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Il Coach non è un Professionista Sanitario e…

di Emanuela Mazza

19 LUG - Gentile Direttore,
in riferimento alla lettera della dottoressa Angela Quaquero del 13 luglio scorso, vorrei fare alcune considerazioni e aggiungere qualche informazione su ciò che è e ciò che NON è il Coaching Professionale. Scrivo da Coach, da paziente e da Presidente di un’Associazione di Pazienti.

Certamente il Coach non è un Professionista Sanitario e chiunque si presenti come tale va contro il Codice Etico di ICF – International Coaching Federation e contro la natura stessa del Coaching secondo gli standard Internazionali.

È vero che un aggettivo non può e non deve definire una professione così come è vero che una pubblicità non deve essere strumentale o fuorviante. Ho personalmente commentato qualche mese fa su Instagram (commento che naturalmente è “magicamente” scomparso) un post dove si pubblicizzava il “coaching oncologico” che, appunto, rappresenta una contradictio in terminis.

È anche vero che l’aggettivo “mental”, oggetto di accusa nella lettera, è coerente con il modello biopsicosociale sviluppato dallo psichiatra George Engel alla fine degli anni ’70 e con l’Health Belief Model, sviluppato negli anni ’50.

L’Health Belief Model considerava i comportamenti relativi alla salute condizionati da quattro fattori essenziali:
Quante volte nella vita di ognuno di noi c’è stato qualcuno che, pur non essendo Psicologo o Psicoterapeuta, ci ha aiutato a percepire la situazione o noi stessi da un altro punto di vista e a vedere nuove risorse o possibili strade? Questo è quello che può fare anche un Coach Professionista con competenze e professionalità specifiche.

Negli anni ’70, inoltre, si laureava all’Haverford College e otteneva il PhD in biologia molecolare al MIT Jon Kabat-Zinn che, seguendo l’insegnamento di maestri zen in corsi di meditazione, mindfulness e yoga, ha integrato gli insegnamenti buddisti con le sue conoscenze scientifiche arrivando ad applicarle in ambito medico. Oggi la Mindfulness è una disciplina che viene studiata, insegnata, praticata e integrata da milioni di persone nel mondo, non soltanto psicologi e/o psicoterapeuti, in vari contesti.

Tornando al Coaching, è una disciplina che si distingue da qualsiasi approccio terapeutico, è stata sviluppata negli anni ’70 e ha radici fin dai tempi dell’antica Grecia.

“Il Coaching è liberare il potenziale di una persona per massimizzare le sue performance. Si tratta di aiutare le persone a imparare piuttosto che insegnare loro.”, “Collaborare con i clienti in un processo stimolante e creativo che li stimola a massimizzare il loro potenziale personale e professionale.”, così lo definiscono rispettivamente Sir John Whitmore, considerato uno dei “padri” del coaching aziendale, alla fine degli anni ’70, e la Federazione Internazionale di Coaching.

Il Coaching accompagna le persone a sviluppare nuove consapevolezze, aumentando comportamenti più efficaci e diminuendo quelli limitanti. Le aree di allenamento più comuni nel Coaching comprendono: stabilire obiettivi e risultati ben formati, gestire gli stati interiori, assumere diverse posizioni percettive, identificare le risorse attraverso l’osservazione e il feedback.

È possibile, quindi, lì dove non ci siano patologie o problemi che necessitino approcci specificatamente terapeutici, che favorire lo sviluppo, l’apprendimento, la consapevolezza delle proprie risorse, il benessere emotivo e mentale dei pazienti, in quanto persone, possa non essere campo esclusivo degli psicologi?  

Personalmente mi è capitato di collaborare anche in partnership con alcuni psicologi, psicoterapeuti e/o psichiatri che hanno visto nel Coaching Professionale non una sovrapposizione o una minaccia per il loro “mercato” ma un valore aggiunto per i loro pazienti. 

Per quanto riguarda l’uso degli aggettivi, di per sé nel Coaching definiscono solo il campo in cui viene applicato: non definiscono quindi una professione ma un settore o una tipologia di persone/professionisti con cui si lavora. Possiamo sempre scegliere il significato da dare alle cose ma, chissà perché, giudicare è sempre più facile che conoscere. Del resto, anche il grande Carl Rogers affermava che la tendenza a giudicare gli altri è la più grande barriera alla comunicazione e alla comprensione. 
 
Il Coaching è una disciplina e una professione “recente” ed effettivamente non è ancora adeguatamente “normata” ma utilizzata efficacemente in tutto il mondo con professionalità ed etica da migliaia di Coach Professionisti che pensano, agiscono e comunicano per il bene dei loro clienti in vari ambiti della vita personale e professionale, compreso quello medico. E qui è necessario tornare a parlare di Etica e Competenze. 

La domanda è: siamo sicuri che l’agire con correttezza, etica e competenza riguardi solo i Coach? O piuttosto, in ogni professione, compresa quella degli Psicologi, ci sono professionisti con la “p” minuscola che pensano, agiscono, comunicano facendo male ai cittadini?

Emanuela Mazza
Docente di Competenze di Comunicazione in Medicina (Università Cattolica del Sacro Cuore)
ICF PCC Coach, Mentor Coach, Trainer

19 luglio 2022
© Riproduzione riservata

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