Indagine Cimo, 4 camici bianchi su 5 dicono basta alla burocrazia: “I medici vogliono fare i medici”
La categoria vuole essere riconosciuta per la propria professionalità e chiede con forza un’autonomia giuridica e contrattuale riconoscendo come interlocutore privilegiato il ministero della Salute, ma non le Regioni. Questi i risultati di un sondaggio su più di 3mila medici condotto dal sindacato con Sics/Welfarelink in occasione del XXXI Congresso elettivo che si terrà a Firenze dal 21 al 23 settembre L'INDAGINE
19 SET - Schiacciati dalla burocrazia sia di tipo amministrativo che clinico. Insoddisfatti di uno stato giuridico che mal rappresenta la mission del loro lavoro. Spesso sulle difensive sia nel rapporto con i pazienti, ma soprattutto con la direzione amministrativa con la quale non mancano i contrasti. Ma nonostante tutto, se dovessero tornare indietro non rinuncerebbero a indossare il camice bianco. E solo il 15%, con convinzione, cambierebbe mestiere.
È questo l’identikit dei medici del Ssn che vedono come loro interlocutore principe il ministero della Salute e non le Regioni. Medici che quasi all’unanimità chiedono un’area contrattuale autonoma. E che quando sentono parlare di liste di attesa non hanno dubbi: l’Intramoenia non c’entra nulla, meglio ricercare la loro causa nella cattiva organizzazione delle Aziende sanitarie. E sul loro futuro? Tre medici su dieci non hanno ben chiaro cosa succederà, ma la maggioranza ritiene che ci sarà un’involuzione della professione medica.
A tracciare profilo e desiderata dei camici bianchi è
sondaggio della Cimo condotto su più di 3mila medici con l’ausilio di Sics/Welfarelink, e presentato in vista del XXXI Congresso nazionale dal titolo #Liberalaprofessione “Tra scienza medica e medicina amministrata” che si terrà a Firenze dal 21 al 23 settembre e vedrà l’elezione del nuovo Presidente nazionale.
“In occasione del nostro congresso elettivo che si terrà a Firenze dal 21 al 23 settembre, abbiamo voluto chiedere ai nostri colleghi dipendenti del Ssn, cosa pensano del loro lavoro – ha spiegato
Riccardo Cassi, Presidente uscente Cimo – dai risultati emerge una categoria che vuole essere riconosciuta per la propria professionalità, che chiede con forza un’autonomia giuridica e contrattuale e riconosce come interlocutore privilegiato, tra le istituzioni, il Ministero della Salute”.
Il sondaggio della Cimo. Cimo ha raggiunto tramite e mail 3.313 medici dipendenti che hanno risposto a 10 domande. Quello che emerge dalle risposte è chiaro e non lascia spazio ad alcun dubbio: l’80% degli intervistati si sente vincolato in ogni atto quotidiano, alla burocrazia, sia di tipo amministrativo che clinico. Il 93% non è soddisfatto dell’attuale stato giuridico del medico perché non rappresenta il suo lavoro “vero” e questo stato dell’arte va ad inficiare il rapporto con i pazienti verso i quali, il 39% dei medici intervistati, ha un rapporto di difesa. La percentuale sale quando la domanda riguarda il rapporto tra medico e direzione amministrativa: il 70% ha dichiarato di sentirsi in contrasto e di doversi sempre difendere.
“Nei mesi scorsi, politici di vecchi e nuovi partiti hanno dichiarato che la libera professione è la causa delle liste di attesa. Così abbiamo chiesto ai nostri colleghi cosa ne pensassero – continua Cassi – e il 43% ha risposto che non esiste alcuna correlazione, mentre il 38,5% attribuisce la causa delle liste di attesa, alla cattiva organizzazione delle Aziende sanitarie”.
Dall’indagine emerge anche una forte preoccupazione per l’attuale contesto socio economico: il 30% non ha chiaro il futuro del medico e il 61,4% immagina un’involuzione della professione. La soluzione auspicata dai medici intervistati, sta nell’avere come interlocutore privilegiato il Ministero della Salute (68,7%), prima delle Regioni a cui vogliono far riferimento solo il 22% e prima anche della Funzione Pubblica, riconosciuto solo dal 9,2%, e avere un’area contrattuale autonoma, richiesta dal 90% di quelli che hanno risposto al questionario.
“Questi dati confortano l’azione che Cimo ha seguito in questi anni nei riguardi della professione medica – commenta Cassi – azione che sarà rilanciata dalla dirigenza che uscirà dal congresso elettivo dei prossimi giorni e che porterà ad una nuova presidenza del sindacato.
Le persone e le strategie possono cambiare ma la battaglia in difesa della professione e nel riconoscimento di uno stato giuridico che metta l’atto medico al centro delle cure, è nel Dna di Cimo. I medici scelgono questa professione per curare le persone e, nonostante la demotivazione derivante dalle riforme fallimentari degli anni 90, il 70 % dei medici intervistati sceglierebbe ancora questa professione. È compito del sindacato ricreare le condizioni, perché possano farlo nelle migliori condizioni possibili”.
19 settembre 2017
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