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Medici: serve un cambio di passo che prima di tutto è culturale

di Ornella Mancin

12 MAR -

Gentile direttore,
sto leggendo con interesse il nuovo pamphlet del prof. Cavicchi “Medici vs cittadini. Un conflitto da risolvere” e mi vorrei soffermare su due aspetti affrontati nella parte introduttiva che hanno stimolato la mia riflessione. Il primo riguarda l’idea di “regressività” dei medici sostenuta con enfasi dal professore e la seconda ha a che fare con la questione medica.

Sostiene Cavicchi che “i medici, nonostante i cittadini siano radicalmente cambiati vogliono restare quello che sono, si rifiutano di cambiare: per loro, a cambiare devono essere i malati. “I medici sono “regressivi” perché restano fermi mentre tutto cambia.

È indubbio che viviamo in un’epoca di incessanti cambiamenti dove le trasformazioni sono all’ordine del giorno orami in tutti i campi. L’innovazione e il cambiamento sono i tratti imperativi della società moderna e rappresentano l’essenza di un mondo in costante crescita e sviluppo, dove l’adattamento e la trasformazione sono non solo necessari, ma vitali. In questo contesto poche categorie professionali sono state travolte dal cambiamento come il mondo medico: dall’informatizzazione, alla digitalizzazione, all’uso di sempre nuove tecnologie.

Chi ostacola il cambiamento non è il medico come professionista che nel suo lavoro non può assolutamente restare fermo mentre tutto cambia; chi semmai sta resistendo ai cambiamenti è chi governa la professione.

E questo ci porta al punto due: la questione medica.

Quando la Fnomceo accettò di affrontare la questione medica ricordo che per molti di noi si era aperta la speranza di un rinnovo profondo della professione, capace di ridefinire il ruolo del medico all’interno di una società in forte cambiamento. Ci era sembrata una ventata di novità, la possibilità davvero di imprimere una svolta e di svecchiare una professione ormai anacronistica rispetto ai tempi.

Sappiamo come è andata a finire. Ma di questo non può essere accusata l’intera classe medica. Dire che i rappresentanti dei medici come” la FNOMCEO sono regressivi perché i medici che rappresentano sono regressivi” lo trovo ingiusto. La FNOMCEO a cui Cavicchi giustamente rimprovera di avere sabotato la “questione medica” è frutto di una rappresentanza assai parziale della classe medica. Se chi va a votare agli ordini è una parte minima degli iscritti la rappresentanza è per forza di cose falsata anche se legittima. Una rappresentanza così costruita, quasi immutabile nel tempo ha poco interesse a cambiare mettendo a repentaglio benefit e privilegi ed è ovvio che si chiuda in un fortino a lottare come può per evitare di venire espugnata. La maggioranza dei medici non è colpevole di aver voluto affossare la questione medica semmai è colpevole di omissione, di mancata partecipazione e forse anche di stanchezza vista l’apparente impossibilità di cambiare le cose.

L’istituzione di una Commissione che valuti la possibilità di depenalizzare la colpa medica sembra il tentativo come dice giustamente Cavicchi di trovare soluzioni semplici a problemi complessi mantenendo immutato un ruolo di medico paternalista e benefattore orami superato dai tempi. Nell’era dei diritti civili i cittadini hanno diritto di partecipare alle decisioni in merito alla loro salute.

Depenalizzare la colpa medica forse diventa anche una scappatoia politica per togliere dal campo quella “inadeguatezza del sistema sanitario” causa principale del conflitto. Se anche ognuno di noi lavora al meglio cercando di costruire un rapporto di fiducia con il paziente , cosa può contro” un sistema sanitario cronicamente sotto finanziato, dove al Pronto Soccorso i malati sostano anche per giorni, dove i malati sono curati con i tempari, dove i medici scappano dal pubblico, dove la cura deve attenersi a standard di spesa, a procedure, a evidenze scientifiche impersonali e quindi fallaci, dove la necessità clinica è esasperata dalle disorganizzazioni, dalle inefficienze, dalle carenze.”?

Affrontare la questione medica, ripensare la professione medica e i rapporti con i cittadini che non devono più essere considerati alla stregua di pazienti incapaci di interagire, chiede uno sforzo, una volontà di cambiamento, un cambio di passo che evidentemente è stato giudicato da chi governa la professione, troppo difficile, troppo destabilizzante, troppo rischioso per gli assetti da mantenere.

Meglio restare nell’alveo sicuro di una professione che mantiene ingessato il ruolo del medico e impone per legge” ai cittadini di tornare a fare i pazienti come una volta”.

E’ probabile come scrive Cavicchi che con questi presupposti sarà difficile che la Commissione D’Ippolito ottenga dei risultati in termini di riduzione del conflitto perché i passi da fare sarebbero altri e vanno nella direzione della costruzione di una relazione fiduciaria che renda chiaro al cittadino che” in medicina vi è un grado di fallibilità che non dipende solo dal grado di diligenza e di perizia del medico, ma dipende anche dal grado di complessità sia della malattia che del malato” e al medico che i cittadini hanno il diritto di “ essere protagonisti delle cure che li riguardano”.

Serve un cambio di passo che prima di tutto è culturale.

In tutto questo la Fnomceo, abbandonando la questione medica, ha perso una grossa opportunità di governare il cambiamento e di essere artefice di una vera e propria rivoluzione culturale capace di ridare dignità alla professione medica e di mettere le basi di una nuova relazione di fiducia con la società civile.

Ornella Mancin

Medico di famiglia



12 marzo 2024
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