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Salute mentale. Cura, assistenza e ricadute sul lavoro costano il 4% del Pil. Ne soffre almeno il 20% della popolazione e con il Covid situazione è peggiorata. Il nuovo rapporto Ocse

di Massimo Cozza

La salute mentale della popolazione è peggiorata all’inizio della pandemia di Covid-19. La prevalenza dei sintomi di ansia e depressione da marzo ad aprile 2020 è stata maggiore in tutti i paesi in cui sono disponibili dati rispetto agli anni precedenti. E non è tornata a livelli pre-crisi nella maggior parte dei paesi OCSE nel 2021, sebbene con variazioni significative. IL RAPPORTO OCSE.

15 NOV - La pubblicazione OCSE del 2015 “Fitter Minds, Fitter Jobs”, che si potrebbe tradurre in “Menti più in forma, lavori in condizioni migliori” si concludeva con l’obbiettivo per tutti i paesi di affrontare in modo globale il governo dei problemi di salute mentale, a tutti i livelli di gravità, e in diversi ambiti: dalla consapevolezza al cambiamento nella salute mentale integrata, competenze e politiche del lavoro.
 
Dopo cinque anni l’OCSE ha pubblicato il secondo Rapporto, definitivamente condiviso a ottobre 2021, che partendo dal 2015 affronta le tematiche riguardanti la salute mentale in relazione alle aree della salute, dei giovani, del lavoro e del welfare.
 
Si parte dalla considerazione che in qualsiasi momento circa il 20% della popolazione sperimenta problemi di salute mentale. Si tratta di persone che in gran parte hanno tassi di occupazione molto più bassi della media e tassi di disoccupazione più elevati.
 
Si stima che il costo totale dei problemi di salute mentale sia almeno del 4% del PIL, tenendo conto della riduzione della produttività e dell’aumento delle assenze, della spesa sociale e dei costi diretti per i sistemi sanitari.
 
In particolare le persone con problemi di salute mentale sono spesso considerate incapaci di lavorare, imparare e vivere insieme ad altri membri della società, anche quando nella maggior parte dei casi possono farlo.
La promozione della salute mentale, pertanto, potrebbe aiutare a superare i pregiudizi e creare un ambiente accogliente in cui le persone accettano un supporto.
 
Con una comunicazione centrata sulla persona, basata sui punti forza e finalizzata al recupero. Un percorso, potremmo affermare, centrato sulla recovery. Con la consapevolezza che una politica di salute mentale richiede un intervento globale e integrato, politico e sociale.
 
 
Pregiudizio e stigma
Nel 2019 l’IPSOS, leader mondiale nell’ambito delle ricerche di mercato, ha condotto una indagine in 29 paesi, inclusi 19 paesi OCSE, dalla quale risulta una sussistenza dello stigma che circonda la salute mentale.
In particolare solo il 60% degli intervistati ha convenuto che la malattia mentale fosse come una qualsiasi altra malattia, mentre il 25% ritiene che chiunque abbia avuto un problema di malattia mentale dovrebbe essere escluso da un impegno pubblico.
 
In presenza dello stigma, anche se una persona è consapevole della necessità di cercare aiuto, il suo ambiente, in particolare di lavoro, lo considera come un segno di debolezza.
Bisognerebbe, quindi, affrontare il pregiudizio e lo stigma attraverso campagne pubbliche di sensibilizzazione, parlando nei modi giusti della salute mentale.
 
Giovani
Circa la metà di tutte le condizioni di salute mentale si manifestano entro i 18 anni e due su tre entro i 25 anni.
Ciò rende particolarmente importanti gli interventi di salute mentale e il sostegno durante l’infanzia, l’adolescenza e la fase giovanile.
Se i problemi di salute mentale non vengono affrontati in questo periodo, i sintomi e le loro condizioni possono deteriorarsi e impedire alle persone di vivere una vita lavorativa soddisfacente e produttiva.
 
In media nell’OCSE gli studenti con disagio mentale hanno una probabilità del 35% in più di ripetere un anno, rischiando di interrompere le connessioni sociali con il gruppo di pari, rimuovendo una potenziale fonte di protezione. I giovani con problemi di salute mentale hanno minori possibilità di completare l’istruzione di alto livello.
 
Bisognerebbe identificare precocemente gli studenti in difficoltà fornendo un supporto mirato e attività di prevenzione.
In caso di sintomi depressivi, interventi più mirati, come la psicoterapia cognitivo-comportamentale e interpersonale, hanno una forte base di evidenze e possono ridurre il rischio di ricaduta.
 
Una meta-analisi sugli impatti sulla salute mentale dei social media sui giovani di 13-18 anni ha anche scoperto che mentre esiste una correlazione tra social media e problemi di salute mentale, è probabile che gli impatti dipendano anche dalla natura dell'uso, conuso moderato correlato con un maggiore benessere mentale.
 
Il lavoro
I luoghi di lavoro sono ambiti in cui la maggior parte degli individui trascorrono una parte significativa della propria vita.
In ogni paese il 20% della popolazione in età lavorativa ha un qualche problema di salute mentale.
 
Chiarendo che la nozione di salute mentale va intesa come un continuum, con una cattiva salute mentale da un lato e una buona salute mentale dall’altro, piuttosto che l’assenza o la presenza.
 
In tutti paesi OCSE esaminati, le persone con qualche forma di problemi di salute mentale avevano tassi di occupazione più bassi.
In particolare in Italia i tassi di occupazione sono relativamente bassi indipendentemente dallo stato di salute mentale.
 
Pertanto si potrebbero ottenere maggiori risultati migliorando la situazione generale del mercato del lavoro piuttosto che concentrarsi principalmente su coloro che affrontano una condizione di problemi di salute mentale, perché un più esteso mercato del lavoro probabilmente andrebbe a vantaggio di entrambi i gruppi.
 
Particolarmente stressante può essere il passaggio dal lavoro alla disoccupazione, con una minore soddisfazione della vita e perdita dell’autostima.
Periodi di disoccupazione più lunghi sono associati a un maggior carico di malattie e di disagio mentale.
Le persone con problemi di salute mentale hanno tre volte di più la probabilità di rimanere disoccupate e, se dipendenti, hanno oltre l’80% di probabilità in andare in pensione anticipata.
 
I lavoratori dipendenti con problemi di salute mentale hanno un divario salariale di circa il 17%.
Bisognerebbe mettere in atto politiche di incoraggiamento dell’occupazione tra le persone con problemi di salute mentale, aiutandole ad uscire da una condizione di povertà.
 
I programmi individuali di collocamento e supporto dovrebbero essere potenziati, in particolare attraverso l’Individual Placement and Support (IPS), una pratica comprovata in cui team multidisciplinari di salute mentale, tra cui uno specialista del lavoro, forniscono sostegno coordinato in materia di salute e occupazione per le persone in cerca di occupazione, nella ricerca e nel mantenimento di un lavoro in un contesto competitivo.
I paesi dovrebbero coinvolgere i lavoratori disoccupati per affrontare le loro condizioni di salute mentale, incrementare le prospettive occupazionali delle persone con problemi di salute mentale, migliorando l’ambiente di lavoro per incoraggiarle a rimanere, anche attraverso la possibilità di accesso a orari flessibili.
 
I servizi sanitari
L’assistenza psichiatrica deve affrontare una duplice sfida: sotto investimenti e barriere che impediscono l’integrazione con il sostegno sociale e occupazionale.
 
I sistemi di assistenza per la salute mentale, come priorità, dovrebbero consentire un accesso più tempestivo e appropriato ai servizi territoriali, tenendo conto dell’importante ruolo giocato dall’istruzione e dal lavoro per la promozione di una buona salute mentale.
 
La maggior parte delle persone che soffrono di problemi salute mentale non riceve cure da specialisti del settore ma si rivolge prima ai medici di medicina generale, ai pediatri e ai medici del lavoro.
La maggior parte delle persone con problemi di salute mentale non è stata visitata da uno specialista nell’ultimo anno, indipendentemente dalla gravità della loro condizione.
 
Potrebbero non percepire il bisogno di cura, preferire di trattare da sole i propri problemi, considerare inefficaci i trattamenti, aver avuto esperienze negative in passato con gli operatori sanitari, tempi troppo lunghi per ottenere un appuntamento, problemi di distanza o di trasporto.
Mentre molte persone con problemi di salute mentale non cercano e non vogliono aiuto, ci sono molte che desidererebbero averlo ma possono avere anche difficoltà ad accedere ai servizi, in media in Europa due persone su tre.
 
Le persone con problemi di salute mentale hanno anche maggiori probabilità di avere necessità di assistenza medica, avendo anche in questo ambito difficoltà di accesso, con problemi sempre più gravi dal punto di vista fisico. Strategiche, per un migliore accesso, sono pertanto le figure del medico di medicina generale e del pediatra di libera scelta.
La Raccomandazione delinea quindi la necessità che gli operatori dell’assistenza primaria siano formati in materia di salute mentale, con la consapevolezza del valore della scuola e dell’occupazione.
 
Welfare
Le persone con problemi di salute mentale hanno maggiori probabilità di vivere in famiglie a basso reddito e di ricevere retribuzioni inferiori.
In media, il 20,6% delle persone senza problemi di salute mentale ha ricevuto una qualche forma di sostegno al reddito, rispetto al 31,7% con condizioni di salute mentale da lievi a moderate e al 42,8% con condizioni di salute mentale più gravi.
 
Per chi ha problemi di salute mentale sono ugualmente importanti l’indennità di disoccupazione (37%), le indennità di invalidità (33%) e altri tipi di sostegno al reddito.
 
Genere e salute mentale
Le donne hanno una maggiore prevalenza nel corso della vita di problemi di salute mentale, tra crisi depressive e disturbi dell’umore più in generale. Hanno maggiori probabilità di subire violenza, discriminazioni e diseguaglianze.
 
Mentre la disoccupazione ha un effetto maggiore nella salute mentale dei maschi.
Le differenze di genere nelle percezioni verso la salute mentale, infatti, possono scoraggiare i maschi dal segnalare una condizione di disagio mentale a meno che non limitino gravemente la loro qualità della vita.
 
Salute mentale e Covid-19
La salute mentale della popolazione è peggiorata all’inizio della pandemia di Covid-19. La prevalenza dei sintomi di ansia e depressione da marzo ad aprile 2020 è stata maggiore in tutti i paesi in cui sono disponibili dati rispetto agli anni precedenti. E non è tornata a livelli pre-crisi nella maggior parte dei paesi OCSE nel 2021, sebbene con variazioni significative.
 
In Italia un sondaggio durante il blocco iniziale del COVID-19 da marzo a maggio 2020 ha rilevato che più della metà della popolazione aveva una qualità del sonno ridotta.
Sebbene si temesse che i tassi di suicidio potessero aumentare durante la crisi COVID-19, un’analisi delle serie temporali non ha rilevato alcun aumento in 21 paesi ad alto reddito tra aprile e luglio 2020. Tuttavia, sarà necessario un ulteriore monitoraggio per vedere se queste tendenze si mantengono nelle diverse fasi della pandemia e in tutti i paesi.
 
In particolare ci sono prove schiaccianti che la salute mentale dei giovani (15-29 anni) è stata significativamente influenzata negativamente dalla crisi COVID-19 e questa tendenza è continuata fini alla metà del 2021.
Anche i genitori di bambini piccoli, e in particolare le madri, segnalano un calo della salute mentale rispetto a prima della crisi.
 
Le ripercussioni nel mondo della scuola
La chiusura delle scuole e le conseguenti interruzioni dell'apprendimento hanno avuto implicazioni significative per la salute mentale, poiché le scuole offrono più di un semplice luogo per lo sviluppo accademico. L'improvviso passaggio all'apprendimento a distanza ha eroso molti fattori protettivi offerti dalla presenza di persona, tra cui la routine, il contatto sociale e il senso di appartenenza a una comunità, nonché l'accesso all'esercizio.
Quando gli individui emergono dall'infanzia, caratterizzata da una dipendenza dall'attaccamento genitore-figlio, diventano più dipendenti dalle interazioni tra pari, con i coetanei.
 
Peraltro, le scuole fungono da punto di accesso primario ai servizi di salute mentale per molti giovani e gli attori in prima linea come gli insegnanti sono spesso in una buona posizione per identificare i primi sintomi di problemi di salute mentale attraverso ripetute assenze e cambiamenti comportamentali nella vita quotidiana.
 
Le interruzioni dell'apprendimento dovute alla crisi del COVID-19 hanno messo gli studenti a rischio di disimpegnarsi e abbandonare del tutto gli studi, con un onere sproporzionato che grava sui giovani provenienti da contesti svantaggiati.Mantenere i giovani a scuola protegge dalla cattiva salute mentale e porta benefici sia all'individuo che alla società in termini di migliori prospettive di lavoro a lungo termine.
 
Sebbene si possa prendere in considerazione l'uso della ripetizione dell’anno per affrontare le perdite di apprendimento e colmare le lacune nelle competenze per gli studenti che soffrono di disagio mentale, l'ampio uso di tale misura dovrebbe essere evitato.I responsabili politici e le istituzioni educative dovrebbero invece concentrarsi sul sostegno agli studenti durante la crisi.
Non vi è alcuna garanzia che la ripetizione dell’anno aiuti a colmare le lacune di apprendimento e può comportare costi significativi per l'individuo in termini di perdita di reddito a causa del ritardo nell'ingresso nel mercato del lavoro.Inoltre, la ripetizione dell’anno può interrompere le connessioni sociali degli studenti con il loro gruppo di coetanei e quindi aumentare il rischio di disagio mentale.
 
Nel febbraio 2021, il Regno Unito ha lanciato un corso di formazione gratuito per le persone che lavorano o si prendono cura dei giovani di età inferiore ai 25 anni.
 
La solitudine
Nella UE, la percentuale di persone che ha riferito di sentirsi sola “più della metà del tempo” nei primi mesi della pandemia (25%) è stata più del doppio della percentuale che ha riportato la stessa sensazione nel 2016.
Poiché le persone in tutto il mondo hanno un contatto fisico limitato per diminuire la diffusione del coronavirus, la solitudine è stata oggetto di dibattito pubblico ed è emersa come una rinnovata priorità politica in molti paesi dell'OCSE.
 
Nell'UE, ad esempio, la percentuale di persone che hanno riferito di sentirsi sole "più della metà del tempo" nei primi mesi della pandemia (25%) è stata più del doppio rispetto a quella che hanno riportato la stessa sensazione nel 2016. Poiché la solitudine, definita come il divario tra il grado di connessione sociale desiderato e quello effettivo, è un fattore di rischio per una serie di problemi di salute, tra cui condizioni di salute mentale come ansia e depressione, interventi che affrontano la solitudine possono svolgere un ruolo importante nel prevenire lo sviluppo di problemi di salute mentale.
 
Tali interventi dovrebbero quindi essere visti come un pilastro chiave delle politiche integrate di salute mentale in futuro. Le politiche per affrontare la solitudine dovrebbero riconoscere che colpisce tutti i gruppi di età. Sebbene sia convinzione comune che i gruppi di età più avanzata siano a più alto rischio di solitudine, non è necessariamente così. Sembra raggiungere il picco in due diverse fasi della vita, vale a dire la giovinezza e la prima età adulta, e molto l’età più avanzata (+ 80 aa).
 
Anche le cause della solitudine differiscono in modo significativo tra i gruppi di età.Tra i giovani è spesso guidata dalle sfide per stabilire la propria identità, così come dalla transizione scuola-lavoro.
Invece, la solitudine tra i gruppi di età più avanzata è principalmente guidata da fattori come la perdita di partner e amici e la ridotta mobilità derivante da condizioni di salute.
 
Smartworking
Le evidenze precedenti alla crisi del COVID-19 sull'interazione tra telelavoro e salute mentale erano miste.Se ben gestito, il telelavoro offre vantaggi quali modalità di lavoro flessibili, eliminazione dei tempi di spostamento e la possibilità di conciliare lavoro e impegni familiari.Tuttavia, il telelavoro può anche offuscare i confini tra lavoro e casa, aumentare l'uso delle tecnologie digitali e contribuire a prolungare l'orario di lavoro e provocare un senso di distacco dal posto di lavoro, tutte cose che possono avere un impatto negativo sulla salute mentale.
 
Conclusioni
I tre quarti dei paesi che hanno risposto ad un questionario OCSE hanno riferito nel 2020 di aver avuto in atto programmi o strategie nazionali per approcci integrati e interministeriali per la governance della salute mentale.
Riconoscono inoltre pienamente che affrontare lo stigma sulla salute mentale è un requisito delle politiche integrate.
 
Aumentare la consapevolezza sui problemi di salute mentale e affrontare il continuo stigma dei confronti della salute mentale richiederà un’azione tra i sistemi sanitari, le istituzioni educative, i luoghi di lavoro, i sistemi di protezione sociale e la società in generale.
Ma rimangono poche iniziative nei sistemi di welfare che collegano e integrano sistematicamente la salute mentale e i servizi per l’impiego.
I sistemi sanitari stanno dando sempre più priorità alla salute mentale e cè un maggior riconoscimento dell’integrazione del trattamento della salute mentale con gli interventi, sul posto di lavoro e sull’occupazione. Ma tali sforzi sembrano essere ancora spesso a livello di strategia.
 
Quasi tutti i paesi hanno riferito di avere strategie di salute mentale o programmi di lavoro, ma la maggior parte di questi programmi rimane in gran parte incentrata sul sistema sanitario.
In altre parole i paesi dell’OCSE continuano a vedere la salute mentale prima di tutto come un problema per il sistema sanitario.
I sistemi di assistenza sociale, i servizi per l’impiego e le prestazioni sociali sono notevolmente in ritardo nella maggior parte dei paesi OCSE, così come nello sviluppo di politiche integrate.
 
Si prevede inoltre che i tassi di disoccupazione rimarranno al di sopra dei livelli pre-crisi fino alla fine del 2022 in molti paesi OCSE, il che suggerisce che affrontare la disoccupazione rimarrà una sfida oltre il breve termine.
Sostenere le persone in cerca di lavoro nel reinserimento lavorativo attraverso il sostegno alla ricerca di lavoro, la consulenza e le opportunità di formazione rimane una leva chiave per promuovere una migliore salute mentale tra la popolazione attiva.
 
Data la portata della sfida che devono affrontare i paesi OCSE, è più urgente che mai un approccio integrato alle politiche della salute mentale che tenga conto delle dimensioni dell’istruzione, dell’occupazione e del benessere della salute mentale, con un focus sui gruppi più colpiti dalla crisi COVID-19, per garantire che le persone in tutta l’OCSE siano in grado di condurre una vita mentalmente sana.
 
Le politiche dovranno adeguarsi e la Raccomandazione dovrebbe essere rivista solo dopo aver preso in considerazione le conseguenze a lungo termine della crisi del Covid-19. La prossima opportunità di rivedere la Raccomandazione avrà luogo tra cinque anni, e quindi le priorità politiche emergenti delineate saranno importanti in questo processo.
 
Massimo Cozza
Direttore Dipartimento Salute Mentale ASL Roma 2

15 novembre 2021
© Riproduzione riservata

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