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Ambiente. Mortalità più alta del 15% nelle popolazioni residenti vicino a siti inquinati


Il dato viene dall’Istituto superiore di sanità che ha presentato ieri i risultati di uno studio su 44 siti italiani inquinati da varie sostanze. Ma gli scienziati avvertono: una correlazione diretta tra mortalità e inquinamento c’è solo per l’amianto. Leggi lo studio integrale "Sentieri"

09 NOV - Si chiama “Sentieri” ma non è una serie televisiva o il titolo di una canzone. E’ un acronimo sotto il quale si cela lo  “Studio Epidemiologico Nazionale dei Territori e degli Insediamenti Esposti a Rischio da Inquinamento”.  L'afflato poetico di questa sigla appare tuttavia poco consono al tema e soprattutto alle evidenze emerse dallo studio presentato ieri a Roma dall’Istituto superiore di sanità nel corso del 35° congresso annuale dell’Associazione italiana di epidemiologia.
Lo studio, durato cinque anni, ha analizzato il rischio per la salute della popolazione residente in 44 siti contaminati per i quali sono state avviate, in alcuni casi concluse e, comunque previste, le bonifiche ambientali.
 
“Sentieri conferma i risultati di alcune precedenti indagini relative alla mortalità nelle aree ad elevato rischio di crisi ambientale”, ha detto Enrico Garaci, Presidente dell’Istituto Superiore di Sanità, “mostrando che lo stato di salute delle popolazioni residenti nei siti esaminati appare risentire di effetti avversi più marcati rispetto alle regioni di appartenenza. Deve essere tuttavia sottolineato il fatto che le cause di morte studiate, con rare eccezioni, riconoscono una molteplicità di fattori causali, peraltro non tutti noti”.
In particolare, “la mortalità osservata nei siti contaminati è risultata del 15% più elevata di quella media regionale per le cause di morte correlate al rischio ambientale”, ha continuato Garaci, “ma sarebbe fuorviante e scientificamente poco valido affermare che ogni incremento della mortalità osservato possa essere attribuito all’inquinamento in uno specifico sito. Per questa ragione, in molti casi, gli elementi emersi dallo studio hanno condotto i ricercatori a formulare raccomandazioni per ulteriori studi di approfondimento”.
I risultati della ricerca saranno condivisi con i ministeri della Salute e dell’Ambiente, le Regioni, le ASL le ARPA, i Comuni interessati, che sono i principali interlocutori e destinatari della ricerca. Per realizzare questo studio, infatti, è stato messo a punto un complesso sistema di analisi che tiene conto delle tate variabili che possono concorrere a causare una malattia.
 
“La correlazione è certa però solo nel caso del mesotelioma pleurico da amianto. Per le altre malattie l’ambiente è uno dei fattori che ha concorso all’insorgenza della patologia”, ha spiegato Pietro Comba, direttore del Reparto di Epidemiologia Ambientale dell’Istituto Superiore di Sanità, rilevando che “lo studio ha mostrato un eccesso di mortalità complessivo di circa 1200 casi l’anno, particolarmente evidente nei siti inquinati dell’Italia Meridionale”.
Secondo lo studio, infatti, nei siti contaminati da amianto è stata osservata una mortalità per il  tumore maligno della pleura (tipica lesione da amianto) di circa 400 casi in eccesso rispetto a quelli attesi, a conferma del rapporto causale certo tra l’agente inquinante e la patologia.
Sono state esaminate globalmente 63 cause di morte nella popolazione residente, tenendo conto della letteratura scientifica internazionale e delle condizioni socio-economiche dei comuni in esame, mettendo a punto un metodo che tiene conto delle complessità e delle specificità ambientali
 “Nei poli petrolchimici si sono osservati eccessi di morte per tumore polmonare e per malattie respiratorie non tumorali. Per questo dato l’attribuzione alla contaminazione ambientale pur non essendo certa risulta probabile”, ha spiegato ancora Comba, “sulla base della conoscenza degli specifici siti considerati sono stati inoltre individuati incrementi localizzati di mortalità per malformazioni congenite, malattie renali, malattie neurologiche e oncologiche riconducibili, sempre con criteri probabilistici, alle specifiche emissioni considerate. Altri dati significativi riguardano l’incremento di mortalità per linfomi non Hodgkin nei siti contaminati da PCB, mentre nei siti contaminati da piombo, mercurio e solventi organoclorurati è stato osservato un aumento delle malattie neurologiche”.
 
Un grado di approfondimento simile sul rischio per la salute all’esposizione ambientale è stato inoltre apprezzato anche a livello europeo.  
“Questo studio ci ha consegnato uno strumento importantissimo per identificare le priorità sanitarie del risanamento ambientale, ed è molto significativo che questo progetto scientifico  nasca da una strategia voluta dalle Istituzioni proprio a tutela della salute  collettiva», ha affermato Loredana Musmeci, Direttore del Dipartimento ambiente e Connessa prevenzione primaria, rilevando che «il nostro studio è risultato così innovativo, e così scientificamente rilevante che, anche a livello internazionale, l’Organizzazione Mondiale della Sanità ha ritenuto di adottare l’approccio metodologico da noi scelto per applicarlo a livello europeo. E’ la prima volta, infatti, che riusciamo ad avere una conoscenza sistematica a livello nazionale della mortalità connessa alle esposizioni ambientali nei siti inquinati italiani”.
Gli sviluppi di “Sentieri”, in parte avviati nell’ambito di un progetto CCM del ministero della Salute, prevedono l’analisi dei ricoveri ospedalieri, dei dati provenienti dai Registri tumori e dai Registri malformazioni congenite nei siti inquinati, per considerare anche le malattie a bassa letalità. “Sentieri” è coordinato dall’Iss, in collaborazione con l’Università di Roma La Sapienza, il Centro europeo  ambiente e salute OMS, il Dipartimento di epidemiologia del servizio sanitario regionale del Lazio e l’Istituto di fisiologia clinica del CNR, nell’ambito del Programma nazionale strategico “Ambiente e Salute” promosso dal ministero della Salute.
 

09 novembre 2011
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