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L’impatto dell’autonomia differenziata sulla sanità campana

di Maurizio Cappiello

02 FEB - Gentile Direttore,
lo scorso 23 gennaio 2024 è stato approvato al Senato il testo del disegno di legge sull’autonomia differenziata proposto dal Ministro della Lega per gli “Affari regionali e le autonomie”, On. Roberto Calderoli. Le Regioni a statuto ordinario potranno dunque chiedere più autonomia allo Stato su 23 materie, sulla base di quanto sancito dagli articoli 116 e 117 della Costituzione, tra cui la sanità.

Come da prassi l’esame passa alla Camera dei deputati, ricordando che il disegno di legge costituisce attuazione di quanto disposto all’art. 116, ultimo comma, della Costituzione, ove è prevista la possibilità di conferire alle Regioni ulteriori forme e condizioni particolari di autonomia.

Tuttavia la criticità da risolvere della riforma è costituita dalla necessità di assicurare gli stessi livelli qualitativi nella erogazione delle prestazioni essenziali (LEP) in tutto il paese e della corretta allocazione delle risorse, affinché non si verifichino squilibri di tipo economico e sociale tra le varie Regioni.

D’altronde nella nostra Costituzione, all’art. 119, viene sancita “la promozione dello sviluppo economico, della coesione e della solidarietà sociale, per rimuovere gli squilibri economici e sociali”.

Un’autonomia però che, almeno per quanto riguarda le materie inerenti ai diritti civili e sociali, sarà comunque subordinata ai LEP, (Livelli Essenziali di Prestazione), da stabilire a livello centrale e che ogni Regione dovrà impegnarsi a garantire, anche se fino ad oggi questi standard minimi dei servizi, non sono stati proprio definiti, se non in campo sanitario e tra l’altro non applicati in maniera omogenea in tutte le Regioni.

Diventa complesso per le regioni del sud e la Campania in particolare, già sotto-finanziata, rispondere alle garanzie che il Ministero deve attualmente verificare e certificare con un complesso sistema fatto di 88 indicatori che vanno dalla prevenzione collettiva e sanità pubblica, all’assistenza distrettuale, dalla stima del bisogno sanitario all’assistenza ospedaliera, dall’equità sociale al monitoraggio e valutazione dei percorsi diagnostico-terapeutici assistenziali (PDTA) di patologie come: scompenso cardiaco, diabete, tumori alla mammella, colon- retto, BPCO, etc.

Questo sistema ha visto definire 22 di questi indicatori come “CORE”, cioè, decisivi per valutare se le Regioni stanno o non stanno garantendo a tutti i loro cittadini livelli essenziali di assistenza sanitaria.

Certo che il finanziamento 2023 (o meglio sottofinanziamento) del riparto regionale dei fondi per la sanità: di 11.250.637.286 non sono certo sufficienti, secondo i nuovi criteri stabili in Conferenza Stato-Regioni sull’accordo Politico sul Riparto del Fondo Sanitario Nazionale 2022, il 98,5% delle risorse disponibili vengono ripartite sulla base della popolazione residente e della frequenza dei consumi sanitari per età; lo 0,75% in base al tasso di mortalità della popolazione con età inferiore a 75 anni; lo 0,75% in base al dato complessivo risultante dagli indicatori utilizzati per definire particolari situazioni territoriali che impattano sui bisogni sanitari.

I finanziamenti in pratica vengono fatti al seguito di un calcolo della popolazione pesata che utilizza criteri anagrafici che ci penalizzano molto, in particolare avendo noi una età media più bassa rispetto alle regioni del nord riceviamo meno finanziamenti, da una parte è vero che forse facciamo 0,5 figli in più rispetto al resto del paese ma abbiamo più malati cronici ed oncologici ad alto impatto economico, soprattutto abbiamo una aspettativa di circa 2 anni in meno rispetto alle regioni del Nord che abbassa l’età media, motivo per cui bisogna portare avanti il concetto di bisogno di salute quindi utilizzando criteri epidemiologici e meno demografici.

Essendo quindi la Campania una Regione “più giovane”, riceviamo circa 250-300 milioni di euro in meno rispetto alla media nazionale, ossia circa 60 euro pro capite in meno rispetto all'Emilia Romagna, 40 in meno di Veneto e Lombardia" tutto ciò aggravato da una “carenza strutturata di posti letto” - circa 1400 in meno- rispetto ai bisogni effettivi previsti dal Decreto ministeriale 70/2015 avendo una media di 3.13 contro i 3.66 dell’Emilia Romagna.

In conclusione l’autonomia differenziata ci espone a rischi di un indebolimento della capacità competitiva per effetto di una frammentazione inaccettabile delle politiche pubbliche e sanitarie in particolare, con una sempre maggiore difficoltà nel dare risposta i bisogni di salute e gravando sui pronto soccorso che diventeranno sempre più degli ammortizzatori sociali soprattutto per le prestazioni non urgenti.

Dr. Maurizio Cappiello
Vicesegretario regionale Campania Anaao Assomed

02 febbraio 2024
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