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Covid. Qual è la strategia di Draghi? Ne sappiamo ancora poco

di C.F.

Come nel precedente esecutivo Conte II, anche in questo Draghi I, sembrano comunque delinearsi due anime: quella più rigorista e quella più aperturista. Ma la vera sfida non è tanto su chi prevarrà nel gioco delle aperture e chiusure quanto su come e in che tempi si riuscirà a far decollare la vaccinazione di massa che rappresenta l'unica arma a disposizione per poter realmente riaprire il Paese in modo duraturo

24 FEB - A parte il primo decreto legge, che si è limitato a prorogare lo stop agli spostamenti tra Regioni e a vietare le visite a parenti e amici nelle zone rosse (che tra parentesi crescono a ritmo costante in tutta Italia con comuni, grandi e piccoli, messi in lockdown pesante), non è ancora chiara la strategia complessiva del nuovo Governo nei confronti della pandemia.
 
Rigore, elasticità, una via di mezzo? E soprattutto, sui vaccini che faremo? Modello inglese, produzione in Italia, niente primule? Nulla è chiaro e il neo premier non ha più parlato dopo i suoi interventi in Parlamento il 17 e 18 febbraio scorsi.
 
Anche per questo c'era grande attesa per le comunicazioni annunciate per oggi alle 13.30 al Senato del Ministro della Salute Speranza che arrivano a 24 ore dal vertice di ieri sera tra il premier, alcuni ministri e i tecnici del Cts dove si è fatto il punto sulla situazione e sull’andamento dei contagi.
 
Come nel precedente esecutivo Conte II, anche in questo Draghi I, sembrano comunque delinearsi due anime: quella più rigorista che vede in Speranza il più strenuo sostenitore, scortato dalla quasi totalità dei tecnici, e quella più aperturista che trova nel leader della Lega Salvini, e da ieri in un inaspettato Bonaccini, esponente di spicco del PD a capo della Conferenza delle Regioni, due alfieri altrettanto convinti della necessità di mollare un po’ la presa, almeno nelle zone del Paese dove il virus è meno presente.
 
Da quello che leggiamo e sentiamo, Draghi sembrerebbe orientato su una linea rigorista in linea con l’approccio prudente della Germania che, non dimentichiamolo, è in semi lockdown da mesi, e convinto del fatto che la campagna di vaccinazione debba avere un’accelerata decisa usando tutte le dosi che abbiamo il prima possibile.
 
Ma di certo, almeno per bocca di Draghi, abbiamo al momento solo le sue parole in Parlamento che sulla pandemia sono state sì chiare ma alquanto povere di dettagli.
 
Rileggiamole:La nostra prima sfida (ndr, sul vaccino) è, ottenutene le quantità sufficienti, distribuirlo rapidamente ed efficientemente. Abbiamo bisogno di mobilitare tutte le energie su cui possiamo contare, ricorrendo alla protezione civile, alle forze armate, ai tanti volontari. Non dobbiamo limitare le vaccinazioni all’interno di luoghi specifici, spesso ancora non pronti (ciao primule, ndr?): abbiamo il dovere di renderle possibili in tutte le strutture disponibili, pubbliche e private.
 
Facendo tesoro dell’esperienza fatta con i tamponi che, dopo un ritardo iniziale, sono stati permessi anche al di fuori della ristretta cerchia di ospedali autorizzati. E soprattutto imparando da Paesi che si sono mossi più rapidamente di noi (ndr, Regno Unito, Israele?) disponendo subito di quantità di vaccini adeguate. La velocità è essenziale non solo per proteggere gli individui e le loro comunità sociali, ma ora anche per ridurre le possibilità che sorgano altre varianti del virus”.
 
Come vedete la parola chiave è “velocità”. Ma su come sarà declinata in concreto al momento non sappiamo nulla. E va detto che anche dopo le comunicazioni odierne di Speranza non ne sappiamo molto di più. Ora attendiamo anche domani per sapere cosa uscirà dall'incontro di domani tra Giorgetti e Farmindustria e se dal confronto emergeranno o meno nuove possibilità per aumentare la produzione di vaccini.
 
C.F.

24 febbraio 2021
© Riproduzione riservata

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