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Parla l’avvocato della coppia di Firenze. “Legge 40 irragionevole”


12 DIC - “Irragionevole sotto tanti punti di vista”. Così Gianni Baldini, l’avvocato della coppia che ha presentato ricorso al Tribunale di Firenze contro la legge 40 sulla Pma, definisce i due articoli che vietano la revoca del consenso informato dopo la fecondazione dell'ovulo e l’utilizzo di embrioni umani a scopo di ricerca o di sperimentazione. Norme su cui lo stesso Tribunale ha sollevato dubbi di costituzionalità, rinviando la legge alla Consulta.

La vicenda, spiega Baldini, nasce dal desiderio di una coppia portatrice di patologie genetiche trasmissibili di avere un figlio. “La coppia si è rivolta a un centro di fecondazione assistita a Firenze. Sono stati prodotti 12 embrioni, di cui1 sano, 4 non ‘biopsabili’ per la diagnosi genetica e 5 risultati affetti dalla malattia di cui i due genitori erano portatori”, riferisce Baldini. La fecondazione è stata quindi tentata con l’embrione sano, ma purtroppo non è andata a buon fine.

“La coppia – racconta l’avvocato - ha allora chiesto al Centro di ripetere da capo il trattamento, ma gli è stato risposto che, avendo ancora 9 embrioni congelati, avrebbero dovuto utilizzare quelli, nonostante fossero malati o non biopsabili, quindi nella totale incertezza sulla salute del nascituro”.

Ed è a quel punto che la coppia ha chiesto al Centro ritirare il consenso all’utilizzo degli embrioni non biopsabili e di destinare alla ricerca scientifica quelli sovrannumerari “allo scopo di trovare la cura a quella malattia, invece di lasciarli morire al freddo”, sottolinea l’avvocato Baldini ricordando che la legge 40 vieta la distruzione degli embrioni “ma anche dopo 6-7 anni di crioconservazione il destino di quegli embrioni è destinato all’autoistinzione”.

Richieste tuttavia respinte dal Centro, perché contrarie all’articolo 6 della legge 40, che stabilisce la possibilità di revoca del consenso solo fino al momento della fecondazione dell'ovulo, e all’articolo l'articolo 13 della stessa legge, che vieta la produzione di embrioni umani a fini di ricerca o di sperimentazione e pone forti limiti al loro utilizzo.

Norme che tuttavia non hanno convinto neanche il Tribunale di Firenze, secondo il quale la legge 40 violerebbe gli articoli 9, 32 e 33 della Costituzione in materia di ricerca e salute.

“La liberà di autodeterminazione sono sintesi di diritti fondamentali dell’uomo e quindi non può esistere un trattamento sanitario, fuori dal Tso, che non consenta al paziente di revocare il consenso al trattamento”, commenta Baldini. Il Tribunale di Firenze, spiega l’avvocato, “ha inoltre rilevato che è irragionevole il divieto in materia di ricerca scientifica, in quanto non comprende l’ipotesi in cui l’embrione risulta malato o abbandonato, quindi destinato alla distruzione”.

Baldini sottolinea infatti come la Costituzione preveda “altri valori rilevanti, come la solidarietà sociale, la libertà di ricerca scientifica, la salute collettiva, che devono essere bilanciati con il diritto alla vita e allo sviluppo dell’embrione”. E questo sarebbe, secondo l’avvocato, uno dei casi più evidenti. “Dal momento che non c’era per quegli embrioni alcuna prospettiva di vita, non si capisce perché gli altri valori costituzionali non debbano avere la prevalenza, consentendo così, anche ai nostri laboratori, di fare ricerca sugli staminali” spiega Baldini. Secondo il quale, la dichiarazione di illegittimità della norma, “spezzerebbe anche l’ipocrisia italiana che rende possibile l’utilizzo di staminali importate dall’estero ma non quelle prodotte in Italia”.
 

12 dicembre 2012
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