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Comitato Bioetica. Aprire le terapie intensive a visite di familiari e amici. Strutture si adeguino


Non c’è alcuna ragione sanitaria per tenere “chiuse” le terapie intensive. Anzi. Semmai le visite di parenti e familiari fanno bene sia al malato che al contesto familiare. Per questo l’organizzazione delle terapie intensive italiane si deve adeguare agli standard europei e americani. Il parere del Cnb.

24 LUG - Il Comitato Nazionale per la Bioetica ha pubblicato oggi il parere curato da Andrea Nicolussi, “Terapia intensiva aperta alle visite dei familiari” approvato lo scorso 19 luglio all’unanimità.
Con questo testo il Comitato volge la sua attenzione su un aspetto particolare dell’organizzazione sanitaria, quello delle visiting policies (accompagnamento e visita dei familiari) in Terapia Intensiva: “una applicazione – si legge – , non sempre adeguatamente considerata, del principio del rispetto della persona nei trattamenti sanitari (art. 32, co. 2 cost.)”.
 
Il principio, spiega il parere:“implica una presa in carico del paziente, non solo come individuo isolato e come mero corpo da curare, ma come persona con le sue relazioni significative dalle quali non deve essere forzatamente separato aggiungendo solitudine alla già grave condizione di malattia. Inoltre, per questa via si realizza anche un miglioramento della stessa qualità medica delle cure”.
 
Il Cnb a supporto del suo parere fa notare come “numerosi dati suggeriscono, infatti, che la promozione dell’accesso alla TI per familiari e visitatori non solo non è pericolosa per i pazienti, ma anzi è benefica sia per loro sia per le famiglie. In particolare l’apertura della TI non causa un aumento delle infezioni nei pazienti, mentre si riducono in modo statisticamente significativo tanto le complicanze cardio-vascolari quanto gli anxiety score; inoltre, i pazienti presentano indici ormonali di stress significativamente più bassi”.
 
Un ulteriore effetto positivo è “rappresentato dalla netta riduzione dell’ansia nei familiari. Ad esempio, madri di bambini ricoverati in TI aperte hanno indici di stress più contenuti di quelle di bambini nelle TI con accesso limitato”.
 
Infine il Comitato pone una riflessione sul modo di organizzare le terapie intensive nel nostro Paese. “È necessario quindi – concludono i bioeticisti –che l’organizzazione delle terapie intensive anche in Italia si adegui al modello della terapia intensiva aperta, recuperando il divario rispetto ad altri Paesi in Europa e in America che già da tempo si sono orientati con successo in questa direzione”.
 
Attenzione però perché il parere chiarisce che Terapia intensiva aperta non significa affatto “TI senza regole, ed è utile e necessaria una disciplina che permetta di organizzare le aperture in modo da salvaguardare anche gli altri valori in gioco. Il parere pone quindi in evidenza anche il problema delle norme di condotta che gli stessi visitatori debbono rispettare per mantenere ordinato, rispettoso dei luoghi e delle persone e proficuo l’accesso agli ospedali e alle terapie intensive in particolare”.

24 luglio 2013
© Riproduzione riservata

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