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La relazione di Scaccabarozzi: "Per la sanità servono riforme strutturali"


03 LUG - Autorità, cari Amici imprenditori, Signore e Signori, grazie di cuore per aver aderito all’invito a partecipare all’Assemblea pubblica di Farmindustria. Un segnale di attenzione di cui Vi sono davvero grato.
Sulle scale di questo Teatro vi è un orologio, che abbiamo voluto chiamare l’Orologio della Vita, poiché misura il tempo in più guadagnato da ciascuno di noi grazie ai farmaci, ai corretti stili di vita e ai progressi della medicina.
Vivere di più e meglio è possibile, già ora.
Ogni minuto che passa la nostra aspettativa di vita aumenta di quindici secondi, ogni giorno di sei ore e ogni anno di 3 mesi.
Questo risultato, di cui sono profondamente orgoglioso, è il frutto anche dell’innovazione e della ricerca realizzate dalle nostre imprese in Italia e nel mondo. 
Oggi possiamo sperare di vivere 82 anni, 10 in più rispetto agli anni Settanta. 
Ed è proprio nella ricerca e nell’innovazione che sta la carta da giocare, per il rilancio dell’economia. Perché un Paese che non è in grado di garantire ricerca e innovazione rinuncia di fatto al futuro e lascia ad altri la funzione di motore di sviluppo scientifico ed economico.

È una strada che vogliamo percorrere con convinzione e siamo disposti a investire le nostre risorse economiche, progettuali e industriali. Non solo per noi ma per il bene del Paese, per i ricercatori pubblici, per i nostri giovani, che vorremmo veder crescere qui nella loro terra e non necessariamente all’estero.
 
L’industria farmaceutica alimenta quotidianamente l’Orologio della Vita e la qualità della salute di ognuno di noi con terapie innovative e con la prevenzione. Con risultati sperimentali che spesso fanno sperare, grazie a un processo di innovazione continua che procede non solo per grandi salti, ma anche in maniera incrementale aggiungendo efficacia e maggiore tollerabilità ai singoli farmaci o mettendo a disposizione nuovi vaccini.
Anche se, voglio ricordarlo, vi sono molti Pazienti che aspettano risposte, ad esempio, per patologie oncologiche, autoimmunitarie e neurodegenerative ancora non curabili o guaribili.
Risposte che le nostre imprese cercano attraverso il network pubblico-privato e investendo risorse ingenti in tutto il mondo ormai da anni. 
 
Vogliamo oggi metterci alla prova con un patto di stabilità forte con le Istituzioni in cui ciascuno si impegni a costruire. Una prova che siamo ragionevolmente certi di poter superare con un contesto diverso dall’attuale. Perché rappresentiamo un’industria viva e vitale, nonostante la crisi.
E perché se è vero che questa ha determinato un forte calo dell’occupazione, è altrettanto vero che la capacità di reazione delle nostre imprese ne ha fatte nascere altre, offrendo nuovi posti di lavoro e attirando, in non pochi casi, investimenti ulteriori in ricerca e produzione. 
È questo lo spirito che deve guidare le scelte dell’industria e delle Istituzioni, cogliendo i segnali positivi e valorizzando i settori di eccellenza come il nostro.
È questo il “carburante” con il quale alimentare il motore del Paese, che dovrà girare al massimo della sua potenza per portarci a vincere le sfide e la competizione internazionale, che si gioca su campi diversi rispetto al passato tra i quali la medicina personalizzata e il biotech farmaceutico. 
Due aree nelle quali i talenti italiani stanno costituendo una fitta rete di relazioni sia con le grandi imprese sia con i centri di ricerca pubblici.
 
Ma sappiamo di doverci muovere in fretta in un contesto complesso. La crisi che l’Italia vive è, infatti, come ci ha ricordato il Ministro dell’Economia Fabrizio Saccomanni, più grave di quella del ’29 “perché più difficile da gestire”.
Nelle crisi, lo sappiamo bene, non ci si deve lasciare andare, occorre invece rispondere alle sfide del momento. Puntando su quello che si fa meglio. E cosa facciamo meglio di altri nel nostro Paese se non innovare e produrre?
Vogliamo rinunciare al primato europeo, dietro alla Germania, nella produzione di medicinali, pari a 26 miliardi e con 174 fabbriche distribuite sul territorio?
Vogliamo rinunciare a un’industria che ha la più alta propensione alla Ricerca e Innovazione, con un’intensità 5 volte superiore alla media e con investimenti annui di 1,2 miliardi di euro in R&S?
Le imprese, che investono nella manifattura hi-tech altri 1,2 miliardi all’anno, vogliono mantenere e consolidare questo primato e vogliono farlo insieme alle Istituzioni nazionali.
Gli Amici delle Organizzazioni Sindacali sanno bene quanto sia importante conseguire questo obiettivo per tenere alta l’occupazione qualificata.
 
Per questo da anni chiediamo, insieme ai Sindacati, politiche del farmaco capaci di consolidare gli investimenti. Per questo abbiamo chiesto insieme di istituire il Tavolo sulla farmaceutica al Ministero dello Sviluppo Economico. Per questo ci incontriamo nell’Osservatorio congiunto per discutere i trend del settore e cercare insieme soluzioni condivise, da portare a tutti i Tavoli istituzionali.
In un momento in cui la manifattura industriale nel suo complesso registra, purtroppo da molti mesi, una preoccupante contrazione, la Banca d’Italia nella Relazione annuale presenta quella farmaceutica come un’eccezione: 
“Dal 2007 il valore aggiunto si è contratto del 6,5%. I settori maggiormente colpiti sono stati le costruzioni, con un calo di oltre il 20%, e l’industria manifatturiera, con una riduzione del 15,9%.
Alla flessione dell’attività manifatturiera hanno concorso tutti i principali comparti, ad eccezione della farmaceutica.”
La Banca d’Italia riporta anche altri dati relativi agli ultimi cinque anni, tra i quali spicca quello sulla crescita del 3% annuo della produttività del nostro settore rispetto alla diminuzione dello 0,6% del complesso dell’industria.
Il rilancio della produttività è prioritario per tornare a crescere. E proprio le imprese del farmaco hanno dimostrato di saper aumentare i livelli di produttività, già al primo posto nella classifica dei comparti industriali. Un patrimonio da non perdere.
In un momento straordinario come questo, in cui il Governo si sta seriamente impegnando per far ripartire l’economia e favorire l’occupazione, bisogna certamente intervenire sui settori che soffrono di più, ma con altrettanta determinazione bisogna spingere su quelli che “reggono” e hanno le potenzialità per crescere, se non sottoposti a ulteriori, continue penalizzazioni.
Tra questi ultimi, senza dubbio, la nostra industria. 
 
Per ripartire bisogna quindi che tutti noi affrontiamo le sfide poste da questa crisi con passione e coraggio, anche perché alle già difficili sfide se ne aggiunge un’altra, molto bella. L’allungamento della vita. Anche perché l’allungamento della vita, con una quota di popolazione over 65 nel Paese oggi pari al 21% del totale, sollecita risposte per la sostenibilità del Sistema Salute. Una quota destinata a crescere.
Entro il 2050, infatti, una persona su tre avrà più di 65 anni. Con un aumento della domanda di Salute che, in questa fascia d’età, è doppia rispetto alla media e con una pressione sempre maggiore sul sistema di Welfare.
Come d’altra parte ha rilevato di recente la Corte dei Conti nell’ultima Relazione sul Rendiconto Generale dello Stato a proposito della Sanità, laddove ricorda “le possibili conseguenze negative che una eccessiva contrazione delle risorse potrà avere sul funzionamento del sistema e sull’adeguato mantenimento dei livelli essenziali di assistenza, essendo giunto il momento di chiedersi fino a che punto il settore sarà in grado di sostenere ulteriori contrazioni contabili. Una visione esclusivamente contabilistica del settore rischia di entrare in rotta di collisione con le finalità proprie del sistema”.
Sempre la Corte dei Conti rileva come fra le voci di spesa incidano soprattutto il costo del personale e per l’acquisto di beni e servizi, che insieme assorbono il 62% delle risorse disponibili. La farmaceutica convenzionata, precisa la Corte dei Conti, registra nel 2012, rispetto al 2011, una riduzione dell’8,6%.
 
Che fare per rispondere a questa domanda e mantenere la sostenibilità del Servizio Sanitario Nazionale e il suo universalismo, che offre tutto a tutti, in un quadro di crisi e di incertezza?
Il Sistema Salute deve confrontarsi con risorse pubbliche scarse e con un Pil calato del 7% dal 2007 ad oggi. 
Spetterà naturalmente al Governo e al Parlamento affrontare questo tema cruciale e complesso. Siamo pronti a dialogare responsabilmente e a fare qualche proposta nel rispetto dei ruoli.
Certi della necessità di rivedere il paradigma dell’allocazione e della gestione delle risorse disponibili, revisione che richiede a sua volta un profondo cambiamento della cultura e del modo di pensare.
Su questo voglio essere chiaro, ripensare il Servizio Sanitario Nazionale non significa negare il diritto del cittadino alla Salute e alle cure, ma realizzare riforme strutturali che tocchino il sistema ospedaliero, premiando le eccellenze, colpendo gli sprechi e introducendo la Information Communication Technology a ogni livello.
Bisogna proseguire certamente sulla strada dei costi standard e sul recupero di efficienza di tutte le articolazioni del Sistema.
Ricordando sempre che l’industria farmaceutica è un modello perché con i suoi medicinali fa risparmiare il Servizio Sanitario Nazionale abbassando le ospedalizzazioni, riducendo gli interventi chirurgici e prevenendo patologie anche importanti.
 
E voglio aggiungere che il farmaco è l’unico bene della Salute con un costo standard negoziato, garantito e controllato da un’Agenzia regolatoria centrale, l’Aifa. Costo definito e chiaro, che è decisamente più basso rispetto agli altri grandi Paesi europei. 
Sono poi consapevole, siamo tutti consapevoli, che i problemi del settore farmaceutico vadano affrontati nel contesto ampio della spesa sanitaria.
Come?
Un Servizio Sanitario Nazionale finalmente efficiente in tutte le sue parti richiede investimenti maggiori e la necessità assoluta che il PIL torni a crescere, con politiche industriali che sappiano valorizzare le eccellenze, a cominciare dalla produzione e dall’innovazione. 
Caratteristiche proprie del settore farmaceutico, che vanta un indotto fatto di aziende hi-tech, con 60 mila addetti, 14 miliardi di fatturato e una qualità che consente loro di essere leader mondiali, esportando fino al 95% del fatturato.
Insieme contiamo 123 mila addetti e abbiamo una dimensione paragonabile a quella del comparto tessile, uno dei più importanti del made in Italy.
Rappresentiamo, e anche in questo caso lo dico con orgoglio, un modello nella qualità della filiera con la distribuzione intermedia e con quella finale delle farmacie, che garantiscono assistenza in tutto il territorio nazionale. Se continuiamo ad avere un’assistenza di qualità, lo dobbiamo anche ai medici, ai farmacisti e ai molti operatori sanitari che quotidianamente ci lavorano e ai quali va il nostro ringraziamento.
 
La farmaceutica rappresenta quindi un’area in cui si è raggiunta la massima efficienza, ma, voglio dirlo chiaramente, con un rigore eccessivo perché i livelli di finanziamento della farmaceutica, di oltre il 25% più bassi in termini pro capite rispetto agli altri Paesi europei, sono sottostimati rispetto alla domanda di Salute degli Italiani, i più anziani in Europa.
Negli ultimi cinque anni la spesa farmaceutica è diminuita complessivamente del 3%, in controtendenza rispetto alla crescita registrata per tutte le altre voci di spesa sanitaria pubblica. E malgrado ne rappresenti solo il 14% del totale, paga il 30% dei tagli delle manovre 2012-2014.
I nostri medicinali sono poi tracciabili dal momento in cui vengono prodotti a quello in cui arrivano al Paziente.
I dati di spesa farmaceutica, a differenza di moltissimi altri dati della spesa pubblica, sono noti in qualunque momento e lo Stato può avere contezza dell’uso delle proprie risorse sempre e comunque.
 
Ci piacerebbe che questo avvenisse anche nelle altre voci della Sanità. Infatti nella Relazione della Banca d’Italia si sottolinea che:
“La spesa sanitaria ha continuato a ridursi nel 2012 […] attestandosi al 7,1% del PIL. Il calo ha riflesso la riduzione dei redditi da lavoro dipendente (-1,5%) e quella delle uscite per prestazioni sociali in natura (-2,0%), principalmente per effetto delle misure di contenimento della spesa farmaceutica previste dal decreto sulla spending review.”
L’industria farmaceutica c’è e vuole fare la sua parte per rilanciare il Paese e la sua economia. Anche se non mancano segnali di rischio, a cominciare dal trend dell’occupazione, in calo dal 2006 di 11.500 addetti e dagli studi clinici, diminuiti in Italia del 23% in 3 anni. Per finire con gli investimenti, che pur in aumento negli ultimi 5 anni sono diminuiti nel 2012 per la prima volta in 10 anni.
Per crescere l’Italia deve aumentare innovazione, investimenti, export, competitività, qualità delle Risorse Umane.
Tutti elementi che sono nel dna delle imprese farmaceutiche, che non chiedono incentivi, “saldi” o sconti, ma un contesto favorevole al mantenimento dei molti investimenti e, laddove possibile, alla possibilità di attrarne altri.
 
Oggi avremmo potuto parlare dei non pochi ostacoli che quotidianamente incontriamo nella nostra attività industriale, a cominciare dai continui mutamenti di scenario legislativo e regolatorio che interessano il settore.
E dai tempi lunghi della burocrazia, da quelli di accesso all’innovazione a quelli di pagamento dei crediti alle imprese.
Avremmo potuto farlo con toni forti, considerando alcuni indicatori negativi del comparto. Ma non è questo che vogliamo fare.
Oggi, con tutte le imprese del farmaco vogliamo essere positivi, presentando proposte per la crescita, a costo zero per lo Stato. 
E vogliamo esserlo per noi stessi, per le nostre imprese nazionali e internazionali, per coloro che ci lavorano con la passione e la professionalità che il mondo ci invidia, per le loro famiglie, per la Ricerca e per mantenere in Italia un patrimonio di produzione e di innovazione che si fonda su capacità tipiche del Paese e su investimenti italiani ed esteri.
Chiediamo anzitutto di garantire stabilità del quadro e certezza delle regole, attraverso un patto di almeno tre anni, per non penalizzare gli investimenti.
Gli imprenditori italiani e i manager delle imprese internazionali devono sapere che ciò che pianificano oggi non sarà cancellato con un colpo di spugna domani da misure che rivedono radicalmente le regole del gioco. Nel 2012 abbiamo subìto 4 provvedimenti in soli 8 mesi. 
 
Ci rivolgiamo al Ministero della Salute e all’Aifa affinché siano al nostro fianco nello svolgere il loro ruolo di indirizzo, autorizzazione e controllo.
Da Presidente e AD di un’azienda internazionale, credetemi, so bene quanto sia difficile vincere la competizione interna ai grandi gruppi con un quadro così mutevole e penalizzante. Rischiamo di perdere quote di investimento, di vederle andare altrove, in Paesi nei quali il quadro è più chiaro e le politiche sono più favorevoli. 
Non si può poi continuare ad adottare provvedimenti senza che se ne valutino gli effetti sull’industria e sull’economia del Paese. Perché fare cassa, per poi perdere occupazione, centri di ricerca e fabbriche, non è utile a nessuno. 
Per questo proponiamo l’immediata costituzione di una “cabina di regia” tra i Ministeri della Salute, dello Sviluppo Economico, dell’Economia e del Lavoro. 
Occorre anche superare la frammentazione di 21 Sistemi Sanitari diversi, che oggi discriminano gravemente i Pazienti e nello stesso tempo disincentivano gli investimenti delle imprese. È necessario che le cure siano uguali e accessibili a tutti i cittadini italiani contemporaneamente. Un punto sul quale il Ministro della Salute Beatrice Lorenzin è intervenuta con forza sottolineando che “non devono più esserci differenze tra le parti del Paese. Oggi certi farmaci innovativi sono disponibili solo in alcune Regioni. Bisogna subito ricorrere ai ripari. È una battaglia di equità e di giustizia”. Una battaglia che condividiamo totalmente e di cui ringraziamo il Ministro. 
 
E vorremmo che al patto di stabilità per la nostra industria venisse affiancato un patto per la crescita, in maniera che la farmaceutica entri finalmente in una fase nuova. A partire da un approccio più aperto ai diversi gradi di innovazione.
Per questo ai nuovi prodotti devono essere assicurati tempi rapidi di accesso e il giusto riconoscimento. I cittadini italiani non possono essere più svantaggiati rispetto ai concittadini europei.
Va comunque riconosciuto un cambiamento in atto in Aifa, come evidenziato negli ultimi mesi dall’immissione sul mercato di alcuni importanti farmaci. È un processo che richiede qualche aggiustamento e certamente una forte accelerazione, affinché si giunga presto a un adeguato sistema di valutazione dell’innovazione.
Le imprese del farmaco credono nel ruolo fondamentale dell’Aifa, la cui efficienza potrebbe contribuire non poco a ridurre il gap di competitività delle imprese del farmaco in Italia rispetto agli altri grandi Paesi europei, un gap dovuto a un quadro regolatorio e normativo sfavorevole.
Un nuovo approccio all’innovazione che dovrà essere accompagnato da un atteggiamento positivo di tutte le Istituzioni verso gli altri anelli fondamentali per la sostenibilità degli investimenti nel Paese. Ovvero la tutela della proprietà intellettuale, del brevetto e la valorizzazione della presenza industriale attraverso il riconoscimento del marchio. 
Obiettivi che richiedono cambiamenti nell’attuale struttura di governance per renderla più competitiva, attenta alle esigenze dell’industria e libera da eccessi burocratici, a partire dai tetti di prodotto e di categoria, presenti tra tutti i grandi Paesi europei solo in Italia.
E questo nonostante il nostro Paese abbia già due tetti complessivi e vincolanti che ogni anno determinano con certezza il livello di spesa pubblica.
Aggiungere altri limiti a specifici prodotti penalizza l’innovazione e rappresenta un uso non efficiente delle risorse pubbliche. 
È un sistema molto complesso, che per funzionare ha bisogno di ancora maggiori qualità e certezza dei dati utilizzati per definire i budget delle singole aziende. Proprio quei budget sulla base dei quali vengono loro richiesti i ripiani in caso di sfondamento.
 
L’industria non può essere chiamata a pagare per spese non sue. La legge istitutiva dell’Aifa prevede che l’Agenzia abbia compiti “in materia di politiche per il farmaco con riferimento alla ricerca, agli investimenti delle aziende in ricerca e sviluppo, alla produzione”.
Nell’attuale ristrutturazione globale del settore ogni intervento sulla spesa comporta conseguenze sull’attività delle imprese e sulle loro scelte di localizzazione degli investimenti.
Per questo è necessario attivare sinergie capaci di rappresentare tutte le esigenze: tutela della Salute, controllo dei costi, crescita industriale.
L’esperienza del Tavolo per il settore farmaceutico presso il Ministero dello Sviluppo Economico è positiva, in quanto vede tutti gli attori coinvolti e vorremmo fosse rafforzata.
Chiediamo inoltre che sia assicurata, nel rispetto dell’appropriatezza, la libertà prescrittiva del medico nella scelta terapeutica, senza vincoli di carattere economicistico né discriminazioni verso i prodotti con marchio. Senza, in definitiva, creare mercati protetti per alcun prodotto. 
E per quanto riguarda il finanziamento della spesa pubblica perché non sviluppare i Fondi integrativi? A partire dai Fondi Negoziali di cui il settore si è dotato con il CCNL attraverso il Faschim, per garantire risorse aggiuntive alle strutture pubbliche. Anche in questo caso in anticipo sui tempi, con un elevato tasso di innovazione e in accordo con le Organizzazioni Sindacali. Perché non seguire l’esempio della Francia, con una spesa privata più efficiente?
 
Prevedendo anche l’introduzione di meccanismi graduali di compartecipazione equa del cittadino, con esenzioni per patologia e/o livello di reddito, che liberino risorse da investire per le terapie innovative. Una scelta adottata sia in Francia, sia in Spagna.
E proprio perché crediamo che la qualità si debba accompagnare alla gestione efficiente delle risorse, l’impegno per la sicurezza dei medicinali è crescente. Severità e molteplicità dei controlli in Italia sono alla base dell’assenza di fatto del fenomeno della contraffazione dei farmaci nella rete ufficiale di vendita. 
Su questo Farmindustria ha intensificato la sua azione per contrastare ogni forma di illecito e frode, collaborando con le Forze dell’Ordine – in particolare i Nuclei Antisofisticazioni e Sanità dell’Arma dei Carabinieri e la Guardia di Finanza – la Magistratura e l’Aifa, tutte realtà alle quali le imprese sono per questo grate.
Prima di chiudere lasciatemi dire ancora poche parole, riprendendo quelle che hanno aperto il mio intervento.
“Sulle scale di questo Teatro vi è un orologio, che abbiamo voluto chiamare l’Orologio della Vita, poiché misura il tempo in più guadagnato da ciascuno di noi grazie ai farmaci, ai corretti stili di vita e ai progressi della medicina.
Vivere di più e meglio è possibile, già ora”. Bene, uscendo potremo verificare quanta vita in più abbiamo guadagnato in questo breve lasso di tempo. L’Italia che, come abbiamo visto, è forte nella manifattura, può divenire, con una politica accorta che sappia accogliere le proposte formulate, un Paese capace di attrarre ancora nuovi e importanti investimenti. 
Non dobbiamo perdere questa opportunità. Invito quindi Istituzioni e Sindacati a una grande alleanza capace di far ripartire la crescita nel Paese, cominciando dalla farmaceutica. Lasciamo da parte i pregiudizi e andiamo tutti nella stessa direzione con grande senso di responsabilità, per offrire al Paese e alle generazioni che seguiranno un futuro migliore. 

L’attuale Governo, nei suoi primi provvedimenti, ha dato alcuni segnali positivi. Chiediamo che proceda con sempre maggiore determinazione su questa via. Ne abbiamo tutti bisogno, per noi stessi e per l’Italia che verrà.  Insieme possiamo farcela, rimettendo in moto speranza e fiducia tra gli Italiani.
 
Massimo Scaccabarozzi

03 luglio 2013
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