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Libertà del medico e sostenibilità

di Antonio Panti

06 MAR - Gentile Direttore,
intervengo ancora sulle questioni, in verità assai complesse, sollevate da Gardini e da Cavicchi.  Esistono differenti vedute sul futuro ma non vi è chi non sostenga che la medicina va rapidamente trasformandosi per l'impulso di nuove visioni e di meravigliose tecnologie e che la sanità moderna, figlia dell'affermazione del diritto alla tutela della salute, non regge all'assalto degli oneri incrementali derivanti dall'aumento sia della domanda che dell'offerta dai costi quasi fuori controllo.
 
Come è sempre accaduto nella storia, la società troverà una sua strada diversa da quella che gli esperti immaginavano. Tuttavia l'esercizio della previsione consapevole non è fantascienza ma un tentativo di incidere sulla macchina in movimento perché almeno non inverta del tutto la rotta. La discussione quindi è utilissima ma, a mio avviso, deve fondarsi su proposte concrete, nate dai valori in cui ancora  crediamo ma, nello stesso tempo, tenendo conto della realtà.
 
Un buon tema di confronto è quella che ormai si chiama "medicina amministrata", ovvero la sanità come è oggi, affidata alla gestione di amministratori scelti dai politici. La sanità funziona al meglio se il medico se ne fa "autore", ovvero decisore creativo delle migliori soluzioni per quel particolare paziente con il quale, ovvio, le condivide.
 
La medicina moderna però rende necessario, per svolgere la rappresentazione della cura tra medico e paziente, di una complessissima macchina, l'insieme dei servizi che rende possibile qualsivoglia percorso diagnostico terapeutico assistenziale.
 
Questa macchina, comunque finanziata, il cui costo supera di solito il 10% del PIL, deve essere organizzata e il funzionamento verificato. Ideare, organizzare, agire e controllare. Il medico è autore unico dell'agire ma questo avviene all'interno degli altri parametri.
 
Un buon esempio di "medicina amministrata" è rappresentato dalla questione dei farmaci, in particolare dei biosimilari. Il medico liberamente prescrive il farmaco, il paziente liberamente lo assume e lo Stato, obtorto collo, lo paga. Siccome si tratta di più che 20 miliardi di euro all'anno ci fidiamo di tutti, compresa l'industria chimica, o qualche regola va data?
 
E' una scelta di fondo anche se la risposta è intuitiva. Rispettare le libertà di tutti gli attori del sistema ma, nello stesso tempo, renderlo sostenibile. Anche perché ciascuno vuole il meglio per sé, il che non sempre coincide con il possibile e il ragionevole per tutti. Le regole sono necessarie ma i gestori politici vorrebbero imporle. E' possibile, invece, condividerle?
 
La Regione Toscana ha adottato recentemente una delibera "il cittadino al centro dell'assistenza farmaceutica" che, al di là dei buoni propositi e della necessità di monitorare la spesa farmaceutica per non superare i limiti imposti dallo Stato, introduce un metodo di lavoro interessante. Gruppi di specialisti integrati con i medici generali definiranno "approcci terapeutici condivisi" al fine di "omogeneizzare i comportamenti prescrittivi a livello regionale" a riguardo di patologie o discipline scelte col criterio del maggior tasso di innovazione e di entità dell'impegno finanziario.
 
Successivamente i risultati saranno confrontati con i PDTA definiti dall'Organismo Regionale di Governo Clinico, una sorta di Consiglio Superiore di Sanità regionale, e quindi con tutti i professionisti impegnati in quel determinato settore.
 
La Commissione Formazione Regionale curerà anche la formazione alla governance farmaceutica sia degli specialisti che dei medici generali, in linea con il Codice di Deontologia che impone al medico di "attuare una costante revisione critica della divulgazione scientifica di cui viene informato". Il mandato regionale ai professionisti impegnati nei gruppi di lavoro è quello di fornire una valutazione HTA dei singoli percorsi assistenziali.
 
A tale scopo sono previsti ulteriori passaggi ugualmente affidati ai professionisti, implementando le linee guida e  migliorando gli strumenti di ICT per il monitoraggio e la valutazione dei risultati. In conclusione lo sforzo del servizio regionale è di creare le condizioni per garantire ai cittadini le cure più efficaci in un quadro di sostenibilità.
Altresì la Regione ha deciso, sulla questione dei biosimilari, di garantire la libertà prescrittiva nell'interesse del paziente, chiedendo tuttavia al medico una  relazione che documenti la ragione di una scelta al di fuori dei farmaci aggiudicati dalla ASL con procedura pubblica d'acquisto. 
 
Sabato scorso, in una fortunata trasmissione televisiva, si spiegava come molti farmaci in uso avessero un alto tasso di possibile inappropriatezza e una rapporto costi benefici decisamente sfavorevole. Un problema di governance che non può essere ignorato. Questa delibera si propone una sorta di sussidiarietà tra professionisti e amministratori per offrire le cure migliori nella prospettiva dell'uguaglianza delle prestazioni. La strada è lunga e le diffidenze molte e giustificate. I medici dovrebbero essere in grado di scegliere ogni volta il farmaco secondo gli interessi del paziente e della collettività, in una valutazione HTA.
 
Se i medici riescono a darsi raccomandazioni condivise e a monitorarne i risultati, la comunità ne trarrà vantaggio. Nell'interesse dei cittadini, i medici debbono rifiutare l'eccesso di inutile burocrazia e, ancor peggio, il tentativo di influenzarne le scelte, tuttavia rendendosi conto che la medicina funziona mediante processi che richiedono una forte competenza organizzativa.
 
Antonio Panti

06 marzo 2018
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