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Le vaghe promesse del Piano socio sanitario della Lombardia

di Ettore Jorio

Quello elaborato è infatti un sedicente atto di pianificazione sociosanitaria. Sembra un sogno privato utile a dare concretezza alla erogazione accreditata privata, che diventa sempre di più un mastodonte, ingombrante, costosissima e speculativa delle disgrazie in cui è caduto il suo storico concorrente: il Ssr.

10 NOV -

A come sia ridotta la sanità pubblica, deteriorata da decenni, si aggiunge la creatività per risolverla. I peccati mortali, così, aumentano di numero. In mezzo, una sanità privata che si arricchisce a vista d’occhio, in forza di una sussidiarietà orizzontale fondata su criteri demenziali, rispetto a quelli pretesi dalla Costituzione, e di un progetto di ripresa di quella pubblica, che è tutto tranne che uno strumento di programmazione.

Quello elaborato in Lombardia, è infatti un sedicente atto di pianificazione sociosanitaria. Sembra un sogno privato utile a dare concretezza alla erogazione accreditata privata, che diventa sempre di più un mastodonte, ingombrante, costosissima e speculativa delle disgrazie in cui è caduto il suo storico concorrente: il Ssr.

Insomma, il prossimo quinquennio di welfare assistenziale lombardo è tutto contenuto in un tomo di manco sessanta pagine che - più che apparire un serio atto progettuale votato a risollevare la sanità meneghina dal baratro in cui si trova, fatta eccezione per gli Irccs prevalentemente privati che assicurato eccellenza - sembra configurare un indice di buone intenzioni, decise neppure con le buone maniere. Sono invero idee uscite nel modo in cui non si dovrebbe. Senza un serrato confronto tra i soggetti attori della concorrenza amministrata e quella espressione delle professioni e del mercato, anche no profit.

Enumera in un rigido schema di decrescente preoccupazione sociale i temi sui quali la Regione interverrà.

Una promessa vaga, perché gli argomenti sono trattati con approssimazione e genericità, senza l’indicazione delle soluzioni alle gravi inefficienze confessate.

Per esempio, i due temi più avvertiti dalla popolazione, l’emergenza-urgenza e le liste di attesa, dalle quali dipendono le sorti delle persone in pericolo esistenziale e di quelle bisognose di interventi salvavita diagnostici e curativi, sono trattati come facevano le nonne: abbi pazienza che tutte le cose si risolvono!

Quanto alla emergenza urgenza, ci penseranno i pronti soccorsi razionalizzati all’interno detta rete ospedaliera. Relativamente alle liste di attesa, sarà tutto risolto con l’istituendo contact center unico (praticamente un centro CUP regionalizzato) e con una bella multa ai cittadini che si prenoteranno più volte. Tiè, il dado è tratto.

Al di là di questi due capitoli di avanguardia organizzativa (che saranno in tanti a copiare in Italia all’estero), il piano fa un grande passo in avanti sulla presa in carico del paziente e sulla prevenzione. Sulla prima, passa la palla ai medici di medicina generale, che dovranno essere più presenti sul territorio (saranno in tanti gli avatar con il ricettario in mano ad essere presenti negli ambulatori dei cessati). Non solo. Promuove e promette un impegnativo ruolo di quelle case di comunità invero inaugurate più volte, ma rimaste senza personale destinato ai servizi. Sulla prevenzione, la soluzione riguarda una maggiore attenzione alla sicurezza dei luoghi di lavoro, allo sport da incentivare e un più appropriato stile di vita. Come? Questo non lo dice, ma lo promette.

In ogni modo, il piano è presago di tagli, che si sperano non rivolti alle pratiche salvavita.

Ettore Jorio



10 novembre 2023
© Riproduzione riservata


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