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Il mito della superiorità del privato e il tabù della inefficienza del pubblico

di Claudio Maria Maffei

06 NOV -

Gentile direttore,
nel suo recente, e come sempre stimolante, intervento qui su Qs, Roberto Polillo ha messo al primo posto tra i miti che avvelenano i pozzi del nostro Ssn quello della superiorità del privato. Il paragrafo dedicato a questo mito ha un incipit che non lascia dubbi: i sistemi sanitari a prevalenza del privato sono i meno efficienti e i meno equi. Alcuni esempi hanno giustificato questa affermazione: gli Stati Uniti, la Lombardia, la ospedalità religiosa del Lazio e la diagnostica allergologica.

Il mito del privato superiore o più efficiente è alimentato soprattutto da chi questa superiorità la contesta, molto meno da chi la sostiene a supporto di scelte di politica sanitaria. A livello politico-istituzionale, tolta la Lombardia che merita un discorso a parte, non mi risulta esserci la spinta ad un sistematico ricorso al privato da privilegiare sperché “superiore”. Tanto per dire, non mi pare si sognino di lasciar anche solo trapelare indicazioni in questa direzione sia la Presidente Meloni che il Ministro Schillaci. Quanto agli esperti a vario titolo che si occupano di politica sanitaria e che autorevolmente, ad esempio qui su Qs, ragionano sulla crisi del Ssn e sulle sue cause prevalgono di gran lunga le posizioni per un ridimensionamento del privato rispetto a chi ne auspica lo sviluppo. La crescita del privato, nelle sue varie forme, non è frutto tanto di scelte esplicite a suo favore, che giustificherebbero la demolizione del mito, quanto dalla decrescita della componente pubblica del Ssn, che va assolutamente arrestata, cosa su cui in questa sede siamo tutti d’accordo, almeno credo.

Ma alla base di questo mio contributo al dibattito non riguarda il mito del privato nelle sue varie forme, mito rispetto al quale continuo ad augurarmi che ci sia una maggiore “precisione” di analisi e di proposta così da perimetrare che cosa si intende per “privato” e da definire le misure correttive che si intendono proporre (che immagino vadano da una sua esclusione totale o parziale dai servizi offerti dal Ssn a un suo ridimensionamento mirato), misure che però raramente vedo esplicitate. Il mio obiettivo è sottolineare ancora una volta il tabù della inefficienza del pubblico, mai o quasi mai elencato tra i fattori alla base della crisi del Ssn. Al massimo capita di vederla inclusa come categoria tra le tante in gioco come causa di spreco, ma non ricordo tentativi di analizzarne le forme e di stimarne l’impatto. A mio parere invece l’impatto della “inefficienza del pubblico” sulla crisi del Ssn ha un peso enorme, molto diverso però da Regione e Regione, come tutto il resto in sanità del resto.

In questa sede per “inefficienza del pubblico” mi riferisco a quell’insieme di scelte programmatorie, organizzative e gestionali che l’apparato istituzionale e quindi pubblico del Ssn (Ministero coi suoi organi, Regioni e Aziende) fa continuamente. Mi limito ad alcuni esempi che sono in grado di documentare adeguatamente per la mia Regione (le Marche). Qui voglio sottolineare come per analizzare questa dimensione della “inefficienza del pubblico” ci sia bisogno di una conoscenza di dettaglio della macchina del Ssn per riconoscere nei suoi atti e nel suo funzionamento i segni di questa inefficienza. I miei sin troppo ripetuti interventi sulla politica sanitaria delle Marche non nascono solo dal tentativo di lanciare un grido di dolore (che gli organi centrali non hanno mai raccolto), ma anche dalla convinzione che quello che succede nelle Marche sia espressione di politiche diffuse anche nel resto dei sistemi sanitari regionali.

La prima e più importante espressione di questa inefficienza è la programmazione ospedaliera, che si discosta spesso in modo impressionante dal DM 70 con la frammentazione della rete ospedaliera e la duplicazione di funzioni tra strutture geograficamente molto vicine che sono causa di una inefficiente utilizzazione delle risorse umane (peccato gravissimo di questi tempi), di una inefficiente produzione di prestazioni (che viene pagata letteralmente dai cittadini) e di perdita di attrattività nei confronti dei professionisti (altro peccato gravissimo di questi tempi). Il crescente fabbisogno di medici delle cooperative trova origine anche in questa programmazione che la politica regionale vuole e che il livello centrale consente. Si può benissimo mantenere una rete ospedaliera dispersa, come fanno le Marche, e prendere il massimo dei voti con gli indicatori del Nuovo Sistema di Garanzia oppure fare programmi di edilizia sanitaria “folli” con sale operatorie da chirurgia complessa in ospedali di area disagiata, come fanno le Marche, senza che intervengano controlli centrali a scoraggiarli o correggerli. Questa “falla” di sistema è un buco di grande dimensioni di cui il privato beneficia, ma non per sua volontà o pressione, almeno nelle realtà che conosco.

Un’altra espressione di questa inefficienza del pubblico è spesso rappresentata dalla rete dei servizi dell’emergenza territoriale e degli annessi Punti di Primo Intervento. Ancora una volta le Marche mi “aiutano” con la scelta di prevedere in alcuni Ospedali di Comunità collocati in aree di forte interesse elettorale della attuale Giunta di centrodestra una sorta di pseudo-Pronto Soccorso con proprio personale in aggiunta a quello della postazione dell’emergenza territoriale pure prevista o mantenuta.

Un altro, e ultimo esempio, è quello delle strutture e attività previste dal PNRR, spesso invocate come una delle possibili via d’uscita dalla crisi del Ssn. La Giunta nelle Marche non ha minimamente capito che il PNRR dovrebbe ridisegnare la struttura dell’offerta di servizi e il modello culturale, e quindi organizzativo, che vi è sotteso e non solo aggiungere strutture a strutture lasciando peraltro invariata la offerta ospedaliera dispersa. In questo modo nelle aree di maggior interesse elettorale si stanno inventando nelle Marche gli Ospedali di Comunità di area disagiata (in pratica dei “piccolissimi” ospedali) e delle Case della Comunità strutturate come poliambulatori specialistici con la endoscopia digestiva di primo livello (tanto per fare un esempio). Si tratta di scelte “affondate e mascherate” negli atti che diventa dunque difficile smascherare.

Il senso di questo mio intervento è semplice: non trattiamo come mito la superiorità del privato per giustificare a priori la superiorità del pubblico. Un approccio così attira consensi, ma non aiuta a risolvere i problemi.

Claudio Maria Maffei

Coordinatore Tavolo Salute Pd Marche



06 novembre 2023
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