 della Legge di Bilancio del 2014, colmate nella clamorosa radiazione dall'Ordine dei medici di Bologna dell'assessore alla salute Venturi (medico) considerato una sorta di "traditore" dei principi deontologici dei medici per aver approvato una delibera che autorizzava le ambulanze con solo infermieri a bordo.
E non dimentichiamo poi l’affaire della medicina scolastica: i medici si propongono e gli infermieri pure, poi ci sono i pediatri che si dicono contrari e dopo settimane di polemiche alla fine il risultato è stato un nulla di fatto.
E che dire poi della querelle degli ultimi giorni sui vaccini in farmacia dove a colpi di botta e risposta medici e farmacisti si stanno confrontando senza esclusione di colpi.
Ma è chiaro che le diatribe non finiscono qui. In questi anni abbiamo visto quelle tra medici radiologi e tecnici di radiologia, tra massofisioterapisti, osteopati e fisioterapisti. E come non dimenticare le ostetriche che anche loro aspirano a diventare di ‘famiglia’.
L’elenco poi si potrebbe allungare all’infinito se entrassimo ad analizzare le polemiche all’interno delle professioni stesse dove talvolta sembra di assistere ad una lotta tra ‘gang’.
Insomma, in quell’ormai lontanissimo febbraio 2019 le professioni sanitarie sembravano aver capito che la strada da intraprendere era quella del confronto per costruire un nuovo equilibrio con posizioni chiare da sottoporre al legislatore. Ma la lezione del Covid, che per essere affrontato efficacemente ha bisogno che tutti lavorino nella stessa direzione, evidentemente non è stata metabolizzata.
E così ci troviamo nuovamente a commentare innumerevoli rivendicazioni, tutte legittime se prese una ad una, ma chiaramente ognuna raffigurante una visione limitata sul come allargare di un metro il proprio orticello e non a migliorare il Ssn nel suo complesso.
Ognuno, per capirci, reclama sempre più spazio e tira per la giacchetta il ministro, il politico o il partito di turno, trascinati anch'essi, alla fine, in una querelle confusa e senza sbocco senza che emerga quella vision chiara e compiuta in grado di dare vita a una nuova stagione del "lavoro" in sanità.
Luciano Fassari
18 settembre 2020
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