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Violenze ai sanitari, ecco le strade seguite negli Stati Uniti

di Paolo Da Col

04 MAR -

Gentile Direttore,
sul delicatissimo tema delle violenze ed aggressioni ai sanitari, penso possa essere di interesse comune un articolo pubblicato lo scorso 22 febbraio su Jama di cui riporto i punti che più mi sembra presentino facili e rilevanti collegamenti con l’attuale situazione italiana.

Gli Autori (Università di Harvard) esordiscono con i dati secondo cui negli Stati Uniti gli operatori della sanità hanno 5 volte più probabilità di essere sottoposti a violenze rispetto ad altri lavoratori e queste rappresentano il 70 % di tutte le violenze non fatali registrate nei luoghi di lavoro; sono aumentate nell’ultima decade ed uno studio nazionale mostra un aumento del 119% tra il Marzo 2021 e Marzo 2022 per il personale infermieristico. Sono poi descritti alcuni episodi tragici, da leggere, qui non trattabili per esigenze di spazio.

Si legge poi un’interessante classificazione degli eventi violenti del National Institut for Occupational Safety and Health (NISH), agenzia federale che compie ricerche e offre raccomandazioni per la sicurezza nei luoghi di lavoro. Sono descritti quattro tipi di violenza. Il tipo 1 comprende attacchi criminali commessi da chi non è in contatto o collegamento con il luogo di lavoro. Il tipo 2 riguarda le violenze nel luogo di lavoro perpetrate da clienti o utenti. Nel tipo 3 la violenza è esercitata da lavoratori contro lavoratori. Il tipo 4 è una violenza che deriva da una relazione personale al di fuori dell’ambiente di lavoro che si riflette al lavoro. Di solito gli attacchi di violenza ai sanitari ricadono nella categoria due, in quanto gli assalitori sono spesso individui prive di relazioni con l’ospedale oppure sono pazienti o familiari che diventano violenti mentre ricevono assistenza.

Tra le cause ipotizzate di questo aumento generale della violenza, una è la frustrazione generale provata dai pazienti verso i servizi sanitari. Spesa elevata, trattamenti limitati, o lunghe attese possono scatenare le aggressioni. La riduzione del personale, per cui ci sono meno sanitari per paziente, potrebbe essere una causa che si esprime in due direzioni: la prima, gli operatori sono meno capaci di valutare i pazienti potenzialmente problematici; la seconda, dato il tempo ridotto e la relazione più debole con i pazienti, gli sforzi per ridurre la violenza possono non essere efficaci.


L’epidemia COVID-19 ha creato più stress nello staff ospedaliero e ha accelerato il trend della violenza. Il Congresso – spiegano gli Autori- non ha ancora emanato alcuna legge che affronta il problema, ma la legislazione dei singoli Stati sta generando approcci che sostanzialmente sono di due tipi. Il primo va in direzione di aumentare le pene verso gli individui che commettono violenza contro gli operatori. Ad esempio, l’Oregon prevede una pena fino a 5 anni o 125.000 dollari di multa. Altri Stati prevedono la prigione fino a sei mesi e multe di 1.000 dollari; altri, come il Maryland, 90 giorni di prigione. Il secondo set di leggi statali si focalizza sulle azioni che possono essere intraprese per dare mandato agli ospedali di aumentare i livelli di sicurezza o di usare più forza contro la violenza.

Una dozzina di Stati ha sviluppato programmi di prevenzione, i cui requisiti variano, ma tipicamente includono la formazione degli operatori, una tantum oppure in modo continuativo. In Virginia nei dipartimenti di emergenza è presente sempre una guardia. Talora è concesso di avere forze di polizia interna indipendente oppure è predisposto un training per gli operatori per renderli agenti ufficiali certificati, come richiesto da loro stessi. La Georgia ha dato il permesso di creare proprie forze di polizia. Pochi Stati hanno imposto dei requisiti ai datori di lavoro. E’ difficile oggi misurare l’impatto di queste leggi, ma molte organizzazioni hanno approvato l’aumento degli standard e della forza di deterrenza. Gli Autori concludono affermando che un problema è la mancanza di una legislazione di livello nazionale e sperano quindi che queste esperienze locali possano costituire la base per una legge federale.

Infine, tre mie brevi considerazioni: 1) un sistema totalmente privato come quello USA non è indenne dal problema, anzi. 2) gli operatori vanno protetti con risorse, ritmi e tempi di lavoro “giusti” (inclusi i salari), formazione continua. 3) In generale, dobbiamo riuscire a realizzare Società meno repressive e più efficacemente inclusive, con riduzione delle disuguaglianze sociali, sollievo dalla paura.

Paolo Da Col



04 marzo 2024
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