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Farmaci. In Italia prezzi in farmacia più bassi d’Europa e pagamenti lumaca


Costano il 30% in meno. Più bassi anche i prezzi degli ospedalieri (-10%). I conti in una simulazione elaborata da Prometeia nel rapporto sull’industria farmaceutica in Europa. Che punta l'indice anche sui ritardi di pagamento delle Asl. Farmindustria: "Una zavorra per la crescita".

08 NOV - Le imprese operanti in Italia hanno a disposizione minori risorse finanziarie rispetto a quelle che operano negli altri Paesi europei, in relazione a condizioni operative tendenzialmente più penalizzanti: prezzi più bassi, costi più elevati, tempi di pagamento più lunghi. In particolare, sui tempi di pagamento, nell’arco temporale in cui in Italia le imprese vengono pagate una volta, in Germania, ad esempio, sono pagate circa 4 volte. Solo la Grecia registra dati peggiori dei nostri.
Una criticità denunciata da tempo dalle imprese. Per anni, infatti, il tempo medio con cui Asl e Regioni pagavano le aziende fornitrici è stato in media pari a 10 mesi e il recupero avvenuto a partire dal 2008, con tempi scesi a 224 giorni (sotto gli 8 mesi) nella media del 2010, è ormai un lontano ricorso. I tempi di attesa sono infatti tornati a crescere e nel secondo trimestre del 2011 hanno raggiunto i 236 giorni, con un trend del +9,3% rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente.
Una situazione che produce danni per 3,5 miliardi di euro di mancati investimenti in produzione, ricerca e sviluppo da parte dell`industria farmaceutica che l’industria potrebbe invece investire se le Asl e le Regioni pagassero puntualmente. E a parità di altre condizioni, basterebbe un’accelerazione dei pagamenti delle strutture pubbliche del 10% (22,4 giorni in meno) per liberare risorse pari a 400 milioni di euro, che le aziende potrebbero reinvestire nel Paese.

A certificare i danni è un’analisi di Prometeia, elaborata per conto di Farmindustria sulla base di 900 bilanci di un campione di imprese farmaceutiche operanti nell Ue 15 che registrano un valore di produzione superiore o uguale a 5 milioni di euro. Per l'Italia si tratta di 237 imprese, per una produzione farmaceutica pari a 22.459 milioni di euro (fonte Farmindustria).
 
L'analisi punta i riflettori anche su altri fattori che stanno mettendo in difficoltà le aziende, come le molte scadenze brevettuali (stimate, entro il 2014, nel 50% del mercato ancora in-patent), l’aumento dei costi della R&S e gli effetti delle manovre di contenimento della spesa pubblica a fronte di una crescente domanda di Salute. Tutto questo si traduce in un rallentamento del valore della produzione e in una significativa compressione della reddività (valutato attraverso il Roi), sceso, nel campione d’imprese operanti in Italia, al valore mediano di 5,6% nel 2009 dal 7,2% nel 2002 mantenendo un differenziale negativo di 1,4 punti percentuali rispetto alla media Ue15 e di ben 2 punti rispetto all’insieme degli altri Big (oltre il 30% della redditività, in tutto il periodo).
Il gap è consistente soprattutto nei confronti dei concorrenti di Francia, Germania (3 punti percentuali in meno nella media del periodo) e, nell’ultimo biennio, anche della Spagna (2,5 punti percentuali). In termini di variazione percentuale, tra il 2002 e il 2009 il Roi (Return On Investment) dell’industria farmaceutica è diminuito del 22% in Italia, del 15% negli altri Big Ue e del 12% nella media dell’Ue 15.

A condizionare negativamente le imprese del farmaco in Italia concorrono anche i prezzi dei medicinali, più bassi rispetto a tutto il resto d’Europa nel canale farmacia (-30%) e inferiori del 10% rispetto ai Big Ue per quanto riguarda i medicinali a uso ospedaliero; complessivamente la spesa procapite è inferiore del 25% rispetto alla media dei Big Ue. I prezzi in farmacia, in particolare, sono in calo ormai da 10 anni, con un -27% dal 2001 al 2011, rispetto a un’inflazione del +23%. Le differenze sono poi amplificate in termini di redditività complessiva (Roe) dalla maggiore pressione fiscale, con un gap rispetto agli altri Big Ue di 16 punti percentuali (cioè il 35% in più).

Le imprese del farmaco in Italia però resistono e lo fanno grazie all’export, che tra il 2000 e il 2010 l’export ha determinato l’85% della crescita totale della produzione farmaceutica in Italia. “Tuttavia – avverte però il rapporto – una crescita basata quasi esclusivamente sull’export, pur evidenziando la capacità competitività delle imprese, ne mette a rischio la sostenibilità, qualora gli spazi di ulteriore sviluppo all’estero dovessero ridursi”. E così le prospettive restano difficili, anche se i dati registrati per questa voce sono ancora oggi positivi: le esportazioni sono aumentate sia nel 2009, sia nel 2010, facendo salire la quota di produzione esportata al 56% e le performance all’estero delle imprese del farmaco che operano in Italia si stanno confermando positive anche nel 2011, con l’export ormai prossimo al 60% del valore della produzione.

“L’analisi di Prometeia - ha affermato il presidente di Farmindustria, Massimo Scaccabarozzi, commentando lo studio - conferma che le imprese in Italia hanno sinora dimostrato la capacità di vincere la sfida dei mercati esteri, con una propensione all’export ormai proiettata al 60%. Lo studio però evidenzia anche i vincoli del Sistema Paese, con un gap complessivo di redditività (30% in meno rispetto ai Big Ue) che deriva da prezzi più bassi, costi più elevati (ad esempio per energia, trasporti, burocrazia) e tempi di pagamento più lunghi. È una situazione che - sottolinea Scaccabarozzi - pesa in misura crescente nel processo di rilocalizzazione globale delle imprese che, a prescindere dal loro capitale, operano a livello internazionale investendo nei Paesi dove il rendimento è maggiore".
Ricordando, in particolare, lo svantaggio a carico delle imprese italiane per quanto riguarda i tempi di pagamento, il presidente di Farmindustria ha affermato che si tratta di "un credito verso lo Stato troppo a lungo immobilizzato, che risulta ancora più preoccupante se considerato alla luce dell’aumento dei tempi di pagamento da parte delle strutture pubbliche, che nel terzo trimestre 2011 sono più alti del 12% rispetto allo scorso anno, come mostra una recente rilevazione di Farmindustria. È un’ulteriore zavorra per la crescita del settore in Italia - ha concluso Scaccabarozzi -, che si riflette in minori risorse (anche ingenti come mostra lo studio) da poter investire e in minore redditività, e che quindi penalizza la capacità di attrarre nuovi investimenti 'strappandoli' alla concorrenza degli altri Sistemi Paese".


 

08 novembre 2011
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