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Il tavolo tecnico del Ministero su Dm 70 e 77: una vicenda grottesca, significativa e soprattutto pericolosa

di Claudio Maria Maffei

Oltre che grottesca la vicenda è significativa di una incapacità del livello centrale di presidiare l’applicazione prima e la revisione poi di Decreti fondamentali come il Dm 70. A distanza di 8 anni ormai dalla sua applicazione si attende ancora una analisi seria dello stato e dell’impatto della sua applicazione.

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I lettori abituali di Quotidiano Sanità conoscono bene la vicenda del Tavolo Ministeriale per l’aggiornamento dei due fondamentali Dm 70 e 77 che regolamentano rispettivamente la programmazione e organizzazione dei servizi ospedalieri e territoriali. Un primo Decreto con le nomine dei componenti del tavolo è stato immediatamente subissato di critiche vista la sua composizione inaccettabile da tutti i punti di vista, tra cui quello di una composizione di genere sbilanciata sia in senso tradizionale (18 componenti e nessuna donna) che in senso per così dire traslato con una prevalente componente medica, clinica e universitaria. Un mio primo intervento segnalava altre criticità e cioè il fatto che quello di cui c’è bisogno, specie per il Dm 70, è la sua applicazione urgente visto che le deroghe rispetto al Decreto che le Regioni si sono date da sole sul riordino della assistenza ospedaliera hanno influito e non poco su fenomeni come la fuga di professionisti dal pubblico al privato e la carenza di risorse a disposizione del territorio. Come prevedibile, per usare una espressione logora dal troppo uso ma efficace, la toppa è stata peggiore del buco: il secondo frettoloso Decreto ha portato a 52 i componenti del Tavolo, di cui 24 donne. Nulla ha chiarito il secondo Decreto su obiettivi, tempi e modalità di lavoro del tavolo. La sua numerosità davvero assurda ha però costretto i redattori del Decreto a prevedere Gruppi di lavoro per specifiche tematiche.

La vicenda ha del grottesco e questa volta nel commento della pur autorevolissima e serissima composizione del nuovo Tavolo mi viene scherzosamente e rispettosamente in mente la compagnia di amici di Gianni Minà (a cui mando un ricordo di stima e affetto) nella famosa versione di Fiorello: “eravamo io, Fidel, Cumpaio Segundo, Sotomayor, Lino Patruno e la sua Jazz Band, Tarek Aziz, Arthur Ashe, Pavel Tonkov, I King Krimson, Edy Orioli, Mita Medici, Roger Milla e Mario Lavezzi…” Fra l’altro la composizione del Tavolo è così pletorica che giustamente le professioni trascurate hanno rappresentato la opportunità di un loro inserimento, ultima quella degli OSS.

Oltre che grottesca la vicenda è significativa di una incapacità del livello centrale di presidiare l’applicazione prima e la revisione poi di Decreti fondamentali come il Dm 70. A distanza di 8 anni ormai dalla sua applicazione si attende ancora una analisi seria dello stato e dell’impatto della sua applicazione. Siamo tutti consapevoli, anche grazie a QS che ha analizzato il fenomeno, degli ospedali e posti letto “persi” dal sistema pubblico negli ultimi dieci anni, ma abbiamo anche bisogno di fare un ragionamento basato su dati e analisi di quali sono le tipologie di ospedali e posti letto persi e di quali sono stati e sono gli effetti di tale “perdita”. Una analisi che dovrebbe documentare anche l’effetto della eccessiva dispersione della rete ospedaliera in termini di sottoutilizzo di sale operatorie e tecnologie e conseguente allungamento delle liste di attesa e fuga dei professionisti nel privato. Lo stesso problema del boarding, e quindi dello stazionamento dei pazienti in attesa di ricovero in Pronto Soccorso, richiede non un generico aumento di posti letto e magari la riapertura di piccole strutture ospedaliere riconvertite (come stanno facendo le Marche), ma soprattutto un ridisegno del rapporto tra ospedalità pubblica e privata come proposto nel bel contributo di F. Florianello, R. Caron, S. Piemontese, P. De Cata e P. Di Silverio comparso pochi giorni fa su QS. Io personalmente non capisco la assenza su un tema come questo dell’Agenas, che è invece attento a temi come le reti cliniche, importantissime, ma un di cui del tema più generale del riordino della assistenza ospedaliera. Così come lamento ancora una volta la assenza del Ministero nel monitoraggio cogente dell’applicazione del DM 70 che per alcune Regioni, come le già citate Marche, semplicemente non esiste, come ho scritto persino troppe volte (di cui questa è l’ultima).

Da ultimo e soprattutto la vicenda del Tavolo è pericolosa perché darà alle Regioni la possibilità di non applicare il Dm 70 perché “tanto c’è un tavolo che lo sta rivedendo”. Per non citare sempre e solo le Marche prendiamo altre tre Regioni. Cominciamo dalla Liguria: il Piano Socio Sanitario 2023- 2025 della Liguria prevederebbe la richiesta di 50 deroghe al Ministero. Passiamo al Piemonte in cui il Consiglio Regionale ha fatto un passo indietro rispetto all’Ospedale unico di Ornavasso che avrebbe strutturalmente integrato i due presidi di Domodossola e Verbania. E infine, ma potrei continuare Regione per Regione, per la Toscana si è espresso efficacemente ieri al termine del suo bell’intervento qui su QS Francesco Carbone: “L’auspicabile incremento del FSN tuttavia dovrà essere corroborato da un contemporaneo cambio di paradigma organizzativo, per evitare che finisca preda del solito modello demagogico-elettorale in cui versa tanta sanità pubblica, anche in Toscana. Certe deroghe alla appropriatezza clinico-organizzativa in nome di risibili esigenze di campanile dovrebbero essere messe non solo politicamente ma anche amministrativamente in conto a chi le decide cosicché si cominci col tagliare le scelte sbagliate non le risorse per il SSN.”

Parole perfette quelle di Carbone: “modello demagogico-elettorale” e “risibili esigenze di campanile”. Il modello e le esigenze che il DM ’70 contrasterebbe se solo lo si applicasse magari con le opportune modifiche. Ma temo che il Ministro non se ne renda conto: alla Università la vita vera della sanità pubblica arriva filtrata, molto filtrata. Quanto al Dm 77 il problema non si pone: se non si applica il Dm 70 del DM 77 si può solo parlare e quello lo possono fare anche in 52.

Claudio Maria Maffei



11 luglio 2023
© Riproduzione riservata


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