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Speranza e il vaccino agli under 16

di Alessandro A. Negroni

21 MAG - Gentile Direttore,
sia il ministro della Salute Roberto Speranza nel corso del Question time alla Camera del 19 maggio, sia il sottosegretario della Salute Pierpaolo Sileri in una dichiarazione del giorno successivo, hanno sottolineato l’importanza di vaccinare le fasce di popolazione più giovane (gli under 16 in particolare, “fascia strategica da vaccinare” nelle parole del ministro) e auspicato inoltre che l’Ema possa autorizzare il vaccino Pfizer anche per la fascia di età da 12 a 15 anni.
 
Vorrei evidenziare come le affermazioni di Speranza e Sileri appaiano censurabili e discutibili (almeno) sotto due diversi profili, uno di carattere per così dire “formale” e uno di carattere “sostanziale”.
 
In primo luogo, da un punto di vista formale. L’Ema (European Medicines Agency), come è noto, è un’agenzia di tipo tecnico (dotata di sette comitati scientifici composti da specialisti europei) che ha il compito di valutare e monitorare i medicinali nell’ambito dell’Unione Europea e della Spazio economico europeo, valutando le richieste di autorizzazione all’immissione in commercio di farmaci.
 
Che degli esponenti del governo italiano, e segnatamente il ministro della Salute, con le proprie dichiarazioni pubbliche mirino (consapevolmente o meno, poco cambia) a interferire con le valutazioni dell’Ema è fatto che lascia perplessi in quanto in grado di condizionare una decisione che dovrebbe essere di natura tecnica e non politica.
 
“Auspicare”, come fa il ministro Speranza, e “sperare”, come fa il sottosegretario Sileri, che l’Ema autorizzi il vaccino Pfizer anche per la fascia di età dai 12 ai 15 anni potrebbe configurarsi come una inopportuna pressione su un’agenzia come l’Ema che ha già di per sé qualche problema di indipendenza e imparzialità, e non a caso Silvio Garattini in un articolo apparso il 7 gennaio 2021 su Quotidiano sanità scriveva: «Non favorisce la fiducia nell’EMA il fatto che le industrie farmaceutiche attraverso i loro pagamenti supportino oltre l’80 percento del bilancio dell’Agenzia».
 
In secondo luogo, da un punto di vista sostanziale. L’idea e la volontà di vaccinare gli under 16 pone interrogativi di natura etica, filosofica e giuridico-politica di straordinaria rilevanza.
 
Il vaccino covid-19 deve considerarsi rientrare nell’ambito della sperimentazione medica sugli esseri umani (sul punto sia consentito rinviare a A.A. Negroni, La libertà di (non) vaccinarsi, Vicolo del Pavone, 2021): come è pensabile sottoporre dei bambini, delle bambine e degli adolescenti a una sperimentazione medica per una malattia come il covid-19 che in quella fascia di età è ordinariamente innocua e con un infection fatality rate (IFR) pari a zero?
 
Nel modulo del consenso informato del vaccino della Pfizer (disponibile sul sito del ministero della Salute) si legge testualmente che «non è possibile al momento prevedere danni a lunga distanza»: ciò non rappresenta un grande problema per un paziente ottantenne o novantenne con tre patologie (soggetto vulnerabile al covid-19 per ragioni di età e presenza di patologie), che certamente potrà anche non preoccuparsi di eventuali danni a lunga distanza e godere anzi di un eccellente rapporto rischio-beneficio sottoponendosi al vaccino contro il covid-19.
 
Il problema si pone invece per i minori: al momento non è noto se il vaccino contro il covid-19 determini danni a lunga distanza o meno e neppure, nel caso li determini, di quale entità e di che tipo possano essere tali eventuali danni. Nel caso si dovesse verificare lo scenario peggiore, ossia nel caso in cui tra qualche anno si accerti che il vaccino covid-19 provochi danni gravi alla salute (cosa che al momento non si può affermare ma neppure escludere), che cosa accadrebbe?
 
In nome di cosa sarebbe stata sacrificata la salute di milioni di bambini, bambine e adolescenti? In nome di una malattia come il covid-19 per loro ordinariamente innocua? O forse in nome di una malattia come il covid-19 che appare essere un reale pericolo solo per le persone più anziane e con patologie preesistenti?
 
Si tratta di interrogativi ai quali una società liberale e democratica fondata sul riconoscimento dei diritti inviolabili dell’uomo e che vede nella persona umana un valore supremo non può in alcun modo sottrarsi prima di avanzare una qualsiasi ipotesi di vaccinare gli under 16.
 
Alessandro A. Negroni
Ricercatore, Università di Genova

21 maggio 2021
© Riproduzione riservata

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