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Il Ddl Lorenzin fomenterà la polemica tra infermieri e Oss

di Elisa Ceciarini

11 OTT - Gentile Direttore,
in genere scrivo solo se trovo un argomento che mi spinga realmente ad esprimere la mia opinione su un tema interessante o quando la mia professione viene investita da importanti novità. L’occasione in questo caso si è presentata con il nuovo ddl Lorenzin, che presto approderà in parlamento, per il quale la Federazione Ipasvi e la presidente Margiacavalli in primis spingono per la conversione in legge.

Ma cosa tratta il nuovo ddl?

Il disegno di legge prevede la conversione dei Collegi in Ordini professionali che attendiamo ormai dal 2006, anno di emanazione della Legge 43, oltre che la modifica della modalità del voto degli ordini, l’addio al termine infermiere “professionale” e l’entrata dell’OSS nell’area delle professioni socio sanitarie.
Ma vediamo in dettaglio queste importanti innovazioni.

I Collegi diventeranno Ordini a livello provinciale ed interprovinciale, prevedendo così anche federazioni regionali, oltre a quelle nazionali, composte da 7 membri con mandato della durata di quattro anni: questi nuovi Ordini dovranno attenersi esclusivamente alle leggi regionali in materia di organizzazione del lavoro, generando già perplessità su questa sostanziale separazione con gli altri ordini professionali.

Da qui è nato un profondo dibattito tra i professionisti del settore e non.

Certo è che il livello intellettuale della professione raggiungerebbe il riconoscimento che merita da anni; ma questo, gli infermieri non lo stanno dimostrando già abbondantemente con i fatti?

Non tanto tempo fa, AdviseOnly enunciava i 5 motivi per cui abolire gli ordini professionali, tra cui figuravano:
1. l’immobilità sociale, fenomeno in percentuale maggiore negli iscritti all’ordine;
2. la difficoltà di accesso per gli outsider, ostacolati da corsi di specializzazione e praticantati obbligatori;
3. peggiori servizi per i consumatori, in quanto le restrizioni della concorrenza non sono compensate da una maggiore qualità e trasparenza;
4. limitazione dell’innovazione professionale legata indissolubilmente alle performance dell’ordine;
5. limitazione del merito sulle posizioni ricoperte a livello apicale.

Negli anni, inoltre, si è discusso più volte sulla possibile abolizione degli ordini, in quanto di scarsa utilità per il cittadino e poco modulabili per gli obiettivi che il nostro Governo sta portando avanti in termini di risparmio e sostenibilità.

Quindi, è così necessario questo agognato Ordine, ma soprattutto è così necessario in questo periodo storico?

Riportando le parole delle Federazione “gli infermieri sono oramai da decine di anni professionisti laureati: non ha più senso mantenere l’obsoleta e anacronistica separazione tra collegi e ordini per delineare forme di rappresentanza professionale e di iscrizione agli albi di appartenenza; la tutela ordinistica arriverebbe non solo per i professionisti ma anche per gli stessi cittadini”.

Speriamo, quindi, che almeno in questo l’ordine ci aiuti realmente a combattere l’abusivismo e a tutelare una volta per tutte l’operato di chi assiste il cittadino, anche se poi nella realtà delle cose, nelle altre professioni dotate di organi questo avviene molto limitatamente e a fatica.

La nostra professione necessità dei riconoscimenti che merita sul campo e forse ad oggi, arrivare ad un Ordine, senza analizzare concretamente i limiti intrinseci che un ordine stesso detiene, appare molto discutibile.

Molti professionisti si stanno chiedendo perché non si sta portando avanti la discussione in Parlamento riguardo le competenze avanzate? Perché le abilità in campo clinico vengono ancora una volta abbandonate a sé, limitando di fatto, chi con la formazione e l’addestramento sul campo viene valutato in termini economici e organizzativi esattamente come chi lavora allo stesso modo da 20 anni? Perché non si punta sul riconoscimento del ruolo nella prassi? E non solo attraverso l’Ordine?

Altro punto saliente è il voto online: si prevede l’eventualità di votare in più sedi, per dare la possibilità ad una fetta più grande dei “diritti al voto” di esprimere le proprie preferenze sui membri del Consiglio Direttivo.

Mi chiedo se questo sistema così innovativo non potrebbe essere utilizzato per altri fini.

Non sarebbe possibile utilizzare questo sistema per dare voce a quegli infermieri che ogni giorno si sentono abbandonati dalla Federazione e che non hanno modo di esprimere le proprie opinioni perché in condizioni di precariato o di svantaggio?

Un fatto su tutti è evidente quest’anno: la nascita di decine di movimenti contro il fenomeno del demansionamento, tra cui “Infermieri Uniti”, “Infermieri ed Ostetriche contro il Demansionamento” ed “Infermiere professionista della salute”.

In tutti questi gruppi il tema del demansionamento viene affrontato ogni giorno, i professionisti riescono a confrontarsi e vengono visualizzate centinaia di richieste di aiuto da parte di professionisti laureati, utilizzati per le più svariate attività, che per nulla si avvicinano al nostro profilo professionale o rientrano nel nostro campo d’attività.

L’entità del fenomeno è poco indagata dalla FNC: questi eventi continuano a dilagare nel nostro paese e di fatto nulla si sta facendo per comprenderne la diffusione e la pericolosità.

Da notare è la crescita del numero delle condanne nei confronti delle strutture di appartenenza di infermieri demansionati, costretti ad espletare le mansioni di altri operatori, a comprimere i tempi per lo svolgimento delle proprie attività e a non svolgere in sicurezza quello per cui un infermiere si forma in università e con l’aggiornamento obbligatorio nel tempo.

La federazione prima o poi prenderà in mano la situazione?

Questo secondo molti dovrebbe essere oggetto d’indagine da parte del Collegio, ma ciò non avviene in maniera continuativa, così speriamo che almeno l’Ordine, se approvato, decida per una linea più decisa e dura nei confronti di quegli Enti che demansionano gli infermieri ogni giorno e ad ogni turno.
Gli ultimi due punti riguardano il superamento del termine “professionale” così da dover modificare il caro acronimo Ipasvi e l’entrata nell’area delle professioni sanitarie della figura dell’OSS, ma tende a precisare il Ministro “essere nell’area socio sanitaria non vuol dire che gli OSS diventano professionisti sanitari, essi rimangono OSS, con il percorso formativo che hanno adesso e con le funzioni che hanno adesso. Quello che succederà in futuro dipenderà anche da noi».

Noi chi? Gli OSS o gli infermieri?

Caliamo un velo impietoso.

Questo ddl fomenterà ancora di più l’accesa polemica che vede gli infermieri contro gli OSS e gli OSS contro gli infermieri, riguardo i rispettivi ambiti professionali: l’intento non sarà stato sicuramente quello di creare controversie tra professionisti ma di fatto porta anche se involontariamente a nuove scie di contrasto e discussione.

Gli oltre 440 mila infermieri che operano in Italia chiedono chiarezza, trasparenza e soddisfazione professionale.

Il Ministero della Salute sta tentando di fare passi in avanti su questi temi, ma siamo sicuri che questi passi siano nella giusta direzione?
 
Dott.ssa Elisa Ceciarini
Infermiere e studente magistrale 


11 ottobre 2017
© Riproduzione riservata

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