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La testimonianza degli operatori sanitari del Centro OPBG di Takeo


24 GIU - L’avventura dell’Ospedale Pediatrico Bambin Gesù (OPBG) nel Paese asiatico inizia oltre 4 anni fa, con l’accordo firmato a Roma il 30 maggio 2006 tra l’allora ministro della Sanità cambogiano Nuth Sokhom e l’OPBG per l’avvio di progetti di assistenza in Cambogia.
“Volevamo aiutare i pazienti che chiedevano il nostro aiuto. Quei pochi che arrivavano, almeno. Ma non eravamo in condizione di farlo”, racconta Ung Sokha, cambogiana, oggi responsabile sala operatoria nel reparto OPBG. “Nell’area i punti di assistenza alla salute erano rari e di bassissimo livello. Ma in ogni caso, la gente non cercava le cure in ospedale, perché non aveva i soldi per pagare le prestazioni né i mezzi per arrivare fin qui dai villaggi, ma anche per diffidenza nei confronti dell’ospedale. Ho visto morire tanti pazienti, che se solo fossero arrivati al centro prima, ce l’avrebbero fatta”.
 
A tenere lontana la popolazione dai centri sanitari sono anzitutto problemi economici e di accesso alle strutture, ma anche elementi culturali, raccontano a Quotidiano Sanità gli operatori del Centro Clinico di Takeo. Manca infatti una cultura del prendersi cura, mentre persistono antiche tradizioni che ancora oggi rendono gli stregoni dei punti di riferimento per una consistente parte della popolazione, anche quando si tratta di evidenti problemi di salute.
 
In questa situazione, 4 anni fa, uno staff di 6 operatori (tra cui 2 pediatri ma nessun chiurgo), con l’aiuto delle Daughters of Charity (una Ong locale) e dell’ospedale pediatrico Bambin Gesù di Roma ha trasformato una struttura fatiscente in un Centro clinico-chirurgico con 27 posti letto in grado di offrire un’assistenza pediatrica di eccellenza alla popolazione.
 
Sul finire del 2007 due container arrivati da Roma hanno garantito al nuovo Centro le apparecchiature necessarie ad avviare l’attività assistenziale. Contestualmente sono state promosse le prime iniziative di comunicazione e di sensibilizzazione alla salute tra la popolazione e, in concomitanza, le prime visite, i primi interventi, i primi percorsi terapeutici, offerti gratuitamente ai più poveri e con contributi equi alle spese sostenute dall’ospedale nei confronti di chi può permetterselo. Una politica che il Centro segue tutt’ora, per assicurare la tutela della salute ai più bisognosi.
 
A 4 anni di distanza, i numeri del Centro Clinico OPBG di Takeo sono cresciuti sostanziosamente. I posti letto sono saliti a 40, a cui si aggiunge 1 sala operatoria, 1 dipartimento per le visite esterne, 1 ludoteca per i bambini ospiti del centro, la libreria medica e la possibilità di accesso online alle riviste internazionali e a corsi formativi in medicina.
 
Anche la “famiglia” si è allargata. Partiti in 6, oggi il Centro conta ben 33 operatori a cui si aggiunge il personale religioso e volontario che sostiene i programmi di assistenza e prevenzione. “Vedo tra lo staff grande entusiasmo per i risultati raggiunti in 4 anni di duro lavoro – afferma Te Vantha, vice-direttore dell’ospedale di Takeo e medico pediatra –, e il nuovo padiglione permetterà di potenziare in nostro impegno nei confronti popolazione locale”.
 
Una forza di volontà confermata anche dal professor Oscar E. Illi, chirurgo ortopedico della Croce Rossa Svizzera che presta servizio volontario per 3 settimane all’anno presso il reparto OPBG a Takeo. “È la quarta volta che torno in Cambogia – racconta Illi –, e ho notato che il tasso di interventi legati a problematiche post-ustione o incidenti è gradualmente aumentato insieme alla fama del Centro presso la popolazione locale. Quello che conta – prosegue il chirurgo – è che i colleghi cambogiani diventino più bravi di noi, è nostro compito formarli continuamente e seguirli nelle attività del Centro, affinché il livello di assistenza verso il paziente sia mantenuto sempre a livelli di alta qualità”.

 
L.C. – B.G.
 

24 giugno 2010
© Riproduzione riservata
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