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Stabilità. Miotto (Pd) su emendamento Regioni: "Si tenta di stravolgere rapporto tra servizio sanitario e Università. Una 'bomba ad orologeria' nel Ssn"

di Giovanni Rodriquez

Per la deputata Pd, componente della commissione Affari Sociali della Camera, il tentativo di modificare il Dlgs n. 517 del 1999, riconoscendo a Regioni e Università la possibilità di andare in deroga al modello unico aziendale, stravolge il ruolo delle Università e rischia di portare ad un'esplosione dei costi che metterebbe a rischio l'erogazione dei Lea per i cittadini

12 DIC - L'emendamento delle Regioni per l'efficientamento del sistema sanitario, che interviene sul decreto legislativo n. 517 del 1999, punta a modificare il rapporto di collaborazione tra Servizio sanitario regionale e Università, riconoscendo la possibilità di andare in deroga al modello unico aziendale. "Questo emendamento tenta di introdurre un cambiamento sostanziale nel sistema sanitario e nei rapporti tra sanità e Università, in maniera totalmente inadeguata. Se, infatti, dovesse essere accolto nell'ultimo passaggio al Senato, probabilmente con il testo 'blindato' dalla fiducia, si sgancerà una 'bomba ad orologeria' sul sistema sanitario". A commentare così la proposta delle Regioni è Anna Margherita Miotto (Pd), componente della commissione Affari Sociali della Camera.
 
Onorevole Miotto, come mai giudica inadeguata la modalità scelta dalle Regioni di introdurre questo tema nella legge di stabilità?
Perché, innanzitutto la Conferenza delle Regioni non è la sede adeguata per dare il via ad un cambiamento di questo tipo. Non lo è ancor di più se ciò verrà fatto senza che nè l'Aula, nè le commissioni competenti, avranno la possibilità di discutere ed approfondire questa modifica sostanziale del nostro sistema sanitario. Così il Parlamento verrebbe tagliato fuori.

Entrando nel merito dell'emendamento, cosa comporterebbe questa modifica?
Il punto è proprio questo, in realtà non si capisce cosa si farà. Il passaggio è molto vago e lascia troppo spazio ad una serie indefinita di possibilità. In questo modo si deregolamente e delegifica ogni rapporto tra sanità e Università. Questo è un vero e proprio stravolgimento del sistema sanitario. L'Università non ha la missione di prestare assistenza, il suo compito specifico è quello della didattica e della ricerca. L'Università ha una sua totale autonomia e, già oggi, le Regioni fanno grande fatica a trovare accordi sulle Aziende integrate perché le esigenze degli Atenei non sono quelle del Ssn. Ora, se questo emendamento venisse accolto, si arriverebbe ad affidare alle Università il compito di garantire i Livelli essenziali di assistenza.

E questo che problemi potrebbe comportare?
I cittadini eleggono i presidenti delle Regioni, non i Rettori universitari. Il rischio è che si vengano a creare una miriade di modelli di collaborazione diversi tra le varie regioni italiane. Si potrebbe acuire un problema di omogeneità nell'erogazione delle prestazioni che già oggi è presente nel Paese. Senza contare il problema economico che potrebbe esplodere.

Cioè? Cosa potrebbe accadere in termini di costi?
Basta guardare in giro per l'Italia. Le Aziende integrate già oggi assorbono moltissime risorse. Se queste dovessero moltiplicarsi sul territorio, si avrebbe una vera e propria esplosione di costi, in un contesto di risorse economiche limitate per il comparto, che metterebbe a rischio la garanzia dei Livelli essenziali di assistenza per i cittadini.

Sarebbe stato più opportuno verificare la validità di questo nuovo modello con una sperimentazione?
Certamente. Se si vuole mettere alla prova questo nuovo modello esiste il modo di farlo, basta chiedere una sperimentazione, limitata nel tempo, e sulla quale si potranno poi valutare i risultati in termini di costi e servizi erogati. Dire oggi che in questo modo si potranno abbattere i costi senza tagliare i servizi non ha senso, non esiste nessun riscontro pratico che possa validare queste affermazioni.
 
Giovanni Rodriquez

12 dicembre 2014
© Riproduzione riservata

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