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L'Hiv/Aids in Italia: i nuovi dati dell'Iss


18 LUG - “Sin dagli inizi dell’epidemia l’Istituto superiore di Sanità monitora l’andamento dell’infezione da Hiv nel nostro Paese e i nuovi dati del bollettino del Centro Operativo Aids, che ci siamo affrettati ad anticipare proprio in vista della Conferenza Internazionale dell’Aids Society ci confermano che sulla diffusione di questa infezione non bisogna abbassare la guardia”. Così Enrico Garaci, presidente Istituto Superiore di Sanità, introduce i nuovi numeri sull’infezione da Hiv resi noti questa mattina. “I dati italiani - aggiunge Garaci - sono in linea con il trend europeo e indicano che, nonostante i progressi compiuti, l’Italia mostra fra i Paesi dell’Europa occidentale un’incidenza di nuove diagnosi di HIV medio-alta, con 2.588 nuove diagnosi pervenute nel 2009, per un totale di oltre 45 mila diagnosi di infezione di HIV negli ultimi 15 anni. La lettura di questi dati nel tempo ci racconta inoltre, come è cambiato negli anni il target dell’infezione: non più in maggioranza tossicodipendenti, ma persone che contraggono l’infezione o che sviluppano la malattia in seguito a rapporti sessuali, sia etero che omosessuali. Un altro problema è quello del ritardo della diagnosi, soprattutto negli eterosessuali e negli stranieri, che spiega come la percezione del rischio, in particolare fra gli eterosessuali sia ancora bassa. Aumenta inoltre l’età mediana alla diagnosi, che arriva ormai intorno ai 40 anni”.Nel dettaglio, i numeri dell’Iss, mostrano che tra il 1985 e il 2009 sono state 45.707 le nuove diagnosi da infezione da Hiv pervenute da 17 Regioni italiane al Centro Operativo antiAids dell’Iss. Con un picco di incidenza nel 1987 che si è poi abbassato fino al 1998 per poi stabilizzarsi. L’ultimo anno per cui si hanno le segnalazioni, il 2009, ha visto 2.588 nuove diagnosi con un’incidenza pari a 6 abitanti ogni 100 mila. L’incidenza è maggiore al Centro-Nord rispetto al Sud e alle isole. In particolare, l’incidenza più alta è stata registrata in Emilia Romagna, la più bassa in Calabria.
Aumenta l’età mediana al momento della diagnosi - da 26 anni per i maschi e 24 anni per le femmine nel 1985 a, rispettivamente, 39 e 36 anni nel 2009 – e cambiano le categorie di trasmissione: diminuiscono i tossicodipendenti (dal 74,6% nel 1985 al 5,4 % nel 2009) e crescono i casi attribuibili a trasmissione sessuale (omosessuale ed eterosessuale) passati dal 7,8% nel 1985 al 79% nel 2009. Per il 15,1% delle persone diagnosticate con una nuova diagnosi di infezione da Hiv nel 2009 non è stato possibile stabilire la modalità di trasmissione. La proporzione di stranieri tra le nuove diagnosi di infezione da Hiv è aumentata dall’11% nel 1992 al 32,9% nel 2006, per poi diminuire negli anni seguenti; nel 2009 è stata del 27,2%. In pratica nel 2009 quasi una persona su 3, diagnosticata come HIV positiva, è risultata di nazionalità straniera. Tra questi, la via di trasmissione più frequente è rappresentata dai contatti eterosessuali: si è passati dal 24,6% del 1992 al 70% nel 2009.Inoltre, un terzo delle persone con una nuova diagnosi di Hiv viene diagnosticato in fase avanzata di malattia, con una rilevante compromissione del sistema immunitario (numero di linfociti CD4 inferiore a 200 cell/mm3).
Per quanto concerne i casi conclamati di Aids, dal 1982, anno della prima diagnosi di Aids in Italia, al 31 dicembre 2010, sono stati notificati al COA 62.617 casi di Aids. Di questi, 48.389 (77,3%) erano di sesso maschile, 773 (1,2%) in età pediatrica (<13 anni) o con infezione trasmessa da madre a figlio, e 5.335 (8,5%) erano stranieri. L’età mediana alla diagnosi di AIDS, calcolata solo tra gli adulti, era di 35 anni per i maschi, e di 33 anni per le femmine.Nel 2010 sono stati notificati al COA 1.079 nuovi casi di Aids, di cui 718 (66,5%) diagnosticati nel 2010 e 361 diagnosticati negli anni precedenti. Si rileva un costante incremento dell’incidenza dei casi di Aids dall’inizio dell’epidemia fino al 1995, per poi decrescere fino al 2001 e rimanere stabile negli anni successivi. Le regioni più colpite sono nell’ordine: Lombardia, Lazio ed Emilia-Romagna.
Il 66,2% del totale dei casi si concentra nella fascia d’età 30-49 anni. In particolare è aumentata la quota di casi nella fascia d’età 40-49 anni (per i maschi dal 10,1% nel 1990 al 38,4% nel 2010 e per le femmine dal 5,7% nel 1990 al 32,4% nel 2010).L’età mediana alla diagnosi dei casi adulti di Aids mostra un aumento nel tempo, sia tra gli uomini che tra le donne. Infatti, se nel 1990 era di 31 anni per i maschi e di 29 per le femmine, nel 2010 l’età mediana è salita rispettivamente a 44 e 40 anni. Nell’ultimo decennio la proporzione di pazienti di sesso femminile tra i casi adulti è rimasta sostanzialmente stabile intorno al 23-25%.
Per quanto riguarda le vie di trasmissione il 54,9% del totale dei casi è attribuibile alle pratiche associate all’uso di sostanze stupefacenti per via iniettiva (uso iniettivo di droghe + uso iniettivo di droghe/contatti omo-bisessuali). La distribuzione nel tempo mostra un aumento della proporzione dei casi attribuibili ai contatti sessuali (omosessuali ed eterosessuali) i più frequenti nell’ultimo biennio, e una corrispondente diminuzione dei casi attribuibili alle altre modalità di trasmissione. Nel caso dei contatti eterosessuali, si può poi fare un’ulteriore divisione in base al tipo di rischio e al sesso: il 40,8% delle donne ha avuto rapporti con un partner di cui era nota la sieropositività, mentre tra gli uomini tale evenienza si è verificata nell’11,8% dei casi.Nel 2010, quasi 60% dei nuovi casi di Aids ha scoperto di essere sieropositivo molto tardi, in concomitanza con la diagnosi di Aids (pazienti cosiddetti “late presenters”); questa proporzione è aumentata progressivamente negli ultimi 15 anni. Come conseguenza di queste diagnosi tardive, ben due terzi delle persone diagnosticate con AIDS dal 1996 a oggi non ha usufruito dei benefici delle terapie antiretrovirali prima di tale diagnosi.
I decessi, infine, ammontano a 39.344 pazienti (62,8%) al 31 dicembre 2010. Tuttavia, è probabile che si tratta di un numero sottostimato, in modo particolare per gli ultimi anni, dal momento che la segnalazione di decesso al COA non è obbligatoria.

18 luglio 2011
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