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Conoscenze epidemiologiche, programmazione e tutela dei diritti in Salute Mentale nell’Italia del Regionalismo  

di Fabrizio Starace

I dati sul sistema di cura per la salute mentale in Italia sono a nostro avviso più che sufficienti per avviare un processo virtuoso di programmazione, verifica e revisione della qualità dell’assistenza fornita, al quale partecipino – in un reale quanto leale spirito di collaborazione – tutti i livelli istituzionali coinvolti: Ministero, Regioni, Aziende Sanitarie e DSM

05 APR - L’attuale dibattito sull’autonomia differenziata delle Regioni ribadisce l’urgenza di saldare le scelte di programmazione sanitaria alle evidenze epidemiologiche. Nell’ambito della recente indagine conoscitiva sulla determinazione e sull’attuazione dei livelli essenziali delle prestazioni, l’Ufficio Parlamentare di Bilancio ha recentemente affermato1 che “per garantire la tutela dei diritti sociali e civili è necessario che la definizione e il finanziamento dei LEP (livelli essenziali delle prestazioni, in sanità indicati come LEA, NDA) siano accompagnati da procedure di monitoraggio e di correzione che ne assicurino l’effettiva erogazione”. Non si tratta quindi di tendere a un generico miglioramento (anche passare da un livello “inesistente” ad uno “insufficiente” è in assoluto un miglioramento, che tuttavia non realizza l’obiettivo di una uniforme esigibilità del diritto alla cura) ma di una attività funzionale a garantire la fruizione dei diritti sociali e civili Costituzionalmente tutelati.

In proposito occorre ricordare che l’assistenza sanitaria è sottoposta sin dal 2012 a monitoraggio. Fino al 2019 esso si avvaleva della c.d. Griglia LEA, nella quale era presente 1 solo indicatore per la salute mentale: il numero di assistiti presso i Dipartimenti di salute mentale per 1.000 residenti, del quale avevamo già segnalato il discutibile portato informativo. Dal 2020 si è passati al Nuovo Sistema di Garanzia (NSG) dei LEA, più sensibile alle differenze tra assistenza distrettuale, ospedaliera e prevenzione grazie ad un ventaglio di indicatori significativamente più ampio2, che per la salute mentale sono però tutti relativi all'attività ospedaliera, considerata "indicatore indiretto dell'efficacia degli interventi di presa in carico territoriale dei pazienti con patologie psichiatriche". È noto che non sempre questo è vero. Un alto tasso di ospedalizzazione è innanzitutto correlato alla disponibilità di posti-letto: in altri termini, è l'offerta che orienta la domanda.

L'impiego intensivo del polo ospedaliero, inoltre, potrebbe essere dovuto ad una scarsa presenza di residenzialità sanitaria e sociosanitaria, con uso inappropriato dei posti letto per acuti anche in condizioni prognostiche a medio-lungo termine. Al contrario, bassi tassi di ospedalizzazione potrebbero indicare fenomeni di trans-istituzionalizzazione residenziale ampiamente descritti in letteratura. Per chiarire se un uso limitato di posti letto per acuti è, invece, il risultato virtuoso di una programmazione orientata a rafforzare le risorse territoriali è necessario disporre, contemporaneamente, di informazioni relative alla performance “diretta” dei servizi di salute mentale territoriali.

Un esempio del gap tra conoscenze epidemiologiche e conseguenti azioni programmatorie è fornito dal dettagliato Documento prodotto dal Tavolo Tecnico Salute Mentale del Ministero Salute nel maggio 2021 sulla base dei dati raccolti dallo stesso Ministero3. In esso vengono evidenziate vistose inadempienze regionali, sia sul piano amministrativo che su quello dell’efficace perseguimento degli obiettivi prioritari del Piano d’Azione Nazionale per la Salute Mentale del 2013 e si segnalano macroscopiche differenze nell’erogazione dei servizi all’interno delle singole Regioni.

Ciononostante, a nostra conoscenza nessuna iniziativa specifica è stata ad oggi adottata dai decisori politici nazionali e regionali per il superamento dei problemi evidenziati. Per essere più chiari, la mera enunciazione e documentazione delle questioni da affrontare non è tollerabile in chi ha ruolo e responsabilità di indirizzo e buona amministrazione. Né è accettabile l’atteggiamento ipocrita e conformista di chi, per sfuggire alle proprie responsabilità, si paluda dietro la falsa veste di “tecnico” imparziale. Questa “crisi di responsabilità”, protratta nel tempo ed equamente distribuita tra centro e periferia, finisce col perpetuare disuguaglianze di accesso a diritti esigibili in aree territoriali che distano tra loro solo pochi chilometri!

Le contraddizioni del Sistema di cura: l’analisi SIEP
I dati disponibili su struttura e attività del sistema di cura per la salute mentale in Italia, dettagliatamente riportati nel Rapporto SIEP 2024 di prossima pubblicazione4, ci dicono in sintesi che:

1. La spesa per assistenza psichiatrica in percentuale sul Fondo Sanitario Nazionale è la più bassa tra i Paesi del G7, attestandosi a circa il 3%. Mancano oltre 2 Mld di investimenti per raggiungere la “soglia psicologica” del 5%. Essa peraltro costituisce riferimento per i Paesi a basso-medio reddito mentre i Paesi ad alto reddito tra i quali l’Italia si annovera “dovrebbero aumentare la loro allocazione per la salute mentale ad almeno il 10% del bilancio sanitario totale”5. Se lo si osserva in termini di investimento pro-capite, nonostante il lieve incremento rispetto all’anno precedente, quello italiano (€ 69,8) risulta ancora abissalmente distante da quelli di Francia, Germania e Regno Unito (rispettivamente: € 510, € 499 e € 344)6.

2. Altro tasto dolente riguarda la dotazione complessiva di personale: benché lievemente incrementata rispetto all’anno precedente, attestandosi per tutte le figure professionali a 60,4 operatori per 100.000 abitanti, essa è inferiore di oltre il 25% rispetto a quanto previsto dagli atti di programmazione nazionali (83 operatori per 100.000 abitanti, al netto di quello necessario per le attività residenziali e delle reti specialistiche sovrazonali come ad es. per le REMS o i Disturbi dell’alimentazione) o ancora, dei presidi per garantire assistenza psichiatrica nelle carceri7. Si noti bene che tali standard, definiti da Agenas, sono stati oggetto di Intesa in Conferenza Stato-Regioni (21.12.22), e sottoscritti da Ministero Salute (9.1.23) e MEF (22.1.23).

3. La prevalenza annua degli utenti trattati è pari all’1,5%; l’incidenza (nuovi casi) è pari allo 0,5%. È del tutto evidente che questi numeri esprimono la capacità di offerta assistenziale dei servizi, essendo largamente al di sotto delle stime di prevalenza e incidenza dei disturbi mentali in Italia. Senza rincorrere l’ultimo sondaggio lanciato per guadagnare un titolo o un’intervista da enti o associazioni non esenti da interessi commerciali o di parte, ma affidandoci alle più recenti analisi del Global Burden of Disease8 rileviamo una prevalenza di disturbi mentali pari al 15% della popolazione, valore 10 volte superiore alla prevalenza trattata presso i servizi pubblici! La questione è ulteriormente complicata dalle ampie variazioni inter-regionali, che non sembrano essere giustificate da differenze epidemiologiche regionali.

4. La rete dei servizi territoriali per la salute mentale si conferma articolata e diffusa su tutto il territorio nazionale, raggiungendo un rapporto (2,2 per 100.000 abitanti) che è sovrapponibile a quello indicato per la distribuzione delle Case della Comunità, presìdi cardine per la riorganizzazione della medicina territoriale nel segno della prossimità prevista dal DM 77/2022. Nulla tuttavia è dato sapere circa l’effettiva accessibilità (orari di apertura), la qualità strutturale di spazi e ambienti, o l’adeguamento alle norme per la sicurezza e la privacy. Non tranquillizzano in tal senso i recenti provvedimenti legislativi che spostano circa 1 Mld e 200 Mln dai fondi PNRR a quelli “ordinari” ex art.20 L.67/88, limitando la già ridotta capacità di manutenzione del patrimonio edilizio sanitario, spazi della salute mentale compresi.

5. Il numero dei posti letto ospedalieri per ricoveri psichiatrici acuti, tra i più bassi al mondo, è al di sotto del parametro tendenziale nazionale: 9,3 vs. 10 per 100.000 abitanti. Il dato verosimilmente risente delle conversioni operate d’urgenza in periodo emergenziale Covid e mai più restituite alla loro funzione iniziale, o peggio, alla chiusura necessitata dalla carenza di personale medico. La lettura di questa informazione è resa complessa dalle diverse organizzazioni regionali, in alcune delle quali l’offerta comprende p.letto ospedalieri di psichiatria (cod. 40) collocati in strutture private accreditate che godono di criteri di accesso, di sicurezza, di numerosità, di rapporto e caratteristiche operatori/ricoverati, di collegamento fisico al DEA non sovrapponibili a un servizio ospedaliero pubblico. L’incremento della domanda, anche in acuzie, imporrebbe una accurata revisione dell’assetto e dell’organizzazione del polo ospedaliero della salute mentale.

6. Il numero dei ricoveri per Trattamento Sanitario Obbligatorio è tra i più bassi al mondo, anche se probabilmente sottostimato per le modalità non univoche di rilevazione, in particolare relative a quei ricoveri che modificano le loro caratteristiche in corso di degenza (accesso in TSO e passaggio a volontario, o viceversa) che, più volte segnalate, non hanno ancora ricevuto univoca modalità di definizione e di registrazione. Ciò è tanto più rilevante se si considera che il tasso di TSO è l’unico indicatore relativo alla salute mentale incluso nel Piano Nazionale Esiti9. Non vengono peraltro considerate altre modalità “indirette” di ricovero coatto, come quelle esercitate per disposizione dell’autorità giudiziaria. Anche un Amministratore di Sostegno con funzioni di rappresentanza esclusiva in ambito sanitario può dare assenso a un ricovero (o all’ammissione in struttura residenziale) della persona amministrata, in possibile contraddizione con la persona stessa. Ciò mal si coniuga con quanto sancito dalla Convenzione delle Nazioni Unite sui diritti delle persone con disabilità10 in merito all’autonomia individuale, alla libertà di compiere le proprie scelte e all’indipendenza delle persone con disabilità, nonché con la legge n. 219/201711 che garantisce al paziente il diritto di esprimere la propria volontà e veder valorizzate le proprie residue capacità di comprensione e di decisione.

7. La continuità assistenziale ospedale-territorio (pazienti che hanno ricevuto una visita psichiatrica entro 14 giorni dalla dimissione ospedaliera) è largamente insoddisfacente, riguardando solo il 25% dei casi. In altre parole, circa 70.000 persone dimesse nell’anno considerato da reparti di psichiatria non sono state visitate da personale specializzato, a domicilio o presso i servizi territoriali entro le due settimane successive alla dimissione. Lo stretto rapporto tra servizi territoriali e ospedalieri, peraltro previsto anche sul piano organizzativo - i servizi ospedalieri sono parte integrante del Dipartimento di Salute mentale, che è unica macrostruttura trans-murale nell’architettura della sanità pubblica italiana - è elemento chiave di un sistema di Salute mentale di comunità. Da essa dipende l’unitarietà dei progetti terapeutico riabilitativi individuali oltre che il governo dei fenomeni di "porta girevole" e più in generale degli episodi critici. Il quadro che emerge restituisce un’immagine di lavoro per compartimenti stagni, che meriterebbe di essere affrontato con interventi specifici. A titolo di esempio, il NHS inglese ha fissato come obiettivo una visita di follow-up entro 72 ore dalle dimissioni – tempo considerato a maggior rischio di comportamenti suicidari - in almeno l'80% dei casi.

8. Il numero dei posti in strutture residenziali è più che doppio rispetto a quanto previsto dai parametri tendenziali nazionali. Come è stato recentemente rilevato in un documento del Consiglio Superiore di Sanità12, i dati disponibili presentano numerosi elementi di debolezza metodologica. Essi non consentono una valutazione disaggregata delle strutture residenziali a gestione pubblica e privata, componente questa assolutamente rilevante sul piano nazionale. Inoltre, la ricognizione delle strutture residenziali intensive e delle strutture residenziali estensive presenta problemi di attendibilità e validità. In particolare, esaminando i dati sugli utenti presenti in strutture residenziali psichiatriche per tipo di struttura residenziale si nota che per molte Regioni non risultano popolate le caselle relative a utenti inseriti in strutture residenziali intensive e strutture residenziali estensive. Se per alcune Regioni questo può effettivamente riflettere le peculiarità dell’organizzazione regionale dei servizi, per altre non rispecchia quanto presente sul territorio. È verosimile che ciò sia dovuto a modalità di codifica diverse. Risulta inoltre praticamente impossibile valorizzare le modalità di abitare supportato proprie dell’integrazione sociosanitaria. Infine, non sono disponibili informazioni disaggregate sul personale in servizio presso queste strutture, elemento particolarmente critico considerandone la valenza centrale ai fini riabilitativi.

9. La durata media di permanenza nelle strutture residenziali è largamente superiore rispetto alle indicazioni. Come evidenziato nel citato documento del Consiglio Superiore di Sanità12 questo fenomeno sostanzia quella “re-istituzionalizzazione” o “trans-istituzionalizzazione” in cui le strutture residenziali diventano “case per la vita”, limitando così la possibilità di tornare a una vita indipendente. L’inerzialità del sistema potrebbe essere spiegata da: a) la difficoltà nel perseguire gli obiettivi e implementare le attività utili per vivere in autonomia, con trattamenti residenziali efficaci e focalizzati sul miglioramento del funzionamento personale e sociale; b) la necessità delle persone con disturbi psichiatrici gravi di aver bisogno di più tempo per poter essere inserite in un ambiente a più elevato livello di autonomia; c) la difficoltà del personale a valutare adeguatamente il livello di autonomia e funzionamento dei pazienti vista la scarsità di utilizzo di strumenti di valutazione e l’assunzione di decisioni sulla base di una combinazione di preferenze personali, giudizio professionale e disponibilità di risorse; d) l’attuazione insufficiente di pratiche personalizzate, che siano basate sull’evidenza e orientate al recupero.

10. Le enormi differenze inter-regionali, sia negli aspetti strutturali che funzionali dell’assistenza erogata, sono inconfutabilmente evidenti in tutte le analisi condotte. Il tema del regionalismo sanitario, ossia della differente esigibilità del diritto alla salute a seconda del luogo di residenza, è la grande priorità da affrontare se si intende procedere sul terreno dell’autonomia differenziata. Il vulnus dell’assetto federalista che il Sistema Sanitario Nazionale ha già assunto dalla modifica costituzionale del 2001 dipende dall’assenza di una autorevole ed incisiva azione di governo centrale volta a tutelare l’interesse generale. Sinora l’opera di monitoraggio e verifica ha guardato esclusivamente ai bilanci, senza incidere significativamente sugli indicatori di accesso e di performance, né si è mai interrogata sugli esiti concreti (risultati di salute) delle attività censite.

In conclusione, i dati sul sistema di cura per la salute mentale in Italia sono a nostro avviso più che sufficienti per avviare un processo virtuoso di programmazione, verifica e revisione della qualità dell’assistenza fornita, al quale partecipino – in un reale quanto leale spirito di collaborazione – tutti i livelli istituzionali coinvolti: Ministero, Regioni, Aziende Sanitarie e DSM. Non agire in questa direzione – secondo ruolo e responsabilità di ciascuno – significa, al di là dei buoni propositi o delle chiacchiere di circostanza, essere complici del disfacimento di un patrimonio di civiltà che il mondo ci ammira ed apprestarci ad un futuro in cui l’universalismo e l’equità delle cure in salute mentale non saranno altro che uno sbiadito ricordo.

Fabrizio Starace
Direttore DSMDP AUSL Modena
Presidente della Società Italiana di Epidemiologia Psichiatrica (SIEP)
Presidente Sez. III del Consiglio Superiore di Sanità


NOTE
1. https://www.upbilancio.it/audizione-sulla-determinazione-e-sullattuazione-dei-lep-concernenti-i-diritti-civili-e-sociali/
2. Il NSG prevede 4 indicatori per la salute mentale: il tasso di ospedalizzazione per gli over 18, il tasso di ospedalizzazione per gli under 18, la % di ricoveri ripetuti a 30 gg, il tasso di TSO
3. https://www.salute.gov.it/imgs/C_17_pubblicazioni_3084_allegato.pdf
4. https://siep.it/siep/quaderni-siep/
5. The Lancet Commission on global mental health and sustainable development. Lancet 2018; 392: 1553–98
6. Dati OCSE e WHO, 2020
7. https://www.upbilancio.it/wp-content/uploads/2023/03/Focus_2_2023_Ass.-san.-terr.pdf
8. Global Burden of Disease, http://ghdx.healthdata.org/gbd-results-tool; https://vizhub.healthdata.org/gbd-compare/
9. https://pne.agenas.it/territoriale/indicatori/702?tab=aree&mode=1&tval=0
10. Ratificata dall’Italia con la Legge 3.3.2009 n. 18
11. Legge 22.12.2017 n. 219, Norme in materia di consenso informato e di disposizioni anticipate di trattamento
12. Residenzialità psichiatrica: analisi e prospettive. Istituto Superiore di Sanità, Rapporti ISTISAN n.9/2023

05 aprile 2024
© Riproduzione riservata


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