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Ortottisti. “Solo il 30% dei professionisti opera nel pubblico. Impossibile così garantire i Lea su tutto il territorio”. Intervista alla presidente Lucia Intruglio 

di Giovanni Rodriquez

"La nostra professione è carente. Solo il 30% degli Ortottisti opera nel pubblico, con conseguente difficoltà a effettuare stabilmente cicli di riabilitazione visiva. Siamo rari nei centri di riabilitazione, nelle Rsa, nei dipartimenti di prevenzione, per citare solo alcuni presidi. Non vi è una distribuzione omogenea. Ciò che è previsto dal DM 77, se non valorizziamo il personale sanitario, sarà disatteso".

14 NOV -

Proseguono le nostre interviste con i 19 presidenti delle rispettive professioni sanitarie che compongono la Fno Tsrm e Pstrp. Il nostro viaggio ci porta oggi a colloquio con Lucia Intruglio, Presidente della Commissione di Albo nazionale ortottisti che in questa intervista a Quotidiano Sanità traccia un quadro della professione mettendo in evidenza alcune criticità da risolvere, a partire dalla scarsa presenza di professionisti all'interno del Ssn, un fenomeno che mette a rischio garantire i Lea su tutto il territorio nazionale.

Dott.ssa Intruglio, chi sono gli Ortottisti?
L’Ortottista è l’unico professionista sanitario iscritto all’albo professionale che previene, valuta, abilita e riabilita disturbi sensoriali e motori della visione, disabilità, disfunzioni e anomalie visive; effettua tutti gli esami di oculistica compresa la misurazione della vista (significato di optometria); fornisce indicazioni su ogni dispositivo atto all'abilitazione, riabilitazione o compenso di natura protesica, morfo-estetica e funzionale del sistema visivo rispondendo altresì a nuovi bisogni di salute della popolazione; si occupa di didattica, ricerca, management, gestione dei dati, health technology assesment (Hta), assistenza oftalmologica, integrazione socio sanitaria; lavora in equipe multiprofessionali e multidisciplinari; contribuisce a percorsi diagnostici terapeutici assistenziali (Pdta), ampliando gli ambiti di azione in aderenza all'evoluzione tecnico-scientifica e organizzativa-gestionale. Un profilo ampio nel rispetto della normativa vigente.

Quanti sono gli iscritti all’albo?

A oggi gli Ortottisti italiani sono poco più di 3.400. Ogni anno si aggiungono mediamente 150 iscritti e altri laureati continuano gli studi.

Qual è la vostra formazione?
Esclusivamente universitaria dal 1955 (DPR 21/09/55 n. 952), può proseguire con laurea magistrale, master di I e/o II livello e dottorati di ricerca.

Rispetto al nostro primo appuntamento del 2021 cosa é cambiato e se sono emerse ulteriori criticità?
Le maggiori criticità manifestate dai colleghi sono diverse, tra queste la difficoltà nell’assolvere l’obbligo formativo in Ecm per turni di lavoro molto intensi. La formazione a distanza non può essere l’unica soluzione, stante la minore efficacia. Di fatti aiuterebbe se i Ccnl prevedessero le stesse ore dell’area dirigenziale (4 ore a settimana, anziché 8 giorni all’anno), altro vantaggio sarebbe lo scorporo dell’IVA dalle quote di iscrizione ai corsi (similmente alla pubblica amministrazione), ma non solo. Oggi le condizioni contrattuali non sono soddisfacenti né proporzionate alla responsabilità, competenze e soprattutto al prendersi cura di beni preziosi come la salute e la visione. Rileviamo una scarsa conoscenza della figura dell’Ortottista, anche da parte chi opera in ambito sanitario. Restano, in questo modo, misconosciute le mille potenzialità, dalla contattologia alla valutazione ortottica iniziale per le più svariate patologie e conseguenti percorsi di riabilitazione visiva quando necessari. Questa carenza favorisce abusivismo diffuso e disinvolto: in tanti pensano di potersi occupare di riabilitazione visiva ed esami di oculistica.

Non mancano però segnali molto positivi. Dopo la nostra richiesta siamo stati ricevuti presso il Ministero dell’università per evidenziare la sovrapposizione dei corsi in ottica e optometria afferenti la classe “scienze e tecnologie fisiche di Fisica” ai corsi di laurea in ortottica (oggi presente in 18 atenei) di “area sanitaria” a numero chiuso. Già nel lontano 2003 il Consiglio universitario nazionale (Cun) approvò gli ordinamenti purché non producessero “fraintendimenti negli studenti e dare adito ad ambiguità con l’attività svolta dal personale delle Aziende sanitarie pubbliche, attività cui danno abilitazione solo le specifiche lauree delle Professioni sanitarie a numero programmato come concertato dai Ministeri della Salute e dell’Istruzione, Università e Ricerca”. In questi ultimo periodo abbiamo avuto diversi incontri con i Nas, a cui abbiamo consegnato una memoria su una prima fattispecie di abusi, preparandone altre due. Dal lato formativo abbiamo concordato con i direttori didattici dei nostri corsi di laurea lo standard minimo di tirocinio, al fine di rendere omogenea tale attività su tutto il territorio nazionale.

Continuiamo, inoltre, con trasparenza i rapporti con l’Associazione tecnico-scientifica di riferimento AIOrAO e, con le associazioni europea OCE e internazionale IOA di ortottica per una proficua collaborazione per la crescita della professione. Ci siamo occupati di redigere un documento di posizionamento sulla professione dell’Ortottista, salutato favorevolmente dai colleghi, in quanto descrive in modo efficace fino a dove possiamo operare. Non da ultimo il nostro contribuito ai tanti tavoli e gruppi della Federazione nazionale e il supporto alle Commissioni di albo territoriali riguardo alle indicazioni da fornire ai colleghi, infine stiamo concludendo le tariffe per l’equo compenso previsto dalla legge 40 del 2023.

Veniamo infine al rapporto con la Fno Tsrm e Pstrp.
Dal 2020 ci sentiamo più esperti e consapevoli del lavoro da svolgere, che in questi 3 anni è stato “massiccio”. Abbiamo, si spera, superato la fase degli Ordini tartassati dalla burocrazia (migliaia di iscrizioni, titoli da valutare, pandemia, informazioni ai professionisti, vaccinazioni, sospensioni, integrazioni, la fuoriuscita di una professione, ecc.) e auspichiamo di raccogliere i frutti “politici” di questo lavoro fatto insieme a tante professioni con peculiarità diverse.

La Federazione nazionale ha permesso di lavorare su numeri certi per il fabbisogno formativo, mappando la presenza dei professionisti sul territorio, oltre che rapportarci con le altre Federazioni e consigli nazionali delle altre professioni, incrementando la vigilanza e migliorando i processi legislativi nell’auspicio di ridurre le controversie. Infine grazie al lavoro congiunto abbiamo chiesto ai Ministeri della salute e dell’università di promuovere i corsi di laurea delle professioni sanitarie al pari di quanto si fa per il reclutamento delle forze armate.

Il nostro compito come Commissione di albo nazionale è di rendere evidente sempre più la professione, fortificando i professionisti, supportando i giovani e promuovendo gli Stati generali della professione.

Quali le prospettive e le sfide future della professione?
Le prospettive sono ampie stante che la popolazione è sempre più anziana e la visione risente di anche di patologie di carattere generale: preservarla e mantenerla nelle migliori condizioni possibili è la nostra finalità più alta. Correggere difetti rifrattivi anche piccoli, aiuta a prevenire le cadute, a rendere la persona autonoma e indipendente conservando il proprio posto nella vita sociale per un invecchiamento attivo.

Qual è il suo giudizio sull'attuale stato di salute del Ssn tra lamentate carenze di fondi? Anche la vostra professione è soggetta al fenomeno della carenza di personale lamentata in diversi ambiti sanitari?
Il nostro Ssn è robusto nonostante le tantissime difficoltà e contraddizioni, tra queste annoveriamo la carenza di personale sanitario e la disomegenea distribuzione sul territorio nazionale, difficoltà organizzative, assistenza territoriale poco concentrata solo in alcune zone del Paese, i pronto soccorso intasati e la situazione peggiora in quei territori mal collegati come le aree interne e isole minori. Inoltre non tutti i professionisti sanitari sono attori nel loro operato e persiste una gerarchizzazione non utile ai processi di salute. Le persone in difficoltà, anziani, fragili, migranti e poveri rinunciano alle cure: secondo il 10 Rapporto sulla povertà sanitaria promossa dal Banco Farmaceutico "il 9,4% degli italiani vive in condizioni di povertà assoluta...la fragilità economica è aumentata dal 3,5% (2005) al 7,5% (2021)...11,1% delle famiglie si trovano nella condizione di “povertà relativa”.

L’informazione sanitaria e la prevenzione dovrebbero essere l’investimento privilegiato, per risparmiare in successive indagini, cure e trattamenti più costosi ma anche su disabilità e invalidità.

La prevenzione visiva in età neonatale e prescolare nel nostro Paese è a macchia di leopardo: impensabile che un settore così strategico per l’autonomia e l’apprendimento dei bambini sia affidato alla buona volontà di qualcuno e/o a campagne spot, la pianificazione deve essere omogenea e per realizzarla abbiamo dei progetti già attuati in alcune Asl.

La nostra professione è carente. Solo il 30% degli Ortottisti opera nel pubblico, con conseguente difficoltà a effettuare stabilmente cicli di riabilitazione visiva. Siamo rari nei centri di riabilitazione, nelle Rsa, nei dipartimenti di prevenzione, per citare solo alcuni presidi. Non vi è una distribuzione omogenea: per ogni 100.000 abitanti va abbiamo la presenza di 1,5% Ortottista in Sardegna al 11% in Abruzzo, quindi il principio di garantire livelli essenziali di assistenza su tutto il territorio non è realizzato. Ciò che è previsto dal DM 77, se non valorizziamo il personale sanitario, sarà disatteso, ma è proprio nei sistemi di prima accoglienza come le case di comunità che possiamo estrinsecare tutto il nostro valore e le nostre finalità.

Giovanni Rodriquez



14 novembre 2023
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