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Hiv. Un nuovo anticorpo riduce significativamente i livelli del virus 

di Viola Rita

Si chiama 3BNC117 e nel primo studio condotto sull’uomo una singola dose è stata in grado di abbassare considerevolmente i livelli del virus in individui sieropositivi, riducendo rapidamente la carica virale. Secondo i ricercatori l’immunoterapia dovrebbe essere studiata come nuova strategia preventiva e terapeutica 

10 APR - Risultati promettenti arrivano da un nuovo anticorpo anti-Hiv chiamato 3BNC117: in un trial clinico di fase I condotto sull’uomo, una singola infusione di questo anticorpo anti-Hiv sperimentale ha ridotto i livelli di virus presente da 28 giorni in individui sieropositivi. La ricerca è stata pubblicata* su Nature ed è stata condotta** da Michel C. Nussenzweig M.D., Ph.D., dell'Howard Hughes Medical Institute, presso The Rockefeller University a New York City, che ha ricevuto un finanziamento dal NIAID.
 
Si tratta del primo studio sull’uomo in cui è stato testato questo anticorpo, sottolineano i ricercatori, che lo definiscono come “sicuro ed efficace nel ridurre i livelli del virus” sostenendo che tale molecola “dovrebbe essere ulteriormente studiato per l’utilizzo nella prevenzione e nel trattamento contro l’Hiv”.
 
Questo anticorpo, come altri in corso di studio, è ‘naturalmente’ prodotto dall’uomo: in tempi recenti gli scienziati hanno scoperto che persone affette da Hiv generavano anticorpi in grado di combattere diversi tipi di questo virus. La scoperta emozionante ha aperto la strada allo studio di una nuova ‘branca’ di possibili trattamenti.
Prima di questo test sull’uomo, inoltre, in alcuni test di laboratorio l’anticorpo 3BNC117 ha neutralizzato le catene del virus e ha protetto dall’infezione modelli di topo ‘umanizzati’ e macachi. Per verificarne l’efficacia, i ricercatori hanno condotto uno studio su 29 volontari, di cui 17 colpiti dall’Hiv e 12 non infettati. I partecipanti hanno ricevuto una singola dose intravenosa da 1, 3, 10 o 30 milligrammi di questo molecola, ben tollerato da tutti.
Nei volontari con Hiv che hanno ricevuto la dose maggiore, si è osservata la massima efficacia dell’anticorpo, che ha portato una rapida e significativa riduzione della carica virale. La resistenza del virus alla molecola studiata è risultata variabile, tuttavia in alcuni casi la sensibilità ad esso si è protratta per 28 giorni.
 
Attualmente il trattamento con farmaci antiretrovirali permette all’individuo di tenere sotto controllo il virus e di poter svolgere una vita sana e produttiva.
In base al risultato odierno, inoltre, i ricercatori sottolineano che l’immunoterapia dovrebbe essere studiata come nuova modalità di prevenzione e trattamento.
Gli esperti spiegano che l’immunoterapia combinata con anticorpi monoclonali di prima generazione è risultata molto poco efficace ed è stata abbandonata. Al contrario, l’alternativa odierna si basa su un anticorpo sviluppato con un particolare metodo, clonato da una singola cellula madre (single-cell-based antibody cloning).
 
Questa formulazione apre prospettive di studio per l’applicazione di tale molecola, come hanno spiegato. “In più, in futuro”, spiegano gli autori della ricerca, “l’anticorpo sperimentale potrebbe essere utilizzato per favorire l’eradicazione dell’Hiv da ‘serbatoi’ latenti all’interno dell’organismo della persona colpita dal virus”.
 
Viola Rita
 
* Marina Caskey, Florian Klein, Julio C. C. Lorenzi, Michael S. Seaman, Anthony P. West Jr, Noreen Buckley, Gisela Kremer, Lilian Nogueira, Malte Braunschweig, Johannes F. Scheid, Joshua A. Horwitz, Irina Shimeliovich, Sivan Ben-Avraham, Maggi Witmer-Pack, Martin Platten, Clara Lehmann, Leah A. Burke, Thomas Hawthorne, Robert J. Gorelick, Bruce D. Walker, Tibor Keler, Roy M. Gulick, Gerd Fätkenheuer, Sarah J. Schlesinger & Michel C. Nussenzweig, Viraemia suppressed in HIV-1-infected humans by broadly neutralizing antibody 3BNC117, Nature (2015) doi:10.1038/nature14411
 
** La ricerca è stata finanziata da Bill and Melinda Gates Foundation, The Rockefeller Foundation ed in parte dal National Institute of Allergy and Infectious Diseases (NIAID), che fa parte del NIH 

10 aprile 2015
© Riproduzione riservata

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