I vaccini e quegli inutili allarmi sociali con un ‘tweet’ da 140 caratteri
06 GIU -
Gentile direttore,
appartengo a quella generazione in cui per andare a scuola occorreva presentare il libretto delle vaccinazioni, una generazione in cui la tubercolosi, il vaiolo e la poliomielite erano ancora presenti e procuravano dolore.
Ho vaccinato con serenità i miei figli come fosse un atto di civiltà e li ho visti crescere sani.
Poi ho assistito ad un arretramento ed ho letto di bambini morti per il Morbillo (ma come? Non l'avevamo debellato?) ed ho assistito a dibattiti sulle possibili conseguenze negative dei vaccini fino ad arrivare alla sentenza dei giorni scorsi che nega correlazioni tra vaccini ed autismo.
Senza entrare nei tecnicismi della giustizia che opera per la sicurezza collettiva ora mi chiedo due cose:
1) perché si consentono dibattiti tra comuni cittadini e scienziati? La scienza si basa su fatti e sperimentazioni non su supposizioni.
2) il medico che ha supportato i genitori nella causa (che oggi possiamo definire temeraria) subirà conseguenze? Pagherà almeno i costi per la definizione di questa controversia?
La libertà individuale è una conquista del XX secolo ma in questo nuovo millennio in cui basta un tweet da 140 caratteri per provocare un inutile allarme sociale le parole vanno usate con parsimonia ed attenzione.
Enzo Chilelli
Direttore Generale
Federsanità ANCI
06 giugno 2016
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