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Chirurgia estetica. Il documento del Comitato nazionale di bioetica


È stato reso pubblico il parere del Cnb in materia di chirurgia estetica e ricostruttiva. Nella prima parte vengono esaminati i limiti e la legittimità di richieste di interventi estetici considerando molteplici fattori. Nella seconda parte si affrontano i problemi bioetici nella chirurgia estetica

05 LUG - Sedici pagine divise in due parti che affrontano sia sotto l’aspetto della legittimità sia sotto il profilo della bioetica la chirurgia estetica e ricostruttiva. È il parere del Comitato nazionale di bioetica, coordinato e redatto da Lorenzo d’Avack, Laura Palazzani e Giancarlo Umani Ronchi, approvato il 21 giugno scorso e reso noto oggi. Il parere come detto è diviso in due parti, nella prima il Cnb riflette sui “limiti della legittimità di richieste di chirurgia estetica – in continuo aumento – in specie nel rapporto che intercorre tra il paziente e il medico, nel contesto della discussione sui molteplici fattori etici, sociali e culturali che influiscono sulla mutazione di atteggiamento nei confronti del corpo e di una dilatazione del concetto di salute in senso soggettivo”.
 
Nella seconda parte invece si affrontano “i problemi bioetici emergenti nella chirurgia ricostruttiva, ossia quella parte della chirurgia che corregge malformazioni congenite o causate da traumi demolitivi con l’obiettivo primario di restituire la funzione e migliorare l’immagine di pazienti gravemente menomati, con particolare riferimento ai trapianti più invasivi (es. arti e viso). Si tratta di un settore in continua espansione e sviluppo”.
 
Nella prima parte il Comitato ritenendo che si tratti di un intervento “non strettamente terapeutico” richiama “i criteri deontologici che regolano la prassi medica, a volte trascurati” sottolineando la “inaccettabilità di interventi sproporzionati, in quanto eccessivamente invasivi o inutilmente rischiosi e inadeguati rispetto ai possibili benefici richiesti dal paziente ovvero che si traducono in una sorta di ‘accanimento estetico’ o in mero sfruttamento del corpo”.
 
Chiede quindi il Cnb di “bilanciare rischi e benefici” considerando anche le condizioni “psico-fisiche del paziente, con riferimento anche alla percezione che il paziente ha del proprio corpo e dei risultati che si attende dall’intervento”. Mentre per quanto riguarda gli interventi sui minori e incapaci il parere del Comitato “ritiene che vi debbano essere limiti alla liceità, a meno che tali interventi non rispondano al loro esclusivo interesse oggettivo sotto il profilo della salute, tenuto in particolare conto dell’età adolescenziale. Va anche garantita una protezione dei minori vietando forme di pubblicità e di servizi televisivi che provochino il rifiuto della propria immagine”.
 
Non è comunque da considerarsi lecita “la chirurgia estetica su bambini o adulti incapaci con sindrome di Down, finalizzata alla conformazione a canoni sociali di ‘normalità’, specie se presenta un carattere invasivo e doloroso, considerato anche che con questi interventi difficilmente si realizza un beneficio per la persona con sindrome di Down e sia frequente la possibilità di accentuare, anziché diminuire, il suo disagio personale”.
 
La seconda parte del documento, relativa ai problemi bioetici emergenti nella chirurgia ricostruttiva “ossia quella parte della chirurgia che corregge malformazioni congenite o causate da traumi demolitivi” che ha come obiettivo il miglioramento dell’immagine dei pazienti gravemente menomati.
 
Sebbene non indispensabili tali interventi sono riconosciuti “eticamente giustificabili” sempre però considerando la “valutazione dei rischi e dei benefici, rapportabili ad una considerazione generale del miglioramento della qualità della vita del paziente”.
Il Comitato dunque ritiene necessaria una “adeguata consulenza anticipata rispetto all’intervento e prolungata nel tempo (anche allargata alla famiglia)”, per far conoscere i rischi e i benefici oltre ad un “costante monitoraggio psicologico” del paziente. Il consenso informato deve quindi avvalersi delle “nuove tecnologie informatiche” e deve far riferimento ai “registri nazionali e internazionali dove siano stati pubblicati gli studi più recenti nel settore”.
 
Infine è auspicabile, da parte del Cnb, “campagne di sensibilizzazione per la donazione degli organi esterni e dei tessuti, così come in genere avviene per la donazione di quelli interni”. Oltre alla possibilità “di una integrazione normativa che preveda il consenso o dissenso “parziale” alla donazione degli organi esterni”.

05 luglio 2012
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